Capitolo Quattro

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Il giorno successivo mi svegliai alle due del pomeriggio, sentendo i morsi della fame attanagliarmi lo stomaco. Scesi in cucina ancora assonnata. Eravamo rientrati alle quattro dalla festa di Ashley, ma avevo fatto fatica ad addormentarmi, non riuscivo a togliermi dalla mente l'immagine di quel mostro.

Appena entrai in cucina, trovai mio padre impegnato a lavare i piatti.

«Buongiorno.» Mi disse, porgendomi gli avanzi del pranzo.

«Buongiorno a te. Ryan?» chiesi, mentre mettevo il piatto nel microonde.

«Sta giocando in camera sua. Piuttosto, devo dirti una cosa.»

Si sedette a tavola accanto a me, che intanto avevo recuperato la mia bistecca. La sua espressione non prometteva niente di buono, non che fosse mai stato particolarmente sorridente da quando la mamma era morta, ma sembrava più abbattuto del solito.

«Che succede?» chiesi, addentando la bistecca.

«Mi hanno cambiato i turni di lavoro. Hanno dovuto ridurre il personale, e hanno dovuto allungarci gli orari di due ore, per sopperire.»

Sospirai, già lavorava sei ore al giorno e quando tornava a casa doveva occuparsi di noi e della casa, ora avrebbe dovuto persino lavorare di più. Mi dispiaceva veramente per lui.

«Beh, se non altro non è toccato a te rimanere a casa, no?» dissi, cercando di trovare il lato positivo.

«Lo so, ma non riuscirò ad essere a casa in tempo per andare a prendere Ryan all'asilo. Sai che non possiamo permetterci una babysitter. Mi dispiace dovertelo chiedere, ma non è che potresti vedere se per favore Michele è disponibile? Solo per questo mese, poi dopo il tuo compleanno sarai maggiorenne e potresti andarci tu.»

Gli sorrisi, sapevo che Michele avrebbe accettato, era sempre stato disponibile ad aiutarci in qualunque occasione, dubitavo che mi avrebbe voltato le spalle proprio ora.

«Certo, tranquillo. Dopo lo chiamo e glielo chiedo, ma non credo ci siano problemi.»

«Quel ragazzo è veramente un angelo.» Disse mio padre con un sospiro.

Gli sorrisi cercando di tirargli su il morale, vedevo che si sentiva in colpa. Sapevo che gli faceva male rendersi conto che non riusciva a prendersi cura della sua famiglia come avrebbe voluto. La mamma mancava a lui quasi più che a noi, avevano sempre avuto un rapporto molto profondo. Ricordavo bene come alla mamma si illuminassero ancora gli occhi ogni volta che vedeva papà, come ogni volta che lui rientrava dal lavoro interrompesse qualunque cosa stesse facendo per salutarlo con un bacio. Ero cresciuta senza quasi fare caso a tutti quei piccoli gesti d'amore che i miei genitori si scambiavano ogni giorno, erano la mia normalità, non potevo immaginare quanto ne avrei sentito la mancanza ora che lei non c'era più, quanto mi sarebbe mancato vedere il sorriso sul volto di mio padre, e sentire la risata di mia madre riempire la casa. Aveva un modo di ridere spesso sguaiato e a volte persino irritante, ma era il suo modo di ridere, e ora avrei dato qualsiasi cosa per sentirlo un'altra volta. Non volevo dimenticarlo come stavo dimenticando i lineamenti del suo volto.

Due lacrime mi rigarono il volto, lui se ne accorse.

«Che succede tesoro?»

«Pensavo alla mamma.» Cominciai.

La sua espressione si fece subito spenta, i suoi occhi si inumidirono ripensando alla donna che aveva amato e che ancora amava, nonostante fossero passati cinque anni.

«Papà, posso chiederti una cosa?»

Lui annuì.

«Tu ricordi ancora tutto della mamma? Perchè mi sto rendendo conto che non riesco più a ricordare il suo volto chiaramente, non ricordo i suoi lineamenti, è solo un'immagine sfocata nella mia mente. Devo riguardare le sue vecchie foto per ricordarmela, e mi sento terribilmente in colpa. Io le volevo bene, allora perchè non riesco a ricordarmela? Non voglio guardare le sue foto e vederci una sconosciuta, papà.» Ammisi.

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