La vida seguirá.

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Quel giorno, fra i ragazzi, regnava la confusione più assoluta.
Mi ero seduto a terra, con il morale sotto i piedi, e il loro comportamento non faceva altro che aumentare la mia voglia di tornare a casa.
Era come se non si fossero accorti di me, continuando a bisticciare di continuo.
L'unica che sembrava far caso alla mia presenza era Behati, che mi osservava intensamente.
Dopo l'accaduto della spiaggia, non avevamo più parlato. Non sapevo nemmeno se si fosse dimenticata di ciò che ci eravamo detti, a dire il vero. Probabilmente si.

In quel momento, decisi di far finta di nulla e aprire un libro che mi ero portato dietro da casa.
Era scritto in maniera così minuta, che mi fece male la testa solo a guardarlo.
Come se non bastasse, le voci di quei ragazzi urlanti erano sempre più stridule.

-Avete finito di litigare? Non riesco a leggere.- Sbottai, alzando a malapena gli occhi dal libro.
Il caos, però, non diminuiva.
Stanco, mi arresi concentrandomi nella lettura.
Il libro parlava di una ragazza indiana costretta a sposarsi con un uomo di trent'anni più grande.
La trama era decisamente più lunga, e naturalmente, la storia finiva male.
Eppure, mi piaceva poiché era una storia vera e cruda. Era inutile leggere quei libri pieni d'amore e con il lieto fine, perché la realtà era completamente diversa.
Loro si sposano, ma prima o poi lei o lui tradisce l'altro oppure se si è felici e contenti, ecco che la ruota gira, portando solo tristezza e povertà. La vita è un po' una stronza in menopausa.

Alzai la testa dal libro, giusto nel momento in cui vidi un ragazzino, un certo Abud, sferrare un pugno ad un altro.
Spalancai gli occhi, lasciando cadere il libro per terra.
Ero sempre stato contro la violenza, non portava da nessuna parte.

-Smettetela, tutti quanti.- Sbottai a voce alta, mentre accorrevo a separare i due ragazzi. -Io non so cosa sia successo, non m'interessa, ma arrivare alle mani non mi sembra corretto. Non è da uomini. Ora sedetevi tutti, e non fiatate.

Tutti i ragazzi si misero a sedere, fatta eccezione per Gai, il ragazzo che era stato colpito.
Gli feci cenno di restare lì, mentre accorrevo a prendere un panno bagnato d'acqua da mettere sulla sua guancia colpita.

Il ragazzo mi ringrazió e io gli feci cenno di sedersi come tutti gli altri.
-Ciò che è successo oggi è stato grave ed incivile, perció Abud ora dovrai abbracciare Gai e scusarti. Non voglio nemici in questa classe.- Cominciai, e vidi Abud scuotere la testa ripetutamente. -Lui mi ha rubato la ragazza! Lo sapeva benissimo che mi piaceva Ajada!

-Beh, che bastardo, ma non per questo devi picchiarlo. Mostrati più maturo, non si arriva alle mani per nessun motivo, tanto meno per una fanciulla.- Dissi con l'ombra di un sorriso.
Notai immediatamente una ragazza sbattere le ciglia con aria sognante, perciò smisi subito.
Abud alzó gli occhi al cielo, e si affrettò ad abbracciare il compagno. Questione di due secondi prima di tornare a sedersi, imbronciato.

-Ti è mai capitato di picchiare qualcuno?- Mi domandó un ragazzo corpulento, seduto in seconda fila.
Io ci pensai su due secondi e scossi la testa. -Ho voluto a dire il vero, ma se l'avessi fatto, le avrei solo prese.

Scoppiarono delle risa fra i ragazzi, e notai che potevo considerarlo un miglioramento. Mi sentivo bene.
Un'altra ragazzina alzó la mano. -Dimmi, non c'è bisogno di alzare la mano. Non siamo a scuola.- Mi interruppi. -In realtà si, ma non importa. Parla pure.

-Ci racconti come mai volevi picchiare qualcuno? Era per una ragazza?- Chiese, e io feci una smorfia. -Non mi sembra il caso, è poco educativo!

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