capitolo 1

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Un vicino di troppo"Perchè se è amore, non puoi scappare"
"Capitolo 1"
Mi rigiro nel letto per l'ennesima volta.

Dannazione in questa stanza non si respira!Mi metto seduta e mi passo le dita fra i capelli spingendoli dietro la schiena, odio l'aria soffocante che si crea sempre in questa parte della casa e odio le estati così afose.

Ricado con la schiena contro il materasso troppo caldo per i miei gusti e fisso il soffitto, le assi di legno sono nella solita posizione, non è cambiato assolutamente niente nel corso della notte e non so perchè ma nel notarlo un senso di dispiacere mi attanaglia il petto.

Vorrei tanto che qualcosa fosse cambiato.

Guardo la sveglia sopra il comodino, lampeggia e segna le sette di mattina esatte, l'avrei impostata alle sette e mezza ma credo mi alzerò prima, mia madre ne sarà felicemente sorpresa.

Secondo i suoi piani dovremmo essere all'aeroporto per le nove e conoscendola andrà come sempre tutto nel verso giusto.

Mi allungo fino ai piedi del letto sbadigliando ed afferro i vestiti che ho preparato ieri sera, tutto il resto delle mie cose è nei due trolley in un angolo della stanza accanto alla porta.

Mi guardo rapidamente intorno mentre raggiungo il bagno, la stanza è completamente vuota - lo è da un po' ormai -, non resta che uno scatolone ancora aperto sopra la scrivania, devo metterci dentro il libro che ho finito ieri.

Serro le labbra e mi chiudo dentro il bagno forse sbattendo la porta più del dovuto ma non m'interessa, sarà l'ultima volta.

La mia immagine si riflette sullo specchio, sono pallida e ho delle profonde occhiaie sotto gli occhi castani, le ciocche scure mi cadono sulle spalle scendendo lungo la schiena, dovrei tagliarle ma non mi è mai piaciuto andare dal parrucchiere.

Mi vesto velocemente prima di tornare davanti allo specchio una seconda volta, noto che la t-shirt bianca è un po' corta e mi lascia un lembo di pelle dell'addome scoperto ma non mi faccio problemi, a Manhattan farà caldo proprio come qui.

Mi fisso le gambe corrugando la fronte mentre mi spazzolo i capelli, gli shorts di jeans sarebbero decisamente più adatti se stessi per andare in Texas o in un ranch, penso subito.

Sospiro infilandomi al polso un elastico per sicurezza prima di tornare in camera, apro la porta e trascino giù dalle scale le mie valigie, sento delle voci provenire dalla cucina.

Una è quella di mia madre, la riconosco perfettamente, è la seconda che mi è sconosciuta.

Non appena entro mi si para davanti la figura di una donna, ha i capelli rossi e grandi occhi verdi, si stringe le mani dentro le tasche dei jeans e mi fissa, sembra sorridere ma io riesco solo a sbattere violentemente le ciglia.

"Zia Anne" mormoro senza accorgermene.

"Ciao, tesoro" la sua voce è proprio come la ricordavo.

Non ci vediamo da circa due settimane ma a me sembrano passati mesi, al funerale non ci siamo calcolate molto, lei era in prima fila accanto a mia madre con un fazzoletto in mano, mentre io ero sul fondo della chiesa e fissavo la bara in silenzio.

"Anne ti porterà all'aeroporto" dice mia madre sorseggiando quello che dall'odore presumo sia caffè.

La scruto dal basso socchiudendo gli occhi, credo sia un modo carino per dirmi che non sarà lei a portarmi.

"Tu non avevi tempo, immagino" sibilo stringendo i pugni ai lati del corpo.

Mia madre impallidisce e per un attimo rivedo un po' di umanità in lei ma è davvero per un attimo perchè dopo pochi secondi è tornata la stessa di prima, fredda e cinica.

Un vicino di troppoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora