HERE AND NOW

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HARRY

Lanciai un'ultima occhiata, disperata, allo specchio intero che avevamo posizionato dietro le quinte del piccolo palco scenico collegato alla passerella.
Il ragazzo riflesso aveva un'espressione sconvolta, terrorizzata. Si vedeva lontano chilometri che stava decisamente morendo dalla paura. Lo si notava dal tremore convulso delle mani grandi, dalle spalle contratte come se si stesse proteggendo dal freddo, dagli occhi verdi troppo dilatati.
Una vocetta forte, ampliata da un microfono, mi fece sussultare, distogliendo gli occhi dalla mia figura allo specchio.
"Signore e signori, professoressa Carr..."
Mi lasciai sfuggire un gemito disperato, mentre il cuore sprofondava a livello dello stomaco. Oddio, il momento era arrivato: dietro quelle pesanti tende blu la sfilata di moda era iniziata. Decisi di sedermi a terra, onde evitare di avere un mancamento e sentirmi ancora più inadeguato di quanto già non mi sentissi, mentre Louis iniziava ad annunciare l'entrata in scena di Niall.
Sbattei velocemente le palpebre, quelle lenti a contatto mi davano davvero molto fastidio ma, purtroppo, non abbastanza da riuscire a distrarmi dalla mia imminente disfatta. Perché era sicuro al cento per cento che sarei inciampato e ruzzolato giù dalla passerella. O magari non mi serviva cadere per farmi deridere da tutti, mi sarebbe bastato uscire. Chi volevo prendere in giro? Io per tutti ero solo Harry Styles,  il secchione con gli occhiali che per qualche ragione sconosciuta era amico di Niall Horan. Niente di più. Come potevo pretendere che non ridessero di me vedendomi sfilare vestito di tutto punto,  acconciato e truccato come se fossi un qualcosa di bello da guardare quando, se non fossi stato così disperato, mi sarei messo a deridermi da solo.
Quando notai le occhiatacce che Holmes, l'addetto al guardaroba, mi  stava lanciando, mi pentii all'istante della scelta di sedermi a terra.                     "Styles, il pavimento è polveroso e i tuoi pantaloni sono blu scuro" sbraitò indignato "Alzati immediatamente!" ordinò,  per poi tornare a staccare dalle grucce i prossimi vestiti da utilizzare.
Così, con le gambe tremanti, optai per alzarmi ed appoggiare la schiena al muro, per cercare comunque un sostegno. 
Un lampo di luce azzurrina fece capolino dietro le tende quando un Niall esaltato abbandonò il retroscena della sfilata per salire sulla passerella, gettandomi ancora più in ansia.
Mi imposi di respirare e di non avere un vero e proprio attacco di panico. Seriamente, che diavolo mi era venuto in mente quando avevo accettato di fare il modello? Niall era sempre splendido, anche quando si svegliava dopo solo poche ore di sonno, era ovvio che facesse una figura a dir poco meravigliosa. Insomma, ero andato a vederlo a qualche sfilata e conoscevo il suo eccezionale potenziale. E anche Marc, vestito, acconciato e truccato, mi aveva lasciato a dir poco a bocca aperta. Lo avevo ancora visto con i vestiti per la sfilata,  ma naturalmente non avevo mai potuto avere sott'occhio il prodotto finito: quel look da duro abbinato alla sua solita espressione scherzosa e sbarazzina lo rendevano uno spettacolo per gli occhi, certamente non sarebbe più passato inosservato a scuola.
Mi girai ad osservarlo: in quel preciso momento stava saltellando sul posto, davanti all'entrata per la passerella, per scaricare il nervosismo. Perché, per quanto fosse sempre stato occupato a preoccuparsi per me, lo si capiva benissimo che anche lui non era del tutto a suo agio all'idea di dover superare quelle tende. Sicuramente sfilare dopo Niall non era una cosa da poco,  doveva cercare in qualche modo di reggere il confronto, o almeno di non sfigurare più di tanto.
Quando si accorse del mio sguardo mi lanciò un occhiolino, alzando il pollice verso l'alto e distese il viso in un sorriso rassicurante. Ebbi appena il tempo di provare ad incurvare  gli angoli della bocca in risposta, che Niall rientrò e subito spinse gentilmente Masters  fuori, in balia del pubblico.
"È incredibile" dichiarò il biondo, sfilandosi velocemente i jeans e lanciandoli in faccia a Holmes, che gli era corso incontro per passargli il completo successivo, quello con i pantaloni che gli facevano un sedere mozzafiato. O almeno, così lui sosteneva.
Evidentemente era troppo preso dalla situazione per accorgersi dell'assoluto stato di agitazione in cui mi trovavo. O forse, semplicemente, si era stufato di dovermi fare da babysitter. Comprensibile,  alla mia età avrei dovuto essere in grado di gestire lo stress in solitudine, esattamente come stavano facendo tutti, Parker compreso.  Dio, ero più patetico di Parker. Fantastico.
Mi portai vicino alle tende tremando come una foglia, pronto per uscire non appena Masters avesse fatto ritorno.
Il cuore  mi rimbombava prepotente nella cassa toracica, assordante, le orecchie avevano preso a fischiare, la vista ad annebbiarsi. Oh no. Stavo svendendo.
Due braccia mi afferrarono da dietro, stringendomi forte contro un petto muscoloso e il profumo tipico di Niall mi si insinuò nelle narici, un odore famigliare, rassicurante.
"Andrà tutto bene. Ce la puoi fare" mi sussurrò all'orecchio, aumentando la stretta, come se volesse infondermi un po' di coraggio. 
Sorrisi inconsciamente, grato che non mi avesse abbandonato nemmeno in quel momento. Ancora una volta lui era pronto a sostenermi, sorreggermi, così come aveva sempre fatto.
Una lieve fitta allo stomaco mi colse impreparato, sicuramente causata dal senso di colpa di averlo allontanato in quelle ultime settimane. Non si meritava di restare all'oscuro di tutto, aveva il diritto di conoscere la verità.
"Niall" mormorai appoggiando le mani sulle sue forti braccia "A fine sfilata ti dovrò confessare una cosa" ammisi con un tono desolato.
La sua risatina vellutata mi sorprese, non era la reazione che mi sarei aspettato.
"Intanto cerca di sopravvivere fino a quel momento" borbottò ironico, vedendo Marc fare capolino da dietro le tende.
Oddio, era arrivato il mio turno.
"Stendili tutti Harriccio!" esclamò assestandomi una pacca sulla spalla che, se non fosse stato per la paura che atutiva tutti i miei sensi, sarebbe stata sicuramente dolorosa.
La vocetta di Louis iniziò ad enunciare la presentazione dell'abito che indossavo ma io, invece che farmi avanti tra la pesante stoffa blu che mi separava dal pubblico, mi spinsi all'indietro, trovando però Niall a sbarrarmi la strada.
"Non ce la faccio" piagniucolai completamente preso dal panico.
"Hei, stammi a sentire. Lì fuori non sarai da solo, ok? C'è anche Tomlinson, concentrati su di lui. Guarda solo lui. Non è altro che un'ennesima prova, ok?  Solo tu e lui!"
E dopo queste parole, che sarebbero dovute suonare come un incoraggiamento, fui scaraventato dall'altra parte, gettato senza pietà nella fossa dei leoni.
La prima cosa che notai fu una fortissima luce arancione che mi accecò per qualche istante. Poi iniziai a mettere a fuoco i vari compagni di classe, la professoressa Carr, compagni di scuola curiosi, varie facce sconosciute.
Tutti mi fissavano curiosi, quelli che mi avevano riconosciuto molto scettici ma allo stesso tempo sorpresi. Vidi parecchi visi increduli e, con orrore, individuai quello smagliante di mia madre.
Le orecchie iniziarono a percepire la canzone che io stesso avevo scelto per quell'abito e le gambe, di loro spontanea iniziativa, iniziarono a camminare incerte, barcollanti. Poi, insieme alle note veloci della canzone, udii anche quella vocina acuta che troppo spesso mi aveva fatto balzare il cuore in gola.
Fu allora che lo vidi, infondo alla passerella, elegante con la sua cravatta perfettamente annodata al collo, brillante come sempre, troppo bello per essere vero, per essere mio.
Rimasi un impercettibile istante,  che a me parve molto più lungo e intenso, a guardarlo, occhi negli occhi, mentre proseguivo incespicando lungo la pedana, verso di lui. Il suo viso offuscava tutto il resto, avvolto da tutta quella luce arancione. Esattamente come quando mi aveva baciato nel negozio di musica, esattamente come durante la nostra prima volta.
Mentre continuava ad enunciare di quali materiali era costituita la mia camicia bianca, mi lanciò un piccolo occhiolino. E davvero, avrei voluto prenderlo a pugni perché, dopo tutto quello che avevamo passato, proprio non si doveva permettere di lanciarmi quell'occhiolino scherzoso, ma allo stesso tempo sarei volentieri corso verso di lui per potermi nascondere nel suo petto, per potermi sentire di nuovo protetto tra le sue meravigliose braccia.
Perdendomi in lui non mi sentii più nella fossa dei leoni, eravamo solo noi due in camera sua, ad un'ennesima prova costume,  con attorno la solita atmosfera carica di aspettative, di bisogno reciproco.
La musica mi penetrò nelle vene e iniziai ad avere un passo più sicuro, non distogliendo mai lo sguardo dal suo, un porto sicuro al quale potersi appigliare, presente lungo tutto il mio percorso come se mi volesse sorreggere. Allora mi sentii di nuovo il suo Hazza, infondo mi aveva affibbiato quel nomignolo il pomeriggio in cui avevo scelto la canzone che ora ci faceva da sottofondo.

A change would do you good || Larry Stylinson AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora