Capitolo 34

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Ritrovarsi ancora una volta su quel pianerottolo in un certo senso lo rassicurò, ma allo stesso tempo gli ricordò quanta strada avesse ancora da fare prima di porre una volta per tutte la parola 'fine' a quella vita.
Adam era stato restio quella volta a prendere l'appuntamento; sembrava quasi non voler disturbare il vecchio. Questa volta, ad aprir loro la volta, non fu il signor Smith, ma un bambino di circa dieci anni, che li squadrò dall'alto in basso, lasciandoli spaesati.
"Nonno, sono arrivati!" urlò il piccolo, per poi scappare in cucina.
Era la prima volta che lo vedevano. Da quando il vecchio si portava il nipote al lavoro?
"Venite avanti e chiudete la porta, fa freddo," si fece sentire il vecchio dalla sua scrivania.
Aveva già gli occhiali sul naso e stava controllando dei documenti che ad Adam sembravano per l'esattezza dei testamenti. Aveva due copie davanti, con la stessa identica carta, stesso inchiostro e stessa firma.
"Sono un opera d'arte," commentò Twain, ammaliato dalla destrezza dell'uomo.
"Non ho bisogno di un imbianchino che tessa le mie lodi. Falsifico documenti da quando avevo l'età di mio nipote, idiota," lo rimproverò l'uomo, sistemando poi le scartoffie in un cassetto della scrivania e chiudendolo a chiave.
Adam non rispose: se si fosse messo a litigare con Smith, avrebbero detto addio al colpo, anche se non sarebbe stata una cattiva idea.
"Ho chiamato per avere delle informazioni," sentenziò poi Twain, aspettando che l'uomo mettesse le carte in tavola.
Smith li osservò attentamente prima di aprir bocca. Non ci aveva dovuto pensare molto alla risposta ma preferiva averli davanti per spiegar loro come giravano le cose in quel mondo.
"Fino ad ora vi siete limitati a giocare e avete rischiato il culo più di due volte. Come potrei presentarvi ad un mio cliente?" disse secco l'uomo.
Adam fece per parlare, ma venne zittito con una mano. "Ve ne andate in giro a giocare a Fuori in sessanta secondi¹ senza pensare prima di agire, ed io con quale faccia vi dovrei presentare ad un mio cliente? Su, ditemelo."
"Abbiamo avuto sfortuna," rispose Lance senza però volersi giustificare. "Sapevano che ci sarebbero stati altri furti è normale."
Smith lo guardò torvo. "No, nel nostro lavoro la sfortuna non ci dev'essere, bisogna programmare tutto nei minimi dettagli. Le vostre sono solo scuse da bambini che non sanno neppure rubare le caramelle dalla borsa della madre senza essere beccati. Non posso presentarvi senza garanzie," fece l'uomo con tono irremovibile; era stanco di quei due. Le voci nel loro settore facevano presto a girare e lui era quello che metteva quelle voci in giro. Erano troppo avventati e, così facendo, gli avrebbero rovinato gli affari.
"Facci capire, vuoi che cambiamo il nostro compratore? No, perché se è così bastava dirlo al telefono, nemmeno noi abbiamo tempo da perdere," commentò Adam, irritato. Non si era aspettato quella scena da parte di Smith. Doveva essere infuriato per rifiutarsi anche da fargli da rivenditore. La situazione doveva essere più grave del previsto.
"Ragazzino, bada al linguaggio."
"Allora perché siamo qua?" domandò Lance a quel punto, stanco di quei giri di parole. Se Smith non avesse voluto incontrarli, l'avrebbe detto direttamente al telefono, e invece erano lì. C'era qualcosa sotto.
"Ecco, tu sei quello con il cervello tra i due," disse il vecchio, indicandolo. "Ho un lavoro che nessuno vuole fare perché fuori dall'ordinario, ma viene pagato in contanti a consegna fatta."
Adam l'avrebbe mandato al diavolo seduta stante se non fosse stato che il suo collega volesse andare fino in fondo alla faccenda. Sarebbe dovuto uscire in quel momento e non voltarsi indietro, lo sentiva. Tutto dentro di lui urlava è una pessima idea da quando l'aveva chiamato. Dannato Lance.
Smith scrisse poche righe su un post it e lo passò ai ragazzi.
"Se fallite questo possiamo dire conclusa la nostra collaborazione. A me spetta il dieci percento in contanti. Ora fuori dalle scatole, devo fare la cioccolata calda a mio nipote," concluse l'uomo, afferrando il bastone per tirarsi in piedi.

Sul foglietto v'erano scritti solo un nome e un numero di cellulare.
"Dite che vi manda Smith."

Quando furono in auto, Adam non potè fare a meno di chiedere all'amico se era sicuro di voler andare fino in fondo. Se avessero chiamato quel numero, non avrebbero potuto rifiutare senza evitare di fare una figura di merda, e ciò li avrebbe screditati ancora di più agli occhi di Smith.
"Faremo quella telefonata e concluderemo l'affare. Tu mi aiuterai perché l'hai sempre fatto e sei l'unico di cui possa fidarmi per queste cose. Chiaro?"
Twain avrebbe dovuto rifiutarsi subito quando Lance ne aveva parlato, e anche in quel momento avrebbe potuto rifiutarsi, ma non poteva lasciarlo così a se stesso. Magari sarebbe riuscito a contenere i danni con la sua presenza. Ciò però non toglieva il brutto presentimento che sentiva dentro.
Scosse la testa, rassegnato.
"Andiamo fino in fondo," rispose, consapevole di firmare così la sua condanna.

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