Capitolo Quindici

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Improvvisamente la porta della mia camera si spalancò, sull'uscio si stagliava la figura imponente dell'arcangelo. Un flebile lampo di luce sbalzò il demone contro la parete opposta della camera. Il mostro si rialzò, scoppiando a ridere.

«È tutto qui quello che sai fare? E pensare che i miei compagni erano terrorizzati all'idea di affrontare il grande Arcangelo Michele. Invece non riesci nemmeno a liberarti di un semplice demone di secondo livello!»

Michele non rispose finché non fu davanti a lui, afferrandolo per il collo e sollevandolo da terra di una ventina di centimetri. Il demone sgranò gli occhi, le sue logore ali scheletriche si dispiegarono alle sue spalle, mentre si sforzava di mascherare dietro un'espressione sfrontata la sua evidente paura.

«Hai finito di ridere adesso, vero? Non ti ho ancora ucciso perché voglio vederti soffrire! Pagherai per aver tentato di uccidere Evelyn! Incenerirti non mi basta, voglio vederti soffocare nel tuo stesso sangue!»

Sgranai gli occhi di fronte a quella nuova versione di Michele, capivo la sua rabbia, ma dovevo ammettere che il suo nuovo modo di agire un po' mi spaventava. Poteva davvero un arcangelo comportarsi così? Amavo Michele, ma le parole che aveva rivolto a quel demone erano estremamente malvagie, quasi demoniache. Non potei evitare di chiedermi se avesse reagito così anche mentre eliminava i Nephilim e condannava alla dannazione i suoi fratelli angeli. Se le cose stavano realmente così, non mi stupivo dell'astio che provava Bryan nei suoi confronti.

Nel frattempo Michele si ferì il braccio con la sua spada, lasciando che il suo sangue ne macchiasse la lama. Il demone intuì subito quello che stava per accadere, e cominciò a dimenarsi nel disperato tentativo di sfuggire alla sua presa. Michele non esitò oltre, e lo ferì sul fianco con la lama avvelenata, poi lo lasciò cadere a terra. Il demone cominciò a contorcersi agonizzante mentre il fluido divino gli penetrava nelle vene, sostituendosi al sangue demoniaco che usciva a fiotti con ogni colpo di tosse del demone, imbrattando il mio tappeto nuovo.

Michele ignorò il demone e lo lasciò a morire sul mio povero tappeto, e si voltò verso di me.

«Evelyn, come stai?»

«Bene.» risposi, ancora sconvolta.

«Che succede?»

«Niente, solo non ero abituata a vederti in questa veste...» risposi, alzandomi a sedere sul letto.

Lui non parve ascoltare la mia risposta. Improvvisamente si inginocchiò a terra.

«Padre!» disse.

Padre? Stava forse parlando con Dio?

«Ma io... la stavo proteggendo! È il mio compito!» lo sentii rispondere.

Stette in silenzio per diversi secondi. Non potei fare a meno di chiedermi che cosa gli stesse dicendo Dio, dall'espressione sul volto di Michele capii che non doveva essere nulla di buono.

«Hai ragione. Perdonami, Padre.»

Dopo aver pronunciato quelle parole si alzò e tornò a voltarsi verso di me.

«Hai parlato con Dio?» chiesi, ancora incredula.

Michele annuì.

«Sì. Non ha gradito il modo con cui mi sono comportato con quel demone. Mi sono lasciato trascinare dalle emozioni, non sono stato efficiente.»

«Beh, il demone è morto, no? È questo che conta.» dissi, fingendo che quella sua nuova versione non mi intimorisse ancora.

Michele sospirò, mentre si sedeva sul letto di fronte a me, guardandomi negli occhi con aria afflitta.

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