capitolo 6

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Sono quasi le sei di sera quando io e Mitchell arriviamo a casa, abbiamo pranzato in un piccolo pub del centro e poi gli è venuta la brillante idea di fare due passi per Central Park senza pensare al traffico cittadino di New York, infatti ci siamo ritrovati imbottigliati nel traffico e abbiamo passato due ore incolonnati per le strade del centro.

Le motivazioni per cui ringraziare Erin e Carrick di aver comprato una casa in periferia e non in centro città non fanno altro che salire di giorno in giorno.

Non riuscirei mai a stare in uno di quei piccoli appartamenti di un qualche palazzo e io e Mitch saremmo costretti a partire almeno due ore prima per arrivare in orario a lezione.

Fosse stato per me non sarei mai venuto a vivere in una città così caotica, mi piacciono i posti più isolti e tranquilli ma senza rinunciare alle comodità, una metropoli che non sia troppo metropoli, come Ottawa.

Quando entriamo in casa avvertiamo subito un ottimo profumo arrivare dalla cucina, effettivamente spero si mangi presto perchè sto davvero morendo di fame.

Vorrei però essere riuscito a mascherare il livido sullo zigomo, invece mi ritrovo con un labbro spaccato e una macchia violacea sopra l'occhio.

Mitchell entra in cucina allargando le braccia platealmente e abbraccia Erin, lei non lo bada molto - ormai è abituata alle esagerate entrate di mio fratello - e gli bacia la guancia sorridendo.

"Mi chiedevo quando sareste arrivati" dice senza staccare lo sguardo dalla pentola sul fuoco.

"Tutta colpa di New York" risponde Mitchell lasciando cadere in un angolo lo zaino e sedendosi a tavola.

Quando varco la soglia Carrick punta lo sguardo su di me e i suoi piccoli occhi si chiudono in due fessure, mi osserva senza parlare e quando posa lo sguardo sulla mia fronte mi sembra che trattenga il respiro.

Mi passa accanto portando in tavola una bottiglia d'acqua e sposta lo sguardo su sua moglie.

So che odia questa situazione quanto me, è un uomo fantastico ma allo stesso tempo quando si arrabbia può far davvero paura anche se so che ovviamente non mi farebbe mai del male.

"Justin, perchè non prendi-"
La frase di Erin resta sospesa a metà, incontro i suoi occhi a mezz'altezza e infilo le mani nelle tasche arricciando le dita dei piedi dentro le scarpe.

I suoi occhi si sgranano e ha la bocca aperta mentre tiene sospeso in aria un cucchiaio di legno, trasalisco quando gli occhi le si fanno lucidi e vorrei sprofondare sotto terra.

Carrick si alza e le stringe le spalle con le mani baciandole la guancia, le sussurra qualcosa all'orecchio ma non credo che lei lo abbia sentito.

"Cos'è successo, Justin?" domanda con voce tremante.

Mitchell si schiarisce la voce e beve un sorso dal bicchiere, Carrick prende il cucchiaio dalle mani di Erin che continua a fissarmi e so che vuole solo che io risponda.

"Ho fatto a botte con un ragazzo, questa mattina" mento in parte.

Effettivamente ieri ho fatto a botte con un ragazzo ma oltre al labbro un po' gonfio non avevo nulla di vistoso e nessuno se n'è accorto.

Comunque resta il fatto che non racconterò loro degli incontri, nè adesso nè mai.

Erin chiude le mani ai lati del corpo e si asciuga gli occhi, fa un passo nella mia direzione ed allunga un braccio spostandomi una ciocca di capelli dalla fronte.

"Perchè?" la voce le trema e odio pensare che sia colpa mia.

Non vorrei darle certi dispiaceri, nè a lei nè a Carrick, ma sembra che cacciarmi nei guai sia più forte di me.

Un vicino di troppoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora