Capitolo 25

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Jack guardò perplesso le tre tazze di cappuccino che Lance aveva poggiato sul bancone. Aggrottò le sopracciglia prima di aprire bocca. "Che è 'sta roba?"

Il giovane lo guardò senza capire. "Cosa?"

Il  titolare prese le tazze senza rispondere, sparendo nella folla dellasala. Quella mattina il locale era pieno più del solito, in quanto l'altro cafè al di là della strada aveva pensato bene di fare una settimana di vacanza, così si erano ritrovati a servire il doppio dei clienti di sempre. Jack tornò poco dopo, appoggiando il vassoio sul bancone.

"Si può sapere che hai? Sembravano bolle di sapone più che schiuma," disse, riferendosi ai cappuccini.

Lance sembrava non ascoltarlo mentre montava il latte per fare una cioccolata calda. Non riusciva a smettere di pensare a cosa fosse successo quella sera al pub. Gli sembrava di essersi immaginato tutto. Doveva aveva avuto la testa? Eppure per un momento, quando si erano guardati negli occhi, era stato sicuro che anche l'altro volesse la stessa cosa. Si era immaginato tutto? Non le labbra di Lee. Ne aveva ancora il sapore sulle sue e si era scoperto ad inumidirsele solo per ritrovare quel gusto, quella sensazione.

"Idiota," disse tra sé e sé, mentre il latte bollente usciva dal bricco d'acciaio, bagnando la macchina del caffè ed ustionandogli le dita.

"Lance, basta. Esci, faccio io le bevande. Fumati una sigaretta, per l'amor di Dio."

"Non serve."

"Vai sul retro, subito."

Appena arrivò l'ora di calma piatta al locale, Jack pensò bene di scambiare quattro chiacchiere con il suo cameriere. Non voleva sbatterlo fuori, ma voleva sapere se la sua "luna storta" era temporanea o meno. Aveva la testa sempre tra le nuvole.

"Questa scena mi sembra di averla già vista," disse il ragazzo.

"E la rivedrai ancora se continua così," rispose a tono il titolare. Non lo avrebbe sgridato, non era da lui. "La situazione è peggiorata?" domandò serio.

Lance rimase per un momento interdetto. "N-no," balbettò per un momento. "Un po' è migliorata da quando mia sorella è tornata,anche se non sono rose e fiori."

"Allora qual è il problema?" domandò ancora l'uomo, accendendosi la sigaretta e porgendone una al portiere.

"È tutto a posto, credo. Cioè, no" prese un respiro profondo. "Credo di aver fatto una puttanata e non riesco a ragionare a mente lucida."

L'uomo lo guardò preoccupato. "Che tipo di puttanata?"

Lance quasi non credette alle parole che gli uscirono dalla bocca. "Ho baciato il mio compagno di squadra. Questo tipo di puttanata! E lui non sa che sono gay e so che lui non lo è, e non so perché cazzo si sia lasciato baciare. E probabilmente dovrò mollare la squadra e mandare in culo il West Ham. "

Jack lo ascoltò senza scomporsi, continuando a fumare placidamente come se niente fosse, mentre il ragazzo vomitava frasi sconnesse in preda all'ansia.

"E questa la chiami puttanata? Una puttanata è quando ti scopi il contabile dell'azienda per far quadrare i conti. Questa è una ragazzata," disse l'uomo guardandolo fisso negli occhi con un'ombra strana celata al di là di essi. "Lui ci è stato?"

Lance lo guardò perplesso. "Sì, o almeno credo."

"Non esiste 'almeno credo'. Sì o no."

Il ragazzo si strofinò la testa esasperato, cercando di scacciare quel ricordo dalla testa. Non voleva pensarci, voleva andare a rinchiudersi nella cantina del locale e non uscire più fino alla fine dei suoi giorni.

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