CAPITOLO 27: MOSCHE

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Jenny riaprì gli occhi, di nuovo nel presente, e si mise seduta. Sperò di non essere rimasta priva di sensi per più di qualche secondo. Tristan e Sarah avevano continuato la loro salita senza accorgersi che lei ed Heban erano rimasti indietro.
Lui le si era allontanato di qualche passo, per quanto la stretta rampa lo permettesse, e la fissava con sguardo offeso.
-Mi... mi dispiace- balbettò Jenny, rendendosi conto di essere venuta a conoscenza di un grande segreto, senza permesso. Heban non la aiutò a rialzarsi, la evitò e ricominciò a salire le scale, riavvolgendosi per bene le bende intorno alle dita e paralizzandosi ad ogni scossone. Jenny si rimise in piedi e lo seguì mantenendo le distanze. Quando raggiunse la cima della torre, le urla della battaglia la disorientarono per qualche istante, poi riuscì a mettere a fuoco la situazione. Tutti i Roof Jumper e i loro alleati stavano combattendo contro grifoni, cavalieri, mostri che Jenny aveva sempre ritenuto mitologici e una vera e propria legione di meduse umanoidi armate fino ai denti.
Una gigantesca oca con un grembiule da infermiera volava in cerchio al di sopra della battaglia e arrivava in soccorso di ogni Roof Jumper che sembrava averne bisogno.
Due individui controllavano lo svolgersi della battaglia senza intervenire, tenendosi a distanza e dando a volte dei segnali ai guerrieri.
Uno dei due Jenny lo riconobbe, poiché era stata la più grande paura di Moiry: Grifon.
L'uomo baffuto seguiva con sguardo superbo il combattimento. Persino a quella distanza, Jenny notò gli occhi dalle iridi bianche.
L'altro individuo era una donna mai vista prima con un lungo vestito azzurro ricoperto da perline luccicanti: probabilmente Blukroma.
L'esercito della donna non riusciva ad avanzare fino a dove si trovava il gruppetto grazie all'ultima barriera di Sarah, che però si volatilizzò ad un semplice gesto della signora dall'aria austera, permettendo ai suoi soldati medusa di avanzare.
Nel momento in cui lo scudo si infranse, Sarah aprì gli occhi e fece scaturire un'onda di energia che disintegrò i nemici più prossimi.
Poi abbassò lo sguardo, gli occhi di un viola incredibile -Non ci sono più difese-.
Tristan alzò leggermente il mento, per sembrare più sicuro di quanto in realtà non fosse, e replicò -Non voglio arrivare al punto di averne davvero bisogno. Possiamo batterli-.
Detto ciò, si incamminò verso la fine del tetto, pronto a lanciarsi (letteralmente) nella battaglia.
-Amico mio!- salutò il Cavaliere di Grifon, atterrando pesantemente sul tetto del Quartier Generale, crepando tegole e cemento. Tristan si fermò ad un passo dal parapetto e sibilò -Non chiamarmi così-.
Il Cavaliere avanzò di qualche passo con atteggiamento spavaldo -Oh, non stavo parlando con te, ma con lui- e fece un cenno verso Heban, il quale si irrigidì. L'incappucciato voltò poi la testa con uno scatto verso Tristan e lo fissò come per chiedere un permesso.
Quando il ragazzo dalle cicatrici nascoste annuì, Heban si scagliò contro il Cavaliere di Grifon senza lasciargli il tempo di dire altro.
Sapendo che l'amico si sarebbe occupato di quel nemico, Tristan poté tuffarsi nella battaglia, al di là del cornicione, seguito da Sarah.
Jenny rimase sola, ma non restò con le mani in mano. Sfruttando come meglio poteva il potere della Fenice, riuscì ad abbattere numerosi nemici; come mosche. Ma ad ogni cattivo abbattuto, ce ne era sempre un altro pronto a prendere il suo posto.
La ragazza lanciò di sfuggita un'occhiata ai suoi compagni. Tristan inceneriva un cavaliere dopo l'altro, saltando di grifone in grifone, senza mai fermarsi a riprendere fiato; Sarah scioglieva i soldati medusa in una poltiglia gelatinosa, tenendoli lontani dal tetto; Heban era concentrato in uno scontro alla pari con il Cavaliere di Grifon, dove avrebbe perso chi si sarebbe distratto o stancato per primo.
Quella guerra sarebbe potuta andare avanti per giorni tanto era alla pari, perché i nemici erano in numero maggiore, ma non combattevano secondo precise tecniche come invece facevano i Roof Jumper; erano uno sciame disordinato.
Jenny sentiva già le braccia farsi pesanti e, distratta dalla stanchezza, non vide arrivare un fulmine blu scagliato contro di lei.
Lo notò con la coda dell'occhio e, nella frazione di secondo che la separò dall'impatto, ebbe modo di sentire i capelli rizzarsi in testa per la certezza che sarebbe morta.
Fortunatamente, prima che il fulmine potesse raggiungerla, un Roof Jumper le si parò davanti appena in tempo per deviarlo e poi tornò alla battaglia.
Qualcosa si scosse in Jenny; tutte quelle persone stavano rischiando la vita e combattendo per lei, o meglio, per la Fenice che portava dentro. D'un tratto ricordò la frase che aveva sentito dire da Venius ad Heban, la prima volta che era stata nei suoi ricordi: "E' questo che la Fenice fa per noi, ci protegge, e lo fa perché noi contiamo su di lei". Fino a quel momento le cose non erano andate così, Jenny si era sentita un peso per il gruppo.
Beh, non lo sarebbe più stato!
Da quel momento combatté con una forza nuova.
Pur restando concentrata nell'impedire che i nemici atterrassero sulla torre, notò una piccola medusa fluttuante raggiungere Blukroma e avvicinarsi al suo orecchio per riferirle un messaggio.
L'espressione della donna variò quasi impercettibilmente, poi lei si voltò verso Grifon e gli pose una domanda. Per via della distanza, Jenny non riuscì a sentire cosa si stessero dicendo, ma quando Blukroma e Grifon puntarono contemporaneamente lo sguardo su di lei, con un brivido si rese conto che l'argomento della loro conversazione era il fatto che fosse ancora viva.
Grifon cercava di rimanere impassibile, ma Jenny poteva immaginare ogni suo pensiero.
Il principale doveva essere stato: "perché la ragazzina è qui e non in una delle mie carceri?".
Blukroma invece assottigliò gli occhi, probabilmente chiedendosi; "perché la ragazzina è ancora viva?".
E mentre tra i due iniziava una discussione pacata che però lasciava trapelare l'aumentare della rabbia, Jenny si impegnava a salvare l'oca infermiera dall'attacco di un soldato medusa a cavalcioni di un grifone.
Fece il salto più grande che ebbe mai fatto e, arrivata alla quota dell'oca, si rese presto conto che la gravità aveva smesso di avere effetto su di lei. Non ebbe il tempo di stupirsene, si fiondò subito contro il nemico che minacciava l'oca e lo disintegrò. L'oca la guardò, le fece un cenno di ringraziamento e tornò alla sua mansione di infermiera.
Jenny rimase sospesa lassù, anche perché non aveva idea di come tornare giù.
In quell'istante avvenne un fatto che avrebbe cambiato le sorti di quella guerra: arrivarono i rinforzi.

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