Capitolo 32

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Se lo ricordava ancora il momento in cui tutto si era frantumato, in cui la poca calma che Leeroy aveva mantenuto fino a quel momento era venuta meno e  aveva ceduto alla rabbia. Se lo chiese ancora una volta: se, in quel momento, invece di aprir bocca se ne fosse stato zitto e fosse tornato nello spogliatoio come se non avesse visto nulla, avrebbero vinto la partita?
Leeroy forse non avrebbe ceduto alle calunnie di Sanders. Se non si fosse fatto avanti, forse, il primo tassello del domino non sarebbe caduto.

Durante l'intervallo era uscito per prendere una boccata d'aria; erano in troppi in quella stanza, tra compagni di squadra, allenatore e Abigail. Non sapeva come, ma era riuscita ad intrufolarsi, facendo l'invasata come suo solito e saltellando come una gazzella per far festa a tutti.
Contrariamente a quanto aveva pensato, era sicuro che avrebbero portato a casa la partita; ciò che però lo lasciava ancora piu stupito era Leeroy.
Il ragazzo si stava comportando come un vero membro di una squadra e non come un dio onnipotente e capriccioso. Forse sarebbe arrivato a compl imentarsi con lui a fine partita. Sarebbero riusciti a tenere duro e vincere quella dannata coppa per una volta. L'anno prima era stato un disastro, ora potevano solo migliorare.

Arrestò il passo quando udì delle voci provenire dal corridorio attiguo. Lo stadio in cui stavano disputando la finale era enorme; questa volta avevano fatto le cose in grande, ma solo perché c'era la Ravensburg di mezzo.
Non riconobbe la voce di chi stava parlando, ma riconobbe il vaffanculo a denti stretti di Leeroy riecheggiare per le mura. Che diavolo sta combinando?, pensò, sperando che il ragazzo non si stesse mettendo nei guai. Non l'aveva nemmeno visto uscire dallo spogliatoio prima di lui.
Si accostò al muro, senza però sbirciare, e a quel punto riconobbe anche l'altra voce.

"Lo sai, vero, che gli scout non sono qui per te, ma per me?" disse Oliver.
"Non sei all'ultimo anno," rispose secco Leeroy.
Lance pensò che stesse cercando di mantenere la calma e per una volta sperò che il ragazzo ci riuscisse veramente.
"Sei un idiota, a loro non interessa a quale anno ti trovi, se gli piaci ti prendono. Ho saputo che qualcuno di loro ha pure messo gli occhi sul portiere e il vostro capitano," fece ancora il giocatore avversario. Il portiere capì che lo stava prendendo in giro dal tono che stava usando; voleva mandare il cervello in pappa al suo terzino. Se Leeroy cadeva sarebbe caduta tutta la difesa, dannazione.
"Vatti a fare un giro, Oliver." A quel punto Lance non potè piu fare finta di nulla e parlò, rivelando la sua presenza.
"Wow, ora ti fa anche da mamma? Pensavo che quella fosse una prerogativa di Miles," li schernì l'americano.
"Chiudi quella bocca, cazzo," sbottò Rogers, per poi rivolgersi al portiere con uno sguardo come se fosse lui il cattivo di turno. Per lui lo era.
"Non sono cazzi tuoi."
"Sì se siamo nella stessa squadra."
"Ci vediamo fuori ragazzi. Tanto nessuno di voi verrà scelto, anche se doveste vincere la partita," rise, andandosene.
"Testa di cazzo, fuori ti prendo a calci in quel culo finchè non torni in America!" urlò Leeroy, muovendosi verso l'avversario, ma Lance si mise di mezzo, afferrandolo per un braccio.
Il terzino lo strattonò. "Lasciami, non sei mia madre."
Quello sguardo fece salire il timore al portiere che ormai fosse irrecuperabile.
Lance lo tirò per il braccio finché non furono occhi negli occhi.
"Comportati come hai fatto fino ad ora e non azzardarti a dare di matto, altrimenti giuro su Dio che ti spacco il culo," gli disse in un fiato, senza staccare lo sguardo da quelle iridi che non vacillarono neanche per un secondo a quelle minacce. Quanto lo irritava. Vedeva benissimo che Leeroy non aveva limiti con lui, non lo temeva, non aveva paura di fargli o farsi male, era una gara a chi fosse migliore o peggiore. Leeroy vinceva sempre, perché Lance non poteva permettersi di dare sfogo a ciò che provava dentro. Non era una brava persona, tutto ciò che covava dentro era odio misto a rabbia e altri miliardi di sensazioni negative che Rogers riusciva a far traboccare con un solo sguardo.
Il terzino lo afferrò a sua volta per il collo della divisa. "Non ti azzardare mai più."
Non poteva permettersi di replicare o sarebbe scoppiato. Si limitò a strattonarlo per allontanarlo da sé.
La sua presenza gli faceva uscire il peggio.
"Muoviti," disse soltanto, tornando sui suoi passi. Pregò solo che sul campo non avrebbe fatto nulla di cui poi si sarebbe pentito amaramente.

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