Capitolo ottavo.

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Getto nella pattumiera la confezione vuota di ramen istantaneo che mi sono autoimposto di mangiare. Non voglio ritrovarmi per terra svenuto per colpa della mia alimentazione che, da un po' di tempo a questa parte, è tutto fuorché corretta. Di cucinare non mi va proprio e il ramen istantaneo, anche se non è affatto salutare, è pur sempre un'alternativa migliore al digiuno.
Ero ritornato a casa mezz'ora prima della fine delle lezioni, consapevole del fatto che Jimin sarebbe rimasto ad aspettare davanti alla mia scuola uno stupido diciottenne che non sarebbe mai uscito da lì.
Sussulto quando il campanello suona ma so che è lui, perciò rimango fermo dove sono. Mi preparo al peggio quando sento le chiavi trafficare con la serratura.
"Jeon Jeongguk, si può sapere che cazzo ti prende?!" sbraita Jimin appena è di fronte a me.
Mi ha appena chiamato con il mio nome completo, so che quando lo fa non è mai un buon segno. Mi guarda con un'espressione rabbiosa stampata sul viso e, forse per la prima volta da quando lo conosco, capisco che è davvero molto arrabbiato. Come tutte le volte sono io, sempre e solo io, la causa dei suoi problemi e delle sue preoccupazioni. Rimango in silenzio guardandolo a mia volta, non sapendo proprio cosa dire e fare o come scusarmi.
"Jungkook, mi devi parlare!" Cerca di spronarmi. "Ho fatto qualcosa di sbagliato?! Se è così allora dimmelo!"
"Non è-" Comincio a parlare ma vengo interrotto da Jimin che, canzonandomi, ripete quella prima parte di frase per poi concluderla lui stesso.
"Non è colpa tua... Andiamo, Jungkook, è da 'stamattina che non fai altro che evitarmi! Esci di nascosto, ritorni a casa senza dirmi niente, menti."
Mentire... Già. Perché sto facendo soprattutto questo: dire un mare di bugie.
Silenzio. Tutto quel che riceve da me è silenzio. Persino dopo quella sfuriata, persino dopo avermi sbattuto in faccia la realtà dei fatti. Tutto quel che sono in grado di fare è starmene zitto e cercare di soffocare la verità, fino a sentirmi io stesso soffocare. Quella verità brucia, fa malissimo, vuole uscire fuori ad ogni costo e giorno dopo giorno lotta per cercare di riuscirci. Ma io sono un sadico e preferisco farmi male, preferisco distruggermi lentamente e sentirmi pian piano morire, piuttosto che essere sincero con Jimin riguardo i miei sentimenti, i mie impulsi malati. Perché in fondo è questo che sono, no?
Perché cosa dovrei fare? Dirgli qualcosa come 'hyung, ti amo'? Andiamo... Sarebbe ridicolo. L'ultimo ricordo che voglio avere di Jimin, se proprio devo averne un ultimo, non è quello di lui che, ridendo a squarcia gola, esce da casa mia con le lacrime agli occhi per colpa delle risate scaturite dalla mia stupida confessione.
Vorrei urlare. Prima urlare nulla in particolare, solamente sbraitare come un ossesso e basta. Poi, finalmente, gridare a gran voce quel che sento per lui e, dopo aver urlato quella grossa verità che mi sta lacerando dentro da anni, imporgli una scelta: 'adesso puoi restare con me e accettare tutto questo, oppure prendere la porta e andartene senza più ritornare'.
Jimin sembra calmarsi un po', quel poco che basta per fargli abbassare la voce di qualche tono, ma rimanendo comunque in collera.
"Jungkook, da un po' di tempo a questa parte sei completamente assente, sempre chiuso nel tuo mondo e hai degli scatti d'ira assurdi" mi dice e io annuisco piano dandogli ragione. "Perché non vuoi dirmi-" Smette di parlare sentendo la suoneria del suo cellulare che lo avvisa di un sms appena ricevuto.
Con un gesto della mano lo incito a recuperare il cellulare. "Vedi chi è, potrebbe essere importante."
Jimin tentenna per qualche secondo, insicuro su come agire, poi però sfila il cellulare dalla tasca dei jeans e apre il messaggio. Corruga la fronte dopo averlo letto, sicuramente più di una volta dal momento che rialza lo sguardo su di me e lo porta di nuovo sullo schermo per almeno un paio di volte.
"E' per questo?" mi chiede e io non capisco a cosa si stia riferendo, così Jimin mi passa il suo cellulare. Lo prendo senza fare troppe cerimonie.
"Tae" canzono il modo in cui Jimin ha rinominato quell'individuo sul suo cellulare. "Da quando tu e Kim Taehyung siete ritornati in così buoni rappor-" Le parole mi muoiono in gola appena leggo il testo del messaggio.
La frase è semplice, concisa. Dieci parole in tutto, probabilmente anche un po' insignificanti se non fosse per il fatto che una di quelle parole è il mio nome. Potrebbe esserci scritto di tutto, contornata in quella nuvoletta potrebbe esserci una sciocchezza ma no, non è affatto una sciocchezza.
'Jiminie, pensa un po' se Jungkook fosse innamorato di te.'
Rido nervosamente fissando ancora il display, poi restituisco il cellulare al suo proprietario lanciandoglielo. "Suo serio ci credi?"
"Dovrei?" domanda impassibile.
Detesto quando rispondono con un'altra domanda ad una domanda già posta.
"Jimin hyung, credi quel che ti pare" sbotto infastidito e mi allontano da lui dirigendomi verso la cucina ma Jimin mi afferra saldamente per un polso e comincia a trascinarmi con sé.
"Ehi, hyung, che ti prende?!" chiedo alzando la voce ma non ricevo nessuna risposta.
Il suo sguardo ritorna di ghiaccio e questo comincia a preoccuparmi. Cerco di liberarmi dalla sua stretta avvertendo uno strano senso d'inquietudine farsi spazio dentro di me. Strattono il braccio più volte ma non riesco comunque ad allontanarmi, né tanto meno a fargli mollare la presa.
Siamo nella mia camera da letto quando Jimin comincia ad avvicinarsi sempre di più a me. Il suo viso è ad un soffio dal mio e, raccogliendo quel briciolo di razionalità rimastomi, faccio appena in tempo a bloccarlo per le spalle prima che le sue labbra incontrino le mie. Jimin mi fissa per un breve istante e s'inumidisce le labbra in modo tutt'altro che discreto, poi è un attimo e immediatamente si fionda sul mio collo. Lo morde, lo lecca e vi lascia dei baci caldi e umidi. Succhia forte rompendo i capillari, portando il sangue in superficie e io senza capirci più niente inclino la testa per permettergli di continuare a martoriare la mia pelle. Jimin sussurra il mio nome e io chiudo gli occhi, beandomi della sua voce che ora è bassa e sensuale. Lo afferro per la nuca e lo spingo di più contro il mio collo sentendomi completamente perso.
Non so quanto tempo passa, ma gli poggio le mani sul torace e lo allontano bruscamente da me appena mi rendo realmente conto di quello che sta succedendo.
"Pensi che tutto questo sia un gioco?!" gli urlo contro, mentre i miei occhi sono totalmente sbarrati. Jimin non risponde.
E' assurdo, tutta questa situazione lo è! Cosa diavolo sta succedendo?!
Io però, d'altro canto, sono senza speranza. Un caso perso. Quel contatto, seppur breve e inaspettato, riesce a far risvegliare qualcosa in me e prego con tutte le mie forze affinché Jimin non si accorga di nulla e... Come non detto. Sembra leggermi nel pensiero e i suoi occhi scendono automaticamente verso il basso e concentrandosi sul rigonfiamento all'altezza del mio cavallo.
Jungkook, sei ufficialmente, inesorabilmente fottuto. Ed eccola lì, quella vocina stronza ed esuberante. Sembrava strano che oggi non si fosse fatta ancora sentire...
Jimin non dice assolutamente nulla. Mi fissa soltanto conservando la sua espressione fredda, disinteressata. E' tremendamente serio anche quando mi afferra per le spalle e mi spinge all'indietro facendomi atterrare sul materasso. Lo vedo sfilarsi il giubbotto di pelle e lanciarlo sulla poltrona in fondo alla stanza. Si china su di me e poggia i palmi delle mani sul letto, ai lati dei miei fianchi, intrappolandomi. Sale sul materasso sovrastandomi, mi afferra la mascella e mi fa inclinare la testa da un lato. Poi inizia la sua tortura. Lambisce ogni centimetro della mia pelle riprendendo il lavoro che poco fa aveva cominciato e poi interrotto.
Jungkook, non è forse questo quel che hai sempre desiderato?
Dovrei trovare lui, i suoi movimenti e tutta questa situazione estremamente sensuale ed eccitante, lo è in effetti e il mio corpo risponde positivamente a questi stimoli fisici e visivi. Eppure non riesco a non esserne intimorito. In questo momento ucciderei per avere il pieno controllo di quel che ho in mezzo alle gambe. Cerco di fermare Jimin ma lui non vuole saperne di scostarsi da me, né di staccare le sue labbra dalla mia povera pelle che comincia a bruciare sotto le sue ostinate attenzioni.
Jimin prosegue imperterrito non accennando a fermarsi. Con l'altra mano, quella che non è occupata a tenermi fermo, percorre tutto il mio petto scendendo sempre più in basso e ritrovandosi a giocherellare con la zip dei miei jeans, che abbassa con un colpo secco, e fa scivolare abilmente il bottone attraverso l'asola. Continua a mordere il mio collo e succhiarlo avidamente mentre lascia scivolare la sua mano nei miei pantaloni e a quel punto ne ho abbastanza dei suoi giochetti.
Mi agito e gli dico di smetterla ma lui non dà nemmeno l'impressione di starmi ascoltando. Sembra così preso da ciò che mi sta facendo al punto da ignorarmi completamente.
La sua mano raggiunge la mia erezione e io non posso fare altro che lasciarmi sfuggire un gemito che non passa inosservato alle orecchie di Jimin. Sfrega la sua mano attraverso il cotone dei boxer mentre nella mia testa sta avvenendo un vero e proprio conflitto d'emozioni.
Questo non è il Park Jimin di cui io mi sono innamorato. Il ragazzo che in questo momento mi sta masturbando -perché è questo ciò che sta facendo, anche se mi vergogno anche solo a pensare qualcosa del genere- non è la persona dolce e gentile che ho conosciuto anni fa e che mi è stata accanto per tanto tempo. Adesso è solo rude e, proprio come succede nei miei incubi, tutto ciò che vorrei fare è scappare, nascondermi e piangere.
Mi dimeno ancora e, tra un gemito e l'altro, lo imploro di fermarsi ma lui ovviamente non lo fa. Continua imperterrito con il suo movimento e io già non ce la faccio più. Toglie la mano solo per superare l'ultima barriera e venire a contatto diretto la mia intimità. Stringe un po' la presa e io automaticamente inarco la schiena ansimando involontariamente, seguendo il ritmo scandito dal suo movimento.
Jimin mi tiene bloccato tra il materasso e il suo corpo. Vorrei levarmelo di dosso e ci sto provando, sto tentando davvero di farlo, ma non ce la faccio. Sarà per la situazione, ma giuro di non essermi mai sentito così debole e impotente in tutta la mia vita come in questo preciso istante. I miei occhi si riempiono di lacrime e domande su domande cominciano a ripetersi, senza nessun attimo di pausa, nella mia testa mentre sento l'acme del piacere farsi sempre più vicino. Perché lo hyung mi sta facendo questo?
Tengo le mani contro il suo petto tentando ancora, ma invano, di allontanarlo. Lacrime calde e salate sgorgano dai miei occhi e comincio a singhiozzare proprio quando il mio corpo esplode nell'orgasmo più intenso mai provato.
Jimin, appena si rende conto di avermi fatto venire, smette di martoriare il mio collo e ritorna a guardarmi. E' esattamente in quel momento che la sua espressione diventa confusa e smarrita. Io invece continuo a piangere senza riuscire a fare altro. Porto le braccia sul viso nascondendomi. E' Jimin ad aver fatto quel che ha fatto, eppure sono io a vergognarmi come se avessi commesso il peggiore dei peccati.
"Kookie" mi chiama e io volto la testa di lato continuando a nascondermi. Non voglio vederlo e non voglio nemmeno essere visto da lui. Voglio che se ne vada e basta.
D'accordo, lo ammetto: molte volte avevo fantasticato su un momento del genere. Volevo che accadesse, solo... non volevo che succedesse così. Pensavo che quel momento sarebbe stato speciale e che sarei stato bene, che mi sarei sentito la persona più felice del mondo ma adesso che ho vissuto tutto questo posso dire che non sono felice e che no, non sto affatto bene.
"Jimin, vattene" sussurro tra le lacrime.
E' la prima volta in assoluto che il suo nome viene pronunciato da me senza essere seguito dall'onorifico. In un momento del genere non dovrei curarmi di cose come queste, eppure, nel profondo, una parte di me è mortificata e vorrebbe chiedere scusa per questa mancanza di rispetto. Ed ecco che mi ritrovo ancora una volta a crearmi problemi su problemi pur di non ferirlo in alcun modo. Io mi faccio mille paranoie, scrupoli riguardanti anche cose di apparente poca importanza e lui invece non ci pensa due volte a farmi qualcosa del genere.
Un'improvvisa ondata di adrenalina mi scuote dall'interno e quasi sento le viscere contorcersi. Adesso sono io quello arrabbiato.
"Jungkook" chiama il mio nome e questo riesce solo a farmi arrabbiare ancora di più. Finalmente riprendo possesso delle mie attività motorie e me lo tolto di dosso spingendolo via. Ci ritroviamo in piedi l'uno di fronte all'altro.
"M-mi dispiace. Non so cosa mi sia preso, io-"
"Jimin, vattene." Afferro il suo giubbotto da sopra la poltrona e glielo scaglio addosso con rabbia.
"Jungk-" Cerca di richiamare nuovamente la mia attenzione ma io glielo impedisco.
"Vattene via!" sbraito e lo spingo fin fuori dalla mia camera, sbattendogli la porta in faccia e chiudendola velocemente a chiave per impedirgli di rientrare. "Lascia le chiavi di casa mia e vattene!" urlo rivolto alla porta e serro i pugni.
"Kookie, ti prego-"
Faccio scontrare ripetutamente i miei pugni contro la lastra di legno che ci divide solo per farlo smettere di parlare. Basta, non voglio più sentirlo. Non voglio sentire più nulla.
"So che eri sveglio la notte scorsa!" dice ad alta voce Jimin per farsi sentire da me e io lo sento, eccome se lo sento.
Rimango completamente immobile. Sbarro gli occhi e le lacrime, che avevano cessato la loro discesa, ricominciano a scorrere libere sul mio viso. Le asciugo velocemente cercando di darmi un minimo di contegno e poi ritorno a colpire la porta, come se fosse lei la causa di tutto questo.
"Park Jimin, ti odio!"
Non è vero, Jungkook. Non riusciresti ad odiarlo nemmeno se ti facesse il torto più grave.
"Ti odio!" ribadisco urlando più forte, cercando di convincere me stesso che è quel che penso davvero, e lo urlo ripetutamente finché la gola non comincia a bruciarmi e la voce diventare roca.
Attimi di silenzio precedono i passi di Jimin farsi sempre più lontani e difficili da percepire. Poi la porta d'ingresso, dopo essere stata aperta, si richiude sbattendo piano e io rimango da solo. Mi accascio nell'angolo tra la porta e la parete e, ancora con i pantaloni sbottonati e il collo indolenzito, mi prendo la testa fra le mani. Ed ecco che la scarica d'adrenalina si affievolisce pian piano fino a svanire completamente, lasciando posto a nuove lacrime, singhiozzi incontrollati e un senso di vuoto mai provato prima.

Save me {jikook}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora