capitolo 24

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Dopo aver finito la colazione  (Per me la seconda), tornò in camera sua, ovviamente io la seguii, perché non avevo niente da fare.
Appena entrati in camera sua, mi guardai intorno. In effetti era da tanto che guardavo davvero la sua camera. I mobili erano sempre quelli: sempre grande armadio, letto spazioso, scrivania in legno, librerie... si alternavano il verdino e l'azzurro: le pareti blu, la sedia verde, cassetti alternati... la cosa che mi colpiva ogni volta che entravo in quella camera era il numero di libri. È risaputo che le piace leggere, ma è sempre uno shock vedere tutti quei libri in una stanza: ce n'erano ovunque. Sugli scaffali, la scrivania (anche se non sono così sicuro che fosse là, perché era completamente ricoperta), il comodino, il pavimento. Probabilmente ne teneva anche sotto il materasso. Come se non bastasse, era anche tutta in disordine. Non dicoche la mia fosse una meraviglia, ma non era sicuramente messa così male. Il pianoforte era chiuso e impolverato.
- Suoni ancora?
- Ogni tanto
- Perché no?
Sospirò: - Perché non sono sicura di esserne ancora capace e non mi va di rifare tutto dall'inizio, anche perché non voglio prendere più lezioni.
- Perché no?
- Perché... odio quando mi dicono cosa devo fare. E poi è un impegno troppo grande, non ce la posso fare.
- Quindi odi anche la scuola.
- Non è la stessa cosa!
- Ah no?
- No. Certo che no. Mark, tu non sai cosa vuol dire avere qualcuno seduto attaccato a te che ti dice cosa fare, come farlo, che stai sbagliando tutto e che non riuscirai mai a farlo bene. Non sai cosa vuol dire passare ore a esercitarsi con la consapevolezza che per quanto ti impegni, per quanto grande sia la pazienza e lo sforzo che ci metti, non potrai mai raggiungere quello che ti chiedono di fare, non potrai mai sentire un "bravo, questo era buono". Non avrai mai quella soddisfazione di avercela finalmente fatta, perché continueranno a dirti che non sei capace, che devi ricominciare daccapo e impegnarti di più, perché "se continui così non andrai da nessuna parte". È estenuante e inutile continuare a sperare che un giorno finirà, perché tu stesso sai che non finirà mai, ma sarà sempre peggio, perché pretenderanno tutti solo di più da te. E non puoi fare niente per cambiare questa situazione, se non arrenderti e lasciare.
- Ma...
- Lasciare è da vigliacchi? Non necessariamente. A volte è semplicemente opportuno, staccare da tutto e concentrarsi su altro. Lasciare qualcosa per salvare te stesso.
- Ma la scuola non è uguale?
- Affatto. La scuola è una cosa per te. Per darti gli strumenti necessari per capire il mondo e le persone che ti circondano. Capire passato, presente e futuro. La scuola è anche un rifugio, in cui puoi essere ciò che vuoi. Puoi scegliere se seguire le regole o no, certo a tue spese, puoi scegliere se impegnarti o meno, a tuo rischio e pericolo, puoi scegliere cosa farne del tuo tempo. La scuola è un obbligo che ti rende libero. E ora esci, che mi devo cambiare.
Ancora frastornato da quello che aveva detto e come, mi voltai e uscii dalla stanza. Senza spiccicare una parola.

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