Passarono due giorni prima che Louis si risvegliasse dal sonno che lo aveva intrappolato quel tardo pomeriggio. Harry aveva chiamato l'ambulanza in tempo, gli aveva salvato la vita, gli era stato detto; ma l'unica cosa che Harry sentiva era uno strano macigno che gli pesava sullo stomaco. Era rimasto in quella dannata stanza d'ospedale quanto poteva e per il resto del tempo aspettava di poter entrare per poter essere presente al momento del risveglio del minore, essendo l'unica persona a lui vicina, i suoi genitori non erano rintracciabili da tempo.
Quella fredda sera Harry sentì le coperte del lettino muoversi leggermente ed alzò lo sguardo istintivamente.
«Lou?» chiese alzandosi con la voce spezzata. Louis si alzò sui gomiti ricevendo un forte abbraccio da parte del riccio.
«Louis non lo fare mai più, mi ha fatto preoccupare da morire! Giuro che non ti staccherò mai più gli occhi di dosso.» poi si allontanò per vedere il ragazzo nel completo, ricevendo solo uno sguardo di completa indifferenza. Louis lo guardò esattamente come guardava tutti gli altri.
«Ehm... ti hanno assegnato una psicologa per superare... la... cosa, e hanno detto che guarirai presto. C'era solo un taglio più profondo degli altri, che deve averti provocato lo svenimento» insicuro Harry continuò a spiegare a Louis la sua condizione. Il liscio non spiccicò parola, continuando a fissarlo, passando dall'indifferenza, alla rabbia, alla delusione. Si era ripromesso di non parlarci più, Louis. Aveva giurato a sé stesso che non avrebbe più interagito in alcun modo con Harry Styles, avendo paura di effettivamente affezionarsi ad una persona che poi tanto lo avrebbe ferito.
Prese dalla sottospecie di comodino accanto a lui un blocchetto ed una penna e scrisse:
"Non lo faccio per ricevere attenzione, lo faccio perché mi calma." Poi lo porse al maggiore e si rimise a dormire.
«Ehm... Lou... mi hanno detto che stanno procedendo al tuo sfratto, come mai non me lo avevi detto?» Harry mise il bigliettino in tasca e si impose di pensarci poi. Ora doveva assolutamente parlare della casa di Louis.
«Mh...» fece questo, lasciando uscire un piccolo sbuffo dalle narici.
«Lou hai un altro posto dove andare vero? Domani ti rimetteranno e voglio essere sicuro che tu stia al caldo.» il riccio posò in mano sul braccio del minore, che si gelò sotto il suo tocco, ma poi annuì risoluto.
«Dove?» diamine quanto avrebbe voluto che non facesse quella domanda, che per una volta se ne fregasse di lui.
«Affari miei.» mugugnò da sotto le coperte verde ospedaliero.
«Dove Louis?» insistette.
«Perché vuoi saperlo? A te non interessa davvero.» lo disse, eccome se lo disse. Lo pensava davvero, anzi, ne era convinto, ma dopotutto non glielo aveva mai confessato.
«Porca puttana Louis, smettila. Smetti di piangerti addosso, cazzo. Smetti di incassare colpi e reagisci, per la miseria! Credi davvero che non mi interessi di te? Mh? Lo pensi davvero?» sbottò Harry all'improvviso, facendo sobbalzare Louis. In effetti il liscio sperava in qualche modo che non gli importasse di lui, sperava che la voce nella sua testa avesse torto, solo per dirle un'altra volta "te l'avevo detto", perché lui lo aveva sempre saputo che alle persone non interessasse qualcuno orribile come lui, ma una fastidiosa voce continuava a ripetergli che con Harry sarebbe stato diverso. E cavolo se non vedeva l'ora di sputarle in faccia la verità.
«Beh ultime notizie Tomlinson, mi importa. Mi importa che tu non ti faccia del male, mi importa di dove starai a vivere ora che non hai più quell'appartamento. Mi importa moltissimo del fatto che tu puoi migliorare perché cazzo, ti stai perdendo la vita! Perdi ogni secondo della tua vita a rimpiangere di essere te stesso eccetera, ma sai una cosa? Tu vai bene così come sei, anche se quegli stronzi a scuola ti insultano, a me piaci così.
Non pensare a quelli, pensa alla vita che hai davanti pensa che c'è un futuro per tutti!» Harry era su tutte le furie, non poteva vedere un ragazzo come Louis piangersi addosso e non reagire.
«N-no tu non capisci Harry... io... il mio futuro non lo vedo, non vedo altro che un ragazzo idiota ed inutile, non c'è niente al mondo per me, perché non merito nulla. La mia non è vita, Harry, è un inferno. E te lo giuro, passo ogni secondo a pensare a come uscirne, ma non ci riesco. L'unica cosa che mi riesce bene è questa» Louis si girò verso Harry, mettendosi seduto e gli mostrandogli i tagli che aveva sul corpo, piangendo impercettibilmente.
"Ed è qui che ti sbagli. La vita, Louis, è anche fatta di sofferenze, ma quello che dobbiamo fare è reagire! Se non reagiamo crolliamo, e non possiamo permettercelo, non possiamo permetterci di entrare in quel circolo vizioso da cui è difficile uscire. Tu ci sei dentro, è vero, ma io so per certo che tu, Louis Tomlinson sei in grado di uscirne. Cazzo io credo in te e mi fido del fatto che ne uscirai, ne usciremo, insieme.» Harry cercava disperatamente di convincere Louis in quella fredda notte autunnale.
«Ora sei tu che ti sbagli, tu non ti fidi di me, altrimenti non avresti preso la mia lametta.» Louis colpì ferocemente Harry con l'insicurezza nascosta in quelle parole. Aveva ragione.
«Hai... Hai ragione, scusa, non avrei dovuto dubitare di te. Però ti prego Lou, per favore non farti del male.» Harry prese le mani fredde del liscio nelle sue stringendole forte. Un pesante silenzio si impossessò della stanza, lasciando che le teste dei due ragazzi elaborassero una risposta.
«Harry...» il maggiore stava abbattendo ogni barriera, stava distruggendo i muri che Louis continuava a costruirsi intorno.
«Io non... non so dove andare... non ho più una casa... sono finito Har...» le braccia marchiate del minore strinsero il corpo del riccio ed i suoi occhi glaciali si sciolsero in un istante, lasciando tracce bagnate sulla felpa grigia del maggiore. Harry rispose all'abbraccio ma, temendo di far male al piccolo, contenne la forza che davvero voleva metterci.
«Se vuoi puoi venire a stare da me, sarebbe un piacere, sai?» ridacchiò dopo qualche secondo, per alleviare la tensione nella stanza.
«N-no Har non posso approfittare così di te, devo... devo trovarmi un lavoro e-e una nuova casa, m-magari un po' meno... costosa...»
«Bravo, così si fa! Ma intanto che tu signorino cerchi un lavoro, e lo devi cercare sul serio, puoi venire a stare da me, nessun problema.» il riccio sorrise soddisfatto, poggiando la fronte su quella del ragazzo di fronte a lui, posando lo sguardo prima nei suoi occhi poi sulle sue labbra sottili, bramandone il sapore. Le sue mani erano poggiate sui fianchi pronunciati di Louis, mentre stava in piedi tra le sue gambe leggermente divaricate.
«Signor Styl-ehm, mi scusi... sono arrivata in un momento poco opportuno, beh, vado a dire al dottore che si è svegliato. Scusi» l'infermiera spalancò la porta della stanza, arrossendo improvvisamente ed uscendo in fretta e furia. Louis rise dolcemente, diventando un po' rosso in viso, mentre negli occhi di Harry non smetteva di esserci la sua snella figura, ancora seduta sul lettino.
«Appena ti dimetteranno ti porterò a casa, vedrai, ti piacerà.» Il più grande sorrise soddisfatto, vedendo l'espressione rilassata che giaceva sul volto del ragazzo liscio.
«Ha-Harry?» Chiese quasi bisbigliando Louis, in modo che solo il più grande potesse sentirlo.
«Si piccolo?»
«M-mi... mi da un b-bacio?» nemmeno finì di balbettare che il maggiore aveva poggiato le sue labbra morbide sulle sue, rinsanendole ancora una volta. Gli schiocchi dolci riempivano il silenzio della stanza d'ospedale, rendendola un po' più casa. Ma forse Louis si sbagliava, forse casa non era un luogo, forse la sua casa era proprio Harry.
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Semicolon {L.S.}
FanfictionCosa succederebbe se un banale simbolo di punteggiatura, come un punto e virgola, diventasse simbolo di un amore? Cosa realmente accadrebbe se le cicatrici sulla pelle di un ragazzo scomparissero proprio a causa di quell'amore?