Capitolo Sette

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Mi rigirai quella piuma tra le mani. Era candida, di un bianco talmente intenso che sembrava quasi irradiare luce propria, e aveva lo stesso profumo di Michele. Un'assurda teoria si fece immediatamente spazio nella mia mente: Che il mio migliore amico fosse un angelo? Ebbi appena il tempo di formulare quell'idea che già mi prendevo in giro da sola per la stupidità di quel pensiero. Michele un angelo, ma dai! Chiunque, con un minimo di sale in zucca, sapeva che gli angeli non esistevano realmente. E anche ammettendo la loro esistenza, cosa già di per sè poco realistica, non si prendevano certo la briga di camuffarsi come uno di noi e vivere la vita di un normale essere umano! Avevo foto di Michele all'asilo insieme a me, come poteva un frugoletto di tre anni e mezzo essere un angelo, ma dai!

A dirla tutta, ero stata battezzata secondo la fede dei miei genitori, e ciò faceva di me una cristiana cattolica. Praticante o meno, questo era tutt'altro discorso. Sapevo dal catechismo che secondo la Bibbia, quello che doveva essere il mio credo, gli angeli esistevano, e in linea di massima potevo anche dire di poter essere d'accordo, ma avevo sempre pensato che gli angeli avessero più a che fare con Dio che con noi poveri mortali. Da ciò che mi era rimasto delle lezioni di catechismo di quando ero bambina, gli angeli erano qualcosa tipo i paggetti di Dio che gli consegnavano le nostre preghiere, e finita lì. Michele invece prendeva tutta quella storia molto più sul serio, ma lui era fatto così, dei due lui era quello affascinato dal soprannaturale, mentre io ero molto più razionale, ligia alla teoria del 'se non vedo, non credo'.

Infatti, dovetti riconoscere che c'erano mille ragioni per cui quella piuma poteva essere arrivata lì. Era più facile che fosse una semplice piuma d'oca giunta fin lì sospinta dal vento dalla vicina fattoria del vecchio Vaughn, piuttosto che l'ala di un angelo. Senza contare che quella piuma probabilmente non aveva nulla a che fare con Michele, era naturale che una piuma profumasse di piume, no?

«Evelyn, sei tu?»

Riconobbi quella voce all'istante. Mi voltai senza riuscire a trattenere un sorriso.

«Michele? Cosa ci fai qui a quest'ora?»

Nonostante tutto ero felice che lui fosse lì, dopo quello che era appena successo non avevo voglia di stare da sola e, come sempre, lui era lì ogni volta che avevo bisogno di lui. Peccato che non mi amasse quanto io amavo lui.

Michele esitò prima di rispondere, lo fece solo quando mi ebbe raggiunta.

«Non dormivo. Quindi ho fatto una camminata, poi ti ho sentita urlare. Che è successo? Cosa hai fatto al braccio?» disse, sollevandomi il braccio per osservare la ferita.

Bene, e ora che gli raccontavo? Poi ricordai che quando gli avevo detto la verità riguardo al mostro che si era lanciato contro la macchina mi aveva creduto, nonostante tutto. Sapevo che aspettarmi che mi credesse ancora era un'azzardo, ma con lui non avevo mai avuto segreti, e avevo un disperato bisogno di parlarne con qualcuno. Magari Michele poteva aiutarmi a trovare una spiegazione razionale a tutto quello che era successo.

«Non mi crederesti.»

«Mettimi alla prova. Prometto che non ti prenderò per pazza.» Mi disse lui con un sorriso.

«Va bene. Stavo rientrando a casa a piedi da una festa a cui ero andata con Bryan...»

«Aspetta, se eri andata con lui perchè non ti ha riaccompagnata a casa?» mi interruppe lui. L'astio che provava nei confronti di Bryan era evidente nel suo tono di voce.

«Perchè ha dovuto accompagnare a casa un suo amico ubriaco.»

«E non poteva farti salire in macchina e lasciarti a casa lungo la strada, scusa?»

«Probabilmente non ci ha pensato, comunque potresti evitare di usare quel tono quando parli di lui? Ora io e Bryan stiamo insieme, quindi gradirei che provassi a fartelo piacere.» confessai.

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