Capitolo secondo.

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"Jeon Jeongguk."

Le lezioni sono appena terminate e io sono intento a impilare i miei libri nella cartella, quando sento qualcuno chiamarmi e lo fa pronunciando il mio nome completo. Ciò significa che non è mio amico –non che io ne abbia qui a scuola.

Alzo la testa per incontrare lo sguardo di un ragazzo dai capelli biondo platino. Si chiama Choi e qualcosa, non ricordo il suo nome, così come non ricordo più da quanto tempo ormai si ostina a tingersi i capelli di quel colore che non gli dona affatto. E' all'ultimo anno come me ma siamo in classi differenti.

"Dimmi" rispondo, portandomi la cartella in spalla e infilando le mani in tasca.

"Seguimi."

Quello che sento è un tono autoritario o sbaglio? Seriamente mi sta dando degli ordini?

Rimango a fissarlo senza dire nulla e lui fa altrettanto con me tenendo le braccia incrociate al petto. E' tremendamente serio e quel suo modo di fare, combinato al suo timbro di voce particolarmente basso, attira l'attenzione di qualche mio compagno di classe. L'espressione del ragazzo biondo ossigenato è completamente impassibile e io non so come interpretare la cosa, così mi avvicino a lui e lo seguo quando comincia ad incamminarsi.

Attraversiamo tutto l'edificio in religioso silenzio. Passiamo per i corridoi pieni zeppi di adolescenti, scendiamo scale, attraversiamo altri corridoi e scendiamo ancora altre scale fino a ritrovarci fuori dall'edificio scolastico.

"Allora? Dove stiamo andando?" chiedo impaziente e rimango ad attendere una risposta che non arriva.

Choi e qualcosa continua a camminare davanti a me e io comincio ad irritarmi. Cosa c'è che non va in questo tizio? Dove diamine stiamo andando e perché?

Lo seguo anche quando fa il giro della struttura e, nel momento in cui finalmente arresta la sua andatura, mi rendo conto di essere nel cortile della scuola. E' deserto e non c'è anima viva, fatta eccezione per un piccolo gruppetto di tre ragazzi seduti su una panchina poco distante da noi. Appena ci vedono arrivare, scattano in piedi avvicinandosi.

"Yongjae!" strilla in modo esagerato uno di loro -quello con i capelli neri- e agita le braccia per aria al fine di farsi notare dal biondo ossigenato. Al suo seguito ci sono gli altri due: il primo ha i capelli castani e gli occhi minuscoli, invece il secondo sembra aver appena immerso la testa in una vaschetta di gelato alla fragola; i suoi capelli sono rosa come una Big Babol.

Smetto per un momento di fissare i capelli di quel ragazzo e ritorno a concentrarmi sul nome che ha urlato quello con i capelli neri. Com'è che l'ha chiamato? Ah, sì! Ecco qual è il suo nome: Yongjae. Choi Yongjae. Mh, interessante... Okay no, non è vero, non lo è nemmeno un po'. Voglio solo che si sbrighino a dirmi quello che mi devono dire, così poi potrò ritornarmene a casa.

Sono un quartetto interessante, a guardarli bene. Choi Yong e qualcosa –sì, ho già dimenticato parte del suo nome- è sicuramente il leader del gruppetto, mentre l'esaltato con i capelli neri, il castano e il ragazzo Big Babol ricoprono il ruolo di cagnolini obbedienti.

Il biondo si volta verso di me, mettendomisi di fronte, e venendo immediatamente spalleggiato dal suo gruppo.

"Bene, bene, bene" sghignazza Testa Rosa mentre batte lentamente le mani. "L'hai portato davvero."

"Che cosa credevi? Ovvio che sì" risponde compiaciuto l'ossigenato.

Gli altri lo guardano, gli sorridono in modo strano e in quest'esatto momento capisco che c'è qualcosa che non va. Si riferiva a me con l'hai portato davvero?

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