EPILOGO

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HARRY

L'aria gelida del tipico gennaio inglese mi colpì in pieno viso, costringendomi a sprofondare il più possibile nella sciarpa. Portai la mano che stringeva il trolley a ripararsi nella tasca del cappotto, onde evitare che si bagnasse sotto quel nevischio che cadeva prepotente.
“Ben tornata in patria, Gemma” la voce sarcastica di Niall si fece largo tra l'ululato del vento e il suono delle auto e dei taxi che ci passavano davanti.
“Ricordatemi perché abbiamo deciso di aspettare mamma e Bobby qui fuori” asserì mia sorella, sepolta sotto un pesante cappello di lana.
Eravamo di ritorno da New York, dopo aver assistito allo straordinario spettacolo di Natale della Julliard e dopo aver festeggiato tutti assieme il Capodanno, facendo il conto alla rovescia in mezzo alla folla radunata a Time Square. Erano stati dieci giorni davvero fantastici: avevo visto mia sorella realizzare il suo sogno nelle vesti di Coppelia, avevo girato per la Grande Mela tutta addobbata per il periodo natalizio e avevo passato un po' di tempo in famiglia, godendomi pienamente le mie meritate vacanze.
Un colpo di vento particolarmente forte mi fece rabbrividire. Le porte dell'aeroporto di Londra alle nostre spalle mi sembravano sempre più invitanti e, dalle languide occhiate che Niall stava lanciando nella loro direzione, potevo benissimo dedurre di non essere l'unico. Fu quando si aprirono per l'ennesima volta, facendo disperdere un po' del loro calore nell'aria fredda fino ad arrivare a noi, che Niall decise di non poter più sopportare quella situazione.
“Io entro ragazzi, quando l'automobile di mio padre arriva venitemi a chiamare” ci ordinò, per poi afferrare la sua valigia ed incamminarsi verso quel luogo riparato. Non fece però in tempo a fare più di due passi, che Gemma lo agguantò per il cappuccio del giaccone.
“Dove pensi di andare? Se c'è qualcuno che ha il dritto di riscaldarsi, quella sono io: sono una ragazza e per di più sono più anziana di voi.”
“Mi si rovina la pelle con questo freddo! Ho un servizio fotografico la prossima settimana!” protestò Niall con ardore, cercando di sfuggire alla presa micidiale di mia sorella.
Sorrisi guardando quella scena tanto famigliare quanto rara: era bello vedere che nonostante avessimo poche possibilità di vederci, i nostri rapporti con Gemma fossero sempre così naturali.
Finalmente avvistai l'auto di Bobby in lontananza che si apprestava a raggiungerci, così alzai un braccio, sventolando la mano per farmi notare, in modo che vedessero dove ci eravamo posizionati.
“Ragazzi” chiamai, cercando di attirare l'attenzione di Niall e Gemma ancora alle prese con un duello all'ultimo sangue, fatto di forti tirate ai cappucci e alle sciarpe.
Sistemammo le valigette cercando di farle entrare tutte nel bagagliaio dell'auto ma, dopo un'incessante lotta contro lo spazio, mi rassegnai all'idea di dovermi tenere sulle gambe la mia. Essendo stato lo sfortunato prescelto a non potersi ancora liberare del peso del trolley, ebbi almeno il privilegio di potermi sedere sul sedile anteriore, di fianco a Bobby. All'inizio mi era sembrata un'ottima idea: avrei avuto più spazio e non avrei dovuto subirmi un'altro degli ennesimi bonari battibecchi tra Niall e Gemma. Non erano però passati nemmeno dieci minuti che stavo già mentalmente maledicendo mia madre per aver proposto quella sistemazione. In fondo dovevo aspettarmelo, negli ultimi giorni quei tre non avevano fatto altro che spettegolare su di me e sui miei recenti "sviluppi amorosi", o almeno così li chiamava mia madre. Menomale che almeno Bobby era quel tipo di uomo particolarmente propenso a non immischiarsi nei fatti altrui.
Era stato piuttosto sconvolgente scoprire che Niall aveva capito quasi subito di me e Louis, ma aveva deciso di continuare a fare il finto tonto, aspettando il momento in cui gliene avessi parlato di mia spontanea volontà. A suo detto non mi voleva forzare, ma ci era rimasto parecchio male quando ero andato a confidarmi con Masters, tagliandolo fuori ancora. Mi aveva pure tirato un pugno sulla spalla che avrebbe dovuto risultare scherzosamente risentito, ma che invece aveva fatto un male cane -in realtà sospettavo me lo avesse tirato forte di proposito, per vendicarsi della mia poca fiducia nei suoi confronti-.
Inutili erano state le mie scuse impacciate -anche perché non ero poi così sicuro di dovermi scusare- e oltre al bollo violaceo sul braccio aveva deciso di farmela pagare spettegolando come le peggiori vecchiette di paese con mia madre e mia sorella.
"La cosa divertente è che credevano davvero che non se ne fosse accorto nessuno! Io e Payne lo abbiamo notato subito, dalla loro prima scomparsa nello sgabuzzino della palestra" asserì Niall in una delle sue frasi preferite.
Seriamente, avevo la nausea a forza di sentire sempre lo stesso discorso, ma evidentemente le due donne di casa non la pensavano allo stesso modo perché "Raccontaci di nuovo dell'episodio nella camera di Louis!" esclamò Gemma ridendo.
Non potei evitare di farmi sfuggire un gemito disperato. Insomma, perché mai mia madre doveva sapere dell' "evidente tensione sessuale che aleggiava per la stanza" e altri mille dettagli scomodi che, se fosse dipeso dal mio volere, non avrebbe mai e poi mai conosciuto.
"E quella dei pollini malesiani?" sbuffò Bobby in una risatina, forse tentando di salvarmi dallo scomodo episodio che aveva richiesto Gemma.
“O quando gli hai fatto tutte quelle domande a chiaro sfondo sessuale quando siete tornati dal fine settimana a Londra?” gli fece però eco mia sorella con una risata profonda.
“Adesso piantatela” ringhiai non riuscendo più a trattenermi, le guance in fiamme dalla vergogna e dal fastidio, con il solo risultato di fare ridere tutti quanti più forte. Così, in un ultimo disperato tentativo di conservare la mia sanità mentale, scavai nella tasca del mio cappotto ed estrassi l'mp3. Con non poca difficoltà per via del trolley che mi teneva compressato sul sedile, riuscii anche ad infilarmi le cuffie e, con la musica ad alto volume e lo sguardo fisso fuori dal finestrino, mi estraniai dal mondo esterno fino a scorgere il vialetto di casa.
Smontai dall'auto ed aspettai che mia madre aprisse la porta, per poi dirigermi immediatamente al piano superiore. Appena entrato in camera mi trascinai esausto fino ai piedi del letto, per poi buttarmici sopra di peso, a braccia e gambe spalancate. Schiacciai il viso nel piumone, visto che lanciandomi avevo mancato completamente il cuscino, aspirando quel famigliare odore che negli ultimi giorni mi era mancato: il rassicurante odore di casa.
Ero stanchissimo: ore e ore di aereo senza riuscire a chiudere occhio e il fuso orario da affrontare mi avevano totalmente prosciugato. Decisamente non ero fatto per girare il mondo, le mie occhiaie e i miei muscoli tutti indolenziti lo potevano tranquillamente confermare.
Sospirai al pensiero che quella giornata non fosse ancora finita, che non mi fosse ancora concesso il diritto di dormire. Ma non era un sospiro spazientito o infelice, tutt'altro: tra un'oretta su per giù Louis mi sarebbe venuto a prendere perché "Da quando abbiamo deciso di frequentarci tu hai fatto le valigie e sei partito, fregandotene allegramente del mio compleanno, del primo Natale assieme e anche del classico bacio di Capodanno! Dobbiamo recuperare!" recitava l'SMS che mi aveva inviato il giorno prima. Leggendolo avevo ovviamente sorriso come un idiota, ma non era stata un grande idea visto che notandolo, Gemma aveva agguantato il mio cellulare, per poi urlare come una pazza che finalmente avrebbe potuto conoscere di persona quel bel pezzo di carne che aveva visto solo tramite webcam. Mia madre allora aveva precisato stizzita che lei non aveva nemmeno avuto questo privilegio, avendo ricevuto solo qualche indizio fisico: occhi azzurri e belle braccia. A quanto mi aveva raccontato, durante la sfilata era stata troppo intenta a fotografare me, Niall e Marc per prestare attenzione al presentatore. “Potevi ben dirmi che era lui, mi ricordo solo che indossava una cravatta!” si era lamentata più e più volte.
Perciò ero abbastanza preoccupato dalla probabilità che quelle due, vedendolo arrivare in automobile, si sarebbero scaraventate fuori casa correndogli incontro e magari addirittura -orrore degli orrori- lo avrebbero invitato ad entrare. Forse mi conveniva aspettarlo seduto sul marciapiede in fondo alla strada, così come avevo fatto quando eravamo andati allo studio fotografico, ma dubitavo che le pettegole mi avrebbero lasciato scappare con facilità.
Mi presi ancora qualche attimo di relax, così da recuperare l'energia necessaria per mettere da parte il mio orgoglio e trascinarmi fino in camera di Niall con la coda tra le gambe. Non era facile dover andare a chiedergli una mano quando lo avevo tenuto all'oscuro di tutto per settimane, facendomi consigliare i vestiti con stupide scuse che lui sapeva benissimo essere bugie.
Sbuffando sonoramente a quel pensiero, mi alzai e mi diressi verso la sua stanza: fuori il dente e fuori il dolore. Arrivato a destinazione presi un profondo respiro e bussai incerto, al contrario di lui io avevo un minimo di senso della privacy perciò non entravo nelle camere altrui spalancando con forza le porte.
Mi venne ad aprire con un'aria assonnata, molto probabilmente si era assopito, anche lui stanco dal viaggio. Quando mi vide però sul suo viso comparve un sorrisino canzonatorio.
"Immagino di dover far qualcosa per questo" disse indicando con la mano tutto il mio corpo, dalla testa ai piedi.
Sorrisi di rimando, lieto che avesse capito tutto senza che dovessi chiedere nulla. Mi ordinò di andare a fare una doccia, storcendo un po' il naso, e mi assicurò che nel frattempo lui avrebbe messo assieme un bel completo da farmi indossare.
"Oh, Harriccio! Ti dovrò anche coprire quelle occhiaie, fanno paura!" mi gridò alle spalle, mentre mi dirigevo obbediente verso la porta del bagno.

A change would do you good || Larry Stylinson AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora