Capitolo diciassettesimo.

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"Jimin?"

Il temporale è oramai cessato completamente quando mi decido, dopo un ennesimo rumoroso avviso del mio stomaco, a svegliare il ragazzo profondamente addormentato al mio fianco. Mi dispiace farlo ma non ho nessun'altra alternativa. Potrei lasciarlo riposare e abbandonare le coperte senza farmi sentire, ma non riuscirei a girovagare liberamente per una casa che non è mia e che di conseguenza non conosco.

"Jimin?" lo richiamo ancora una volta a bassa voce e il diretto interessato, dopo essersi risvegliato e aver acceso la lampada sul comodino, si stropiccia gli occhi.

"Cosa c'è?" domanda adagiando nuovamente la testa sul cuscino e portando la sua attenzione su di me.

"Ascolta."

"Cosa?" chiede confuso e in quell'esatto momento, nel più completo silenzio, l'unico rumore udibile è quello di uno stomaco che brontola furiosamente: il mio.

"Ho fame" rispondo infine, giustificando i lamenti provenienti dal mio stomaco vuoto.

"Ti va la pizza che hai lasciato?" mi chiede allora e, appena dopo averlo fatto, sbadiglia.

Annuisco energicamente. Certo che mi va. E poi con quale coraggio potrei chiedergli di mettersi ai fornelli a quest'ora della notte? Anche se, conoscendolo, so che per me lo farebbe eccome. Farebbe questo ed altro.

Jimin scosta le coperte sgusciando via dal caldo rifugio. "Aspetta qui. La riscaldo e te la porto, okay?"

"Okay."

Perciò, dopo essermi messo su a sedere, rimango ad attendere il suo ritorno. Nel mentre non posso fare altro che guardarmi attorno, nonostante la sola fonte di luce della lampada posta sul comodino non raggiunga ogni angolo della stanza, e incontrando con lo sguardo l'ambiente che mi circonda. Un mondo che, pur non essendo il mio, mi trasmette protezione e uno strano senso di benessere. O forse è solo il profumo che aleggia attorno a me a farmi sentire così. Un inconfondibile profumo che sa di lui. Non avevo mai immaginato come potesse essere arredata la camera da letto di Jimin. E' così diversa se paragonata alla mia, l'estroso contrapposto al sobrio. Le pareti, tinteggiate d'un arancio tenue, sono tappezzate con decine di locandine di opere cinematografiche più o meno recenti, le mensole sono stracolme di libri e fumetti e il soffitto tappezzato di stelline fluorescenti che s'illuminano al buio. Indubbiamente un rimasuglio d'infanzia che, chissà per quale ragione, ha voluto conservare nel suo piccolo spazio privato. Sapere di farne davvero parte adesso non fa che rendermi felice ed estremamente grato.

Jimin ricompare qualche minuto più tardi con il cartone della pizza tra le mani e, dopo aver preso posto sul letto di fronte a me, me la porge. Lo ringrazio e comincio a mangiare in silenzio. Ma è quando avverto il suo sguardo soffermarsi sulla mia figura che porto il mio sguardo su di lui a mia volta. Difatti lo sorprendo a guardarmi, ciò però non gl'impedisce di continuare a farlo.

"Che c'è?" biascico con la bocca ancora stracolma di cibo.

"Niente." Fa spallucce sorridendo appena. "E' bello guardart-"

Ma Jimin non riesce a concludere la sua frase perché, con l'immensa grazia che da sempre mi contraddistingue, quasi gli spiaccico un trancio di pizza sulla bocca per farlo tacere.

"Aiutami a finirla."

La mia è palesemente una scusa, palese proprio come il mio imbarazzo. E' bello ricevere complimenti, ancor di più se sono da parte sua, ma non sono abituato a tutte queste attenzioni. Immagino però che dovrò imparare a farlo.

Jimin comunque sorride e infine acconsente tacitamente alla mia richiesta. Di certo non credevo che, pochi istanti dopo, le sue labbra si sarebbero posate sulle mie. Né tantomeno pensavo che, dopo aver approfondito il bacio, una volta allontanatosi da me mi sarei ritrovato a masticare il suo pezzo di pizza ancora integro.

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