Sofia.

138 21 3
                                    

-Ti piacerà, vedrai.-
Convincere Behati a venire al ristorante con me fu davvero divertente.
Avevo deciso di rendere quella permanenza a Barcellona il più possibile piacevole, ma avevo scordato quanto lei fosse così diffidente alle cose nuove.
Pensava che andare al ristorante fosse una cosa troppo impegnativa per lei, ma io ero lì per ricordarle che c'era sempre una prima volta per ogni cosa.
Rimaneva poco convinta.

-Certo, ma se non finisco di mangiare tutto?- Ecco che partiva con le domande. Era così in ansia!

-Ti portano in prigione, e non vedrai più la luce.- Replicai tranquillamente, facendole sbarrare gli occhi.
Scoppiai a ridere, non credendo che lei fosse cascata al mio stupido scherzo.
Behati strinse gli occhi, incrociando le braccia sotto il seno.

-Non è divertente, Alberto.- Sbuffó, non parlando per tutto il viaggio.
Continuai a guidare con un sorrisetto dipinto sul volto, mentre lei guardava fuori dal finestrino.
Era così curiosa, ed era buffo vederla sussultare ogni volta che vedeva qualcosa di nuovo ai suoi occhi. Per me era tutto così abituale.

Behati indossava dei vestiti che Ruth aveva dimenticato a casa mia, una maglia bianca che risaltava molto sulla sua carnagione scura, una felpa rossa e un paio di jeans strappati.
Quando le avevo dato i vari vestiti, li aveva squadrati con una certa perplessità. Non aveva mai dovuto indossare una felpa in Africa, e soprattutto non aveva mai indossato abiti così commerciali.

Avevo scelto un ristorante alla mano, così che non si sentisse troppo a disagio.
Eppure quando entrammo, lei non poté fare a meno di sentirsi elettrizzata.
Mi strinse forte un braccio, come se temesse di cadere.
I suoi occhi andavano da una parte all'altra della grande sala, perdendosi in tutti quei minuziosi dettagli.
Quasi inciampó nei suoi piedi, ma fortunatamente c'ero io a sorreggerla.
Divertente fu la scena in cui le fu dato in mano il menù.
Non sapeva assolutamente cosa prenotare, perciò la indirizzai verso paella e sangria.

-Álvi, cosa diavolo mi hai prenotato?- Mi domandó per l'ennesima volta.
Ormai ero abituato, perciò non sbuffai nemmeno più.
Speravo che le cure che le avrebbero dato qui a Barcellona l'avrebbero aiutata.
C'erano tanti se, peró.

-Paella e Sangria. Ti piaceranno.- Replicai, con un sorriso. -E ho preso lo stesso per me prima che tu me lo chiedi.

Lei sembró sorpresa dalla velocità della mia risposta, e si diede una manata in testa. -Te l'ho già chiesto, non è vero?

Annuii. -Non fa niente, Beha.

Lei, però, sembró ugualmente dispiaciuta. Si doveva sentire un peso, ma se fosse stato così, non sarebbe stata lì con me.

-Vieni spesso qui?- Mi chiese, per spezzare il silenzio che si era creato.
Sorrisi, cogliendo l'opportunità per alleggerire la situazione. -Non venivo da tantissimo tempo. È il ristorante preferito di Paula, mia sorella.

-E anche di Ruth?- Mi chiese a bruciapelo, e mi accorsi solo in quel momento che non mi stava guardando. I suoi occhi andavano oltre la mia figura.
Avevo una strana sensazione, perciò rimasi immobile. Davo le spalle agli altri tavoli, quindi non avevo assolutamente idea di cosa succedesse dietro di me.

-So che le piace questo posto.- Dissi lentamente. -Perché?

-Perché è qui. O almeno, c'è una ragazza che assomiglia incredibilmente a quella della foto che c'è a casa tua.-
Il mio cuore perse un battito, mentre promettevo a me stesso di non girarmi di scatto. Mi avrebbe notato sicuramente.
Dovevo prima captare alcune informazioni.

-È con un ragazzo o con amiche?- Cominciai, mentre Behati scrutava il tavolo della ragazza.

-Ragazzo.- Disse, con un'espressione dispiaciuta. -È abbastanza alto, ed è biondo. Sembrano quasi bianchi i suoi capelli. 
Ed è molto figo, mi dispiace.

Esperándote.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora