Capitolo 4

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La festa era stata un successone, ma non era ancora finita; infatti mancava ancora la consegna dei regali. Purtroppo Miles non si trovava e Leeroy non aveva la più pallida idea di quando andare a prendere i pacchi. L'aveva cercato da ogni parte, facendosi largo tra i ragazzi e le ragazze accalcati nel ristorante, ma il capitano sembrava essere scomparso. Pensò che forse si trovava da qualche parte a vomitare l'anima per via di tutto l'alcol ingerito in quelle ore. Alla fine, dopo essere anche andato in strada a cercarlo e averlo chiamato al cellulare, lasciò perdere, decidendo di andare a prenderli per conto suo. Quando entrò nella cella frigorifera, che a suo dire era enorme, non aveva idea di dove mettere le mani. Si chiese quanta roba ci fosse là dentro: tutte e tre le pareti erano occupate da scaffali alti più di lui, che a parer suo era tanto, visto il suo metro e ottantacinque. "Quel cretino avrà messo tutto lassù," farfugliò tra sè e sè. Cercò di allungarsi più che poteva per riuscire a spostare gli scatoloni in alto agli scaffali, per vedere se effettivamente ciò che stava cercando si nascondesse proprio là. I suoi sforzi furono vani. Iniziò a maledire Miles, pensando che come minimo era andato ad imboscarsi da qualche parte con la pallavolista. "E poi sarei io l'irresponsabile," borbottò, digrignando i denti per lo sforzo di allungarsi ancora una volta. Ad un certo punto sentì la porta aprirsi. "Alla buon' ora, dove cavolo eri finito!?" sbottò, pensando si trattasse del capitano di ritorno da qualunque cosa stesse facendo.

"Che stai facendo?" sentì chiedere, da una persona che chiaramente non era Miles, ma l'ultima da cui avrebbe mai ricevuto aiuto.

"Non sono affari tuoi," tagliò corto Leeroy, cercando per la terza volta di spostare gli scatoloni, senza successo, ma ad un certo punto una mano arrivò in suo aiuto, scostandoli. Con la coda dell'occhio vide Lance dietro di sé, che lo stava aiutando contro ogni sua aspettativa.

"Ti serve altro?" domandò disinteressato il portiere.

Leeroy si girò a fronteggiare il compagno di squadra e sentì una vampata di calore salirgli alle guance. Non capì se la colpa fosse dell'alcol o dell'imbarazzo. Non sopportava il portiere e ancora di più non sopportava sentirsi a disagio con lui. Quel calore lo infastidiva: odiava il caldo con ogni fibra del suo essere, proprio non lo tollerava, e non capiva come facesse a sentirsi accaldato in quel momento. Per un attimo balbettò, come stordito. "H-ho... caldo."

Di tutta risposta ricevette un'occhiata scettica. "Siamo in una cella frigorifera." Lance sottolineò bene le ultime due parole. Si chiese se oltre che stupido, il difensore avesse anche qualche disfunzione al centro termoregolatore del cervello.

Dopo poco Leeroy tornò in sé, mandando al diavolo il portiere, il quale roteò gli occhi, resosi conto di aver passato anche troppo tempo con il difensore. Afferrò una busta di fagioli surgelati e se l'appoggiò sul gomito del braccio sinistro, suscitando l'interesse di Leeroy.

"Che hai fatto?" fece incuriosito; di solito era lui a fargli male, non ricordava che l'altro si picchiasse con altre persone.

"Indovina?" fece sarcastico.

"Nicholas e Drew?"

"Quei due idioti e le loro grandi idee del cazzo. Tu piuttosto che ci fai qua? Avevi caldo?" chiese, riferendosi alle parole di poco prima.

"Reginald ha nascosto i regali là sopra... e non ci arrivo," disse, sentendosi di nuovo in soggezione. Leeroy era un ragazzo decisamente alto, ma Lance era il più alto della squadra: con il suo metro e novantasei faceva paura a molti avversari durante le partite.

"L'avevo capito," rispose con tono piatto, mentre rimetteva a posto i fagioli surgelati e prendeva i regali da sopra lo scomparto. Alla fine avevano comprato ciò che avevano già deciso quella volta che erano tutti usciti insieme, il mese prima: un borsone nuovo e un paio di pantaloncini da calcio per Akel e un CD di musica italiana e una felpa per Daniele. Il regalo scherzo l'avevano già tirato fuori all'inizio della festa. Pur avendo apprezzato le bambole gonfiabili, si erano sentiti entrambi in imbarazzo, soprattutto Akel.

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