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Quella maledetta foto se ne stava sulla cassetta, accanto al pacchetto di sigarette rimediato per strada e ai proiettili che fino a quel momento erano rimasti rinchiusi sotto una zolletta d'erba. Lo fissava con quei suoi maledettissimi occhi verdi e quel suo sorriso sbilenco che lo mandava fuori di testa. Chissà chi l'aveva scattata, Mickey era riuscito a fregarsela un giorno di qualche anno prima, Debbie stava cercando il fratello e girava per il quartiere con diverse foto, quella le era caduta e il vento l'aveva portata proprio davanti a casa Milkovich. Mickey avrebbe dovuto restituirla, ma alla fine se l'era tenuta, la considerava un piccolo trofeo, un portafortuna.
Eppure quel giorno si sentiva tutt'altro che fortunato con quell'Ian tanto giovane e felice che lo fissava dalla carta. "Dovevo lasciarla in carcere" bofonchiò incapace di guardare in quella direzione, era scappato solo qualche ora prima e proprio non era riuscito a lasciare quel pezzetto di carta sul letto, ma averla lì era comunque troppo per lui. Tornò a sparare contro il pilastro di cemento che sosteneva il ponte che collegava quel merdoso ghetto al resto di Chicago, laggiù si era sempre sentito al sicuro e ora, con la polizia che lo cercava per tutto il quartiere, ne aveva proprio. 

Appena scappato si era diretto verso l'Alibi, aveva sbirciato dentro ed era sicuro di aver visto Kermit guardare nella sua direzione eppure la cosa non lo preoccupava. Quelli del bar non avrebbero detto niente agli sbirri, avrebbero potuto dire qualcosa a Svetlana, sapeva che da qualche anno ormai lavorava in quel bar e che aveva iniziato una strana relazione con Veronica o con Kevin, l'aveva aggiornato, ma non l'aveva mai capita davvero. E comunque non era certo che lo stesse cercando, magari Ian si, ma forse non sapeva nemmeno della sua fuga. Quello che più lo spaventava era l'essere stato visto alla caserma dei pompieri, non sapeva nemmeno perché ci fosse andato, si era semplicemente ritrovato lì davanti a sbirciare dentro sperando, in cuor suo, di vedere una testa rossa girovagare tra gli attrezzi medici. Di Ian però non vi era traccia e così era corso via senza sapere se qualcuno lo avesse visto oppure no. Se qualche pompiere lo avesse visto sicuramente non sarebbe rimasto zitto, e le guardie avrebbero intensificato le ricerche, certi che il fuggitivo si trovasse ancora in zona. Sapeva che sarebbe dovuto scappare, ma il suo credo, da sempre, era che da quel ghetto non si scappa e poi lui era un Milkovich e i Milkovich non scappano, non senza tutti quei soldi che qualche stronzo ancora gli doveva. Così ora si trovava sotto quel vecchio ponte a sparare contro una vecchia colonna di cemento con una vecchia foto che gli fissava le spalle, stava perdendo tempo e lo sapeva, ma non voleva rischiare di farsi beccare in pieno giorno e non sparava da una vita, doveva recuperare.

Ian correva verso quella che ormai era l'ultima speranza. Come aveva fatto a non pensarci prima? Mickey adorava quel posto, era il SUO posto e a lui non era nemmeno venuto in mente di controllare. Eppure aveva cercato per tutto il quartiere, come poteva essere stato così stupido da non aver controllato prima? Quando Svetlana gli aveva spiegato la situazione lui era caduto nel panico più totale ed era corso a casa Milkovich per vedere se fosse tornato lì, ma Mickey non era stupido, non sarebbe mai tornato a casa dopo una fuga, troppo facile da trovare. Aveva continuato a cercare da tutte le parti: il campo da baseball, l'Alibi (dove un Kermit decisamente ubriaco sosteneva di averlo visto dalla finestra), nei parcheggi dove di solito andava a spacciare, aveva persino cercato nel negozio di Kash, ma aveva trovato solo Linda immersa nei conti. Insomma di Mikhailo Aleksandr Milkovich (così lo aveva chiamato la guardia che li aveva informati) non vi era nessuna traccia. poi all'improvviso ecco l'ispirazione: un tipo del bar era sicuro di aver visto qualcuno che corrispondeva alla descrizione, correre dal lato opposto di Homan Avenue, in direzione dell'autostrada, o meglio del ponte dove Mickey provava le armi nuove. E Ian aveva cominciato a correre

Il rimbombo di uno sparo lo spinse ad aumentare la velocità, la speranza di non essersi sbagliato che lo spingeva a correre più veloce. Ed eccolo lì, Mickey aveva ancora la tuta arancione, ma era strappata ai lati delle gambe e le maniche pendevano verso il basso, lasciando il petto fasciato da una vecchia canottiera sudicia. Un altro colpo partì dall'arma che impugnava, segno che ancora non lo aveva visto. Si avvicinò ancora e un pezzo di carta catturò la sua attenzione. Appoggiata ad una vecchia cassetta c'era una sua foto, sorrise guardando la sua immagine ringiovanita di qualche anno e la prese senza esitare. "Non la toccare" disse freddo Mickey, aveva abbassato la pistola, ma continuava a fissare il grande pilastro di cemento "Perché no? Dopotutto sono io." Rispose il rosso con la voce tremante per l'emozione, alzò la foto come per constatare la sua effettiva presenza fisica e aggiunse, abbassando il tono "Hai tenuto la mia foto." Mickey si girò a guardarlo e Ian lo trovò invecchiato di anni. Due enormi ombre scure andavano a contornare gli occhi azzurri che lo fissavano freddi, le cicatrici spiccavano sulla fronte bianca e sporca, qualche rughetta si era formata ai lati della bocca e degli occhi. Sembrava talmente stanco da risultare vecchio eppure per Ian non era mai stato tanto bello. 

"Ho detto lasciala. Tu non sei lui, quell'Ian è morto." Disse alzando la voce, preso dal nervosismo spostò l'arma fino a puntarla contro il ragazzo che sussultò sorpreso "TU SEI MORTO" urlò poi lasciandosi scappare un singhiozzo che andò a disperdersi nell'aria. Ian fece semplicemente un passo avanti tenendo le mani alzate "Sparami" fu quasi un sussurro, Mickey non rispose. "Se è quello che vuoi, sparami. Se pensi che riuscirai a dimenticarmi in questo modo, allora fallo." disse a voce più alta e riprese a camminare finché la canna non andò a piantarsi sul suo petto, l'altro sussultò, ma non la abbassò. "Perché ti sei portato dietro quella foto, Mick? So che sei venuto in caserma, il mio supervisore mi ha detto di averti visto scappare. Sei venuto a cercarmi. Tu volevi vedermi." constatò avvicinando il volto al suo, senza però spostarsi dalla mira della pistola "Se è vero che per te sono morto allora non avrai problemi a spararmi, no?" Mickey deglutì a fatica e premette di più l'arma contro il petto del ragazzo che replicò con voce strozzata "Mi dispiace averti fatto del male, merito il tuo odio. Ho mentito su tante cose, ma quando ti ho detto che ti amo ero sincero e so che tu mi ami ancora, me lo hai già dimostrato in tanti modi. Perciò sparami. Se vuoi uccidermi fallo subito, spara. Uccidi i tuoi problemi." 

Mickey vacillò, sentiva le gambe cedergli e il corpo tremare, una lacrima andò a rigargli le guance. Guardò un'ultima volta il volto di quel ragazzo che tanto lo aveva sconvolto. Gli anni passati erano stati un inferno, ma quelli prima ancora erano stati tra i più belli della sua vita, quel ragazzo dai capelli rossi era arrivato a sconvolgere la sua intera esistenza e poi era scappato. Lasciandolo solo in mezzo ad un mondo che ancora non riusciva a capire e che non lo capiva. Tornando gli aveva di nuovo stravolto i piani e questa volta a scappare era stato proprio lui, ma i Milkovich non scappano.

Senza distogliere lo sguardo, caricò il colpo.

ANGOLO ME

SONO TORNATAH

Okay, il capitolo è lungo e alquanto schifoso. Voi non potete capire quanto abbia penato per scriverlo. Avevo in mente tutt'altra cosa poi quando sono andata a scriverlo mi è venuta un'altra idea e in più ho voluto adattare la fuga di Mick agli spoiler che sono usciti in questi giorni, quindi è tutto abbastanza confuso. Con il prossimo cercherò di riordinare un po' le cose, ma non prometto niente.

E niente, grazie a chi continua a leggere e votare anche se non rispetto le date (SCUSATE, MA SONO NEL CAOS PIÙ TOTALE)

BEH buona lettura e tanti salviacorni a tuttih

Aspetterò | GallavichDove le storie prendono vita. Scoprilo ora