PROLOGO.

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La luce che filtrava dalla finestra illuminò il viso del giovane, creando ombre fra i suoi capelli corvini e sottolineando la bellezza.

Le ciglia risplendevano alla luce mentre le labbra carnose, e rosee, erano schiuse. Ad accompagnare quella visione c'era il leggero russare del giovane, respiri pesanti per via dell'aria soffiata dal naso.

Il giovane, Harry era il suo nome, strizzò gli occhi infastidito da quella luce improvvisa.

Arricciò il naso e tentò di sfuggire ai raggi solari rifuggiandosi fra le coperte e, dunque, rigirandosi nel letto.

Evidente come il piano fosse fallito, e dopo un altro paio di tentativi, si mise a sedere: il volto non solo stropicciato dal sonno ma, ora, anche contorto dal fastidio di un risveglio evidentemente non voluto.

I segni del cuscino erano ancora ben presenti, indice di una dormita lunga e probabilmente di gusto.

Harry sbattè le palpebre più volte, con estrema lentezza. Non vi era alcuna fretta, nessuno lo stava inseguendo e il calore di quei raggi solari parevano rasserenarlo al punto da muoversi con totale tranquillità.

Prendendosi il suo tempo, dunque, iniziò ad osservare e mettere a fuoco tutto ciò che lo circondava: era seduto al centro di in un ampio letto dalle lenzuola di seta nera che, a sua volta, si trovava vicino a una grande finestra.

Il letto era accostato alla parete di sinistra, al centro. Il resto della stanza era piuttosto spoglia, senza considerare l'armadio fin troppo ampio per la poca scelta di vestiti che, generalmente, aveva.

E finalmente realizzò, come se gli avessero tirato un pugno in pancia sbarrò gli occhi e si alzò in piedi. Di scatto.

"Dove sono?".

Il tono basso, la voce ancora roca per via del sonno e una sensazione di confusione quasi soffocante.

Si sentì come mancare per via della non familiarità con la stanza, con la situazione in generale.

"Buongiorno, signor Potter" una voce meccanica arrivò alle sue orecchie, come se avesse ascoltato ed osservato tutto.

"È pregato di recarsi in soggiorno. Lì le verrà spiegato tutto".

Harry sussultò, seppur la voce non avesse particolari inclinazioni era evidente come non avesse altra scelta se non obbedire.

Eppure non capi', da dove veniva quel suono?

Ricercando gli occhiali fra le lenzuola, e con la visione più chiara, noto' finalmente gli angoli della stanza che prima neanche immaginava di poter vedere.

In prossimità del soffitto, nei quattro angoli adesso messi a fuoco, potè vedere degli altoparlanti da cui, era evidente, quella voce era arrivata.

"Chi sei?" tentò, perché non aveva motivo per non farlo.

Era una situazione sconosciuta, nuova, e il porsi domande era ovvio.

"Come già detto, signor Potter, vada in salotto e avrà delle spiegazioni".

Harry sbuffò, non esattamente sorpreso. Avrebbe dovuto aspettarsi una risposta simile, seppur la situazione paresse ancora assurda.

Nom era sicuramente ciò che desiderava, ma fece comunque quello che gli era stato detto.

Non aveva né la voglia né la forza di discutere di prima mattina.

Si passò, allora, una mano fra gli indomabili capelli corvini e si sistemò gli occhiali sul naso cercando di darsi un ordine generale.

Uscito dalla stanza si trovò in un lungo corridoio, lo percorse perplesso.

Sulle pareti che lo segnavano, e delimitavano, si trovavano varie porte chiuse.

Dopo averlo percorso, esaminando e memorizzando le immagini e i dettagli, sbucò su quello che gli parve il salotto: una grande stanza fornita di divano con penisola - era posizionato di fronte alla televisione-, due poltrone per la lettura posizionate in un angolo e, infine, vari mobili antichi impedivano alla stanza di sembrare spoglia e senza vita. vuota.

Harry rimase ancor più sorpreso nel notare un ragazzo biondo platino, e sbuffante, seduto sul divano.

"Malfoy?"la voce fece trapelare tanta incredulità quanto fastidio.

Sicuramente non qualcuno che voleva vedere, sopratutto in una situazione così nuova e di prima mattina.

" Potter".

Rispose con disprezzo quello che, inevitabilmente, era Draco Malfoy. In persona.

I due si fissarono, a lungo. E se uno sguardo avesse avuto il potere di uccidere, con sicurezza i due in quel momento sarebbero morti stecchiti da un pezzo.

Ottimo inizio, pensò Harry, trapelante di sarcasmo e con un incipit di emicrania.

"Signori, accomodatevi".

La voce, questa volta, proveni' dal televisore.

Per la precisione, dalle casse ai lati di esso che, inquietantemente, presentava una schermata completamente nera che passava l'immagine di un enorme punto interrogativo.

Harry sbuffò e si sistemò sul divano, il più lontano possibile dal biondo.

La cosa più assurda non era neanche che stesse obbediendo, ma che ci dovesse essere proprio Draco con lui.

"Siete qui per un gioc-" .

"Perfetto, posso anche andarmene allora" tagliò corto Draco, interrompendo l'anonimo senza rimpianto o rimorso.

"No, signorino Malfoy, non potrete andarvene fino alla fine di esso. Il gioco, come stavo provando a spiegare, consiste nel rimanere in questa casa fino a che non vi sarà detto il contrario. Solo voi due. Vi saranno vari livelli ed ogni volta che si passerà da uno all'altro le distanze tra i soggetti si accorgeranno e, i luoghi in cui potrete andare da soli, saranno sempre meno".

Harry strabuzzò gli occhi, non sapeva che dire.

Sentiva la salivazione annullarsi e a fatica deglutiva.

Da solo, con Draco. Draco Malfoy.

Era decisamente più propenso a spararsi un colpo sul testicolo destro.

Draco sembrò furioso, anche se questo termine parve un eufemismo.

La furia non era abbastanza per descrivere ciò che il biondo stava provando, a quella scoperta.

"State scherzando, vero? Non sprecherò del tempo prezioso con lui!".

" Non avete scelta, questo è il gioco e voi siete i concorrenti. Vi manderemo le regole che dovrete, assolutamente, rispettare e ogni giorno vi daremo il cibo e ogni cosa di cui avete bisogno. In più avrete dei bracciali, questi segneranno quando vi separerete oltre la distanza concessavi e, in cambio, vi restituirà una scossa".

"È una follia..." Sussurrò pressapoco sconvolto Harry.

"Non ci posso credere" disse invece Draco.

I due, con calma -una cosa di cui in realtà non erano affatto dotati-, si ripresero. se così, almeno, si poteva dire. Avevano, semplicemente, perso la voglia di urlare e bestemmiare.

"Non abbiamo altra scelta, vero?" Domandarono all'uniono, rassegnati all'idea di passare del tempo assieme. Sapevano, e avevano intuito, che protestare non avrebbe portato a nulla.

La voce esitò e poi parlò.

"Che il gioco inizi".

Il Gioco||Drarry Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora