Capitolo Sedici

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Appena aprii gli occhi, la mattina successiva, vidi Michele accanto a me, seduto sul mio letto. Sorrisi, notando quanto era premuroso nei miei confronti.

«Non ci posso credere!» esclamai.

«Di che parli?» chiese Michele, senza capire.

«Un intero giorno senza attacchi dei demoni! Da non credere!»

Michele rise, contagiato dal mio entusiasmo.

«Temo sia presto per cantare vittoria però.»

«Lo so, ed è per questo che voglio che mi insegni a difendermi da sola.» dissi.

«Sarebbe inutile. Ma non preoccuparti, io resterò sempre al tuo fianco, così non ne avrai bisogno.»

Inutile. Mi riteneva davvero così incapace? Va bene, non ero mai stata un asso in educazione fisica, ma questo non bastava a giustificare il suo rifiuto categorico. Ero motivata, visto che ne andava della mia vita, e questo, a giudicare dai film che avevo visto, bastava per aspettarsi un notevole miglioramento nelle mie capacità. Ok, basare questa affermazione su dei film non era il massimo, ma poteva almeno provarci.

«Questo l'avevi già promesso, l'altra notte però non c'eri, e se fossi arrivato solo qualche istante dopo sarei probabilmente morta!» sbottai rabbiosa.

Michele abbassò lo sguardo e io mi pentii immediatamente delle mie parole. Era chiaro che lui si sentiva responsabile, che sapeva bene di aver davvero rischiato di perdermi, e io non avevo alcun diritto di rinfacciarglielo.

«Scusami. Non intendevo dire questo. So che non è colpa tua, vorrei solo potermi difendere da sola, per non sentirmi completamente dipendente dal tuo intervento ad ogni attacco.»

«Lo capisco Evelyn, non ho rifiutato perché non credo nelle tue capacità, ma perché anche il demone di più infimo livello è forte almeno cinque volte più di qualsiasi essere umano. Non potresti avere la meglio con lui, nemmeno se lo volessi. Però hai ragione, dovresti avere la possibilità almeno di rallentarli.»

Spiegò le sue ali, mostrandosi in tutta la sua maestosità d'angelo, e sfilò dalla cinta della sua armatura un pugnale avvolto in un fodero bianco. Me lo porse.

«Non basterà ad eliminarli, ma una lama angelica dovrebbe comunque essere sufficiente per ferirli, se riesci a coglierli di sorpresa. Li rallenterà quel tanto che basta a permetterti di scappare fino al mio arrivo.»

Afferrai l'oggetto, era un semplice pugnale dall'elsa dorata finemente lavorata, mentre sulla lama argentea erano incisi dei simboli che non sapevo interpretare.

«Che c'è scritto?» chiesi, curiosa.

«È enochiano, la nostra lingua, significa 'coraggio'.»

Michele pronunciò una parola che non riuscii a comprendere e un lampo accecante di luce bianca illuminò la lama del pugnale per alcuni secondi.

«Wow!» osservai affascinata. «Potrò farlo anche io?»

Michele scosse il capo.

«No. L'enochiano è una lingua pericolosa per gli umani, dal momento che può attrarre anche i demoni. Senza contare che questa lama risponde solo al mio richiamo, comunque anche senza attivare la sua luce divina è uno strumento più efficace di qualsiasi altra lama umana contro i demoni.»

«Quindi mi addestrerai ad usarlo?» chiesi, speranzosa.

«Non ora, sei ammalata. Ci penseremo quando starai meglio.»

Gli sorrisi, grata della fiducia che mi stava dimostrando, poi scendemmo per andare a fare colazione.

***

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