Que pasa.

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Eravamo tutti e tre attorno al tavolo, con una tazza di tisana fumante davanti.
Ruth andava matta per gli infusi, ne beveva di tutti i tipi.
Diceva che erano manna per la sua gola. Infatti, era l'unica che stava bevendo quell'intruglio.
Io l'assecondavo per non recargli un dispiacere e Behati sembrava scettica di fronte al colorito verdognolo della tisana.

-Cosa c'è Beha?-
Mi stavo preoccupando a vedere il suo viso così scuro in volto.
Il medico e lo psicoanalista mi avevano detto che aveva fatto notevoli passi avanti, ma a me non sembrava. Se fosse stato così, non si sarebbe scordata di me.

-Credo di voler tornare a casa.- Affermó la ragazza, con gli occhi fissi sulla tazza.
Aveva uno sguardo differente da quello mostrato poche ore prima. Non era spaventata bensì determinata.
C'era anche dell'amarezza in quello sguardo.

-La cura non è finita, c'è ancora una speranza.- Cercai in tutti i modi di convincerla.
Forse in quel momento fui egoista. Non si trattava solo di lei e della cura, ma anche di me. Non potevo e non volevo immaginare le mie giornate senza di lei.
Era diventata parte fondamentale della mi vita, una sorta di sorella minore.

-Non serve.- Scosse la testa, con un sorriso rammaricato. -Vi ho sentito prima, quando raccontavi a Ruth della mia storia. Ricordo tutto.

Le lacrime cominciarono a bagnarle il viso, scendendo a fiotti.
Ruth, che aveva da sempre un grande istinto materno, l'abbracció.
Io, invece, rimasi impietrito.

-Cosa?-
Forse dovevo essere felice della notizia, ma non lo ero per niente. Temevo che questo potesse avere gravi ripercussioni su di lei.
Behati si asciugó le lacrime con la manica del pigiama, guardandomi sempre con lo sguardo dispiaciuto.

-Credo avessi un blocco, mi rifiutavo di pensare a ciò che è successo quella sera.- Tiró su con il naso. -Volevo dimenticare tutto, ma è un errore. Non posso farlo e non devo farlo.

-Invece si, puoi farlo.- Scosse la testa.

-No, devo andare avanti, ricominciare da capo. Non chiudermi in me stessa, devo fidarmi di chi mi vuole davvero aiutare.
È grazie a te che ho cambiato idea.-

Socchiusi gli occhi, mentre stavolta toccava a me piangere.
Per non mostrare la mia debolezza mi fiondai sulla tisana, trattenendo il disgusto per il sapore amarognolo.
Un giorno Ruth mi avrebbe spiegato cosa ci trovasse di delizioso in quelle erbe.

-Se vuoi restare, sei la benvenuta, ma se vuoi andartene, non ti fermerò.- Cominciai, imponendo alla mia voce di non tremare.

-Grazie.- Sussurró lei, con un sorriso sincero. -Ma l'Africa mi manca. Qui è così diverso, non mi potrò mai abituare a tutto questo lusso.
Mi mancherai, Álvi, ma ti lascio in buone mani. Ruth mi piace, spero possa perdonarti.

Stavolta fece un gran sorriso a Ruth, che le diede un buffetto sulla guancia.
Nonostante il suo sguardo tranquillo, notai una nota di malinconia negli occhi della brasiliana.

-È stato un piacere conoscerti, Behati. Sei una donna forte, ti auguro la fortuna di tutto questo mondo. Se vorrai mai tornare a fare le vacanze in Europa, io ed Álvaro saremo felici di ospitarti.

-Mi piace il tuo uso del plurale.- Intervenni io, facendole ridere. -Ma Ruth ha ragione, ti aspettiamo con una tazza di tisana ogni volta che vorrai.

-Va bene anche senza tisana, senza offesa Ruth, ma è una roba oscena.-

Quello sembró alleggerire l'aria pesante che si respirava.
Restammo gran parte della notte a parlare del più del meno, senza tornare sulla decisione di Behati. Aveva deciso di rimanere altri cinque giorni, giusto il tempo di organizzarci per bene.

[...]

-Dove mi stai portando?- Behati mi sembrava seguire con aria curiosa.

Non avevo perso assolutamente tempo, se doveva partire per tornare a casa non poteva farlo senza prima vedere la città.
Le avevo già fatto vedere il Camp Nou, che aveva trovato immenso, dove aveva fatto una grande riflessione filosofica: come mai c'era così tanta gente disposta a spendere un centinaio di euro a settimana per vedere una partita di calcio?
Se Ruth l'avesse sentita, probabilmente sarebbe stata la fine di un'amicizia. La brasiliana, infatti, amava tanto il calcio.
Le avevo mostrato l'interno della sagrada, che aveva trovato abbastanza insignificante. (Era stata un'impresa per me non imprecare, essendo io un'amante dell'architettura).
Infine, le aveva fatto vedere il mare, dove aveva specificato che quello di Mombasa è tutt'altra storia.
Ma io non mi ero scoraggiato, avevo in mente un posto dove assolutamente si sarebbe trovata bene.

-Alla Boqueria, il mercato.- Lei aggrottò le sopracciglia.

Avevo bene in mente il mercato africano, ed era molto differente da ciò che l'aspettava.
La Boqueria ospitava più di 300 bancarelle, ed era assolutamente meta di visitatori di tutto il mondo. Per me, era un angolo di paradiso.

-E che c'è di particolare?- Era chiaramente scettica, ma ero davvero convinto che si sarebbe ricreduta.

-Vedrai.-

Quando finalmente arrivammo, poco prima dell'ora di cena, c'era ancora tanta gente.
Per non perderla, la presi per mano, e notai subito un certo rossore sulle sue guance. Fu in quel momento che mi venne in mente che forse non aveva mai avuto un ragazzo.
Potevo capire che quello fosse l'ultimo dei suoi pensieri, ma Behati si sottovalutava parecchio.

Aveva una bellezza particolare: la pelle color cioccolato, lunghi capelli ricci e neri e occhi scuri come la notte, con quella nota malinconica che mai li abbandonavano.
Senza dire nulla a Behati, mandai un messaggio a Ruth, chiedendole se aveva da fare quella sera. Avevo una vaga idea su come far uscire la parte femminile di Behati, e solo Ruth poteva aiutarmi.
Behati si guardava attorno, fingendo disinteresse, peccato che i suoi occhi la tradissero. Vagavano da una parte all'altra, da bancarella a bancarella, brillando di interesse.
Gli odori, i colori, e l'allegria che trasmetteva il più grande mercato della Catalogna, la facevano sentire a casa.

-Posso assaggiare un frullato?- Mi domandò timidamente, una volta di fronte ad una bancarella che vendeva frullati fatti con la frutta fresca. Annuii, con un sorrisetto soddisfatto.

Lei ne prese uno al cocco e banana, io ne presi uno dal colorito violaceo, alle more.
Ci sedemmo su una panchina, poco fuori il mercato, e mentre sorseggiavamo il frullato, decisi di dirle l'ultima nostra meta della giornata.

-Spero tu non sia stanca, perchè c'è un'ultima sorpresa.- Le annunciai, con un sorrisetto che la sapeva lunga.

-E riguarda Ruth?

Io spalancai gli occhi. Come faceva a saperlo?

Lei rispose alla mia domanda muta, indicandomi una ragazza che stava venendo verso la nostra direzione, che riconobbi subito come Ruth.

Ci salutó entrambi con due baci sulla guancia, per poi sedersi sulle mie ginocchia, rubandomi il frullato dalle mani. -Le hai già detto cosa faremo stasera?

-Glielo stavo giusto per dire.-
Ecco, in quel momento vidi lo sguardo terrorizzato di Behati nel vedere me e Ruth coalizzati contro di lei.

-Beh...?-

-Andremo in un locale, anzi, il locale dove ci siamo conosciuti io e Álvi..- Sussurró Ruth, battendomi il cinque.
Non tornavo in quel locale da anni, e l'idea mi elettrizzava. Li era dove era cominciato tutto.
-E Ruth ti vestirà e truccherà, ci vedremo direttamente li.-
Ancora non aveva assolutamente idea di cosa la stava aspettando.
Volevo che quella serata le rimanesse impressa in mente per sempre, che fosse indimenticabile.

Ojalá, ojalá dijera
Lo que más, lo que más desea
Si me acerco ella más se cierra
Estará y seguirá a la espera
{Que Pasa; Álvaro Soler.

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