Uno

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Il primo giorno di scuola è sempre un giorno orribile, passate le scuole elementari. Alle medie forse si può ancora ragionare, ma arrivati alle superiori, non ci sono davvero alternative: è orribile, e basta.
Voglio dire, è il primo giorno di scuola, come potrebbe essere peggio?
Bé, ci sono mille modi per poter rendere ancora peggio un normale "primo giorno di scuola", più di quanto non lo sia già.
Lo si può rendere peggiore se si cambia classe, perché magari si è stati bocciati. Lo si può rendere ancora più brutto cambiando scuola, cambiando quartiere. A parer mio, più il cambiamento è lontano da ciò che era prima, più questo giorno sarà orribile.
Per Giulia, trasferitasi da Roma a Milano appena un mese prima, si prospettava un giorno d'inferno.
Non conosceva nessuno, assolutamente nessuno. Era chiusa, timida, impaurita. Dopo la morte di suo padre circa un anno fa, lei e sua madre avevano avuto dei problemi, troppi. Sopratutto di soldi.
Così, dopo un anno di stenti e sua madre che cambiava ditta ogni due mesi, finalmente lei aveva trovato un posto fisso.
Sì, ma a Milano.
Inutili i pianti, le grida, le proteste. Giulia, volente o nolente, avrebbe lasciato la sua adorata Roma e le poche amicizie salde che si era fatta con mille difficoltà e sarebbe andata al Nord, in una città efficiente, squadrata, precisa e senza un minimo di calore umano.
Si erano trasferiti dai nonni, i genitori della madre. Giulia divideva la stanza con sua madre, non c'era spazio per portare tutte le sue cose, così avevano affittato una specie di stanza magazzino a Roma per mettercele. Senza amici, senza città e senza oggetti familiari. Solo dei vestiti, e i suoi cd. E i libri di scuola, naturale.
Lo zaino verde abete pieno di scritte e citazioni le rimbalzava sulla schiena. Aveva fatto quella strada una decina di volte per portare tutti documenti necessari alla segreteria della scuola nuova aperta tutte le mattine anche d'estate ( Tutte le mattine! D'estate! A Roma era tanto se la aprivano un paio di pomeriggi alla settimana nel periodo scolastico!). Era una strada pulita costeggiata da un'aiuola ben potata, oltre quella stavano una fila ordinata di auto parcheggiate. A Giulia faceva venir voglia di vomitare.

L'atrio era pieno di gente. Non di gente. Di studenti. Centinaia di ragazzini brufolosi, ragazze truccate, uscenti con la barba e le chiavi dei motorini in mano e primini spauriti raggruppati in un angolo. Come lei.

Cominciò a chiedersi chi, tra quella marmaglia milanese, poteva essere del suo anno, o peggio, della sua classe. Non era mai riuscita a distinguere bene le età delle persone.

Constatando che i potenziali sedicenni erano più della metà della gente, Giulia rinunciò. Mancavano solo cinque minuti alla prima campanella dell'anno, presto avrebbe scoperto con chi avrebbe passato i futuri quattro anni di liceo.

Lasciò che lo sguardo si perdesse fra la folla quindi, senza l'ansia di dover giudicare l'età di ognuno. La maggior parte avevano una sigaretta fra le labbra, Giulia si era sempre rifiutata di fumare. Le ragazze erano molte di più dei ragazzi, quasi tutte banali supermodelle con tacchi e borse a mano invece dello zaino, il viso stuccato di cipria e fondotinta e labbra perfettamente ridisegnate. Erano belle, avevano però quella sottile patina di perfezione conformistica forzata che Giulia non poteva sopportare.

C'era anche qualche ragazza diversa, qualcuna con i capelli corti e i pantaloncini di una squadra di calcio, qualcun'altra con i dred in testa e pantaloni oversize. Nessuna di loro tuttavia riuscì a colpire Giulia, sembravano tutte figure slavate impregnate di fumo di sigaretta.

La campanella suonò d'improviso, Giulia scosse la testa piena delle immagini di quelle ragazze senza nome. Seconda C, terzo piano. Non doveva dimenticarselo.

Si intromise fra un gruppetto di ragazzini per raggiungere la porta, continuando a scrutare involontariamente la fauna della scuola. Di sfuggita, vide sgusciare fra la folla una chioma bianco panna, chiaramente tinta. Il possessore di quella folta chioma riuscì ad arrivare al di là della porta a vetri, a braccetto con un altro paio di persone. Giulia non riuscì a distinguere se fossero maschi o femmine, ma da come si muovevano appiccicate decise per la seconda. Non sapeva perché fosse rimasta colpita da quei capelli, né perché di colpo si ritrovò a sperare che quella ragazze fosse nella sua classe. Fu spinta dentro la scuola a forza dalla massa dietro di lei, quasi cadendo per le scale si decise a salire. Seconda C, esattamente davanti l'imbocco della rampa che portava al quarto piano. Giulia alzò lo sguardo sulla porta dell'aula: qualcuno per scherzare aveva scritto, su un foglio appiccicato sotto la grossa C, "Lasciate ogni speranza, voi ch'intrate!"

Giulia aggrottò la fronte. Che umorismo. In un giorno d'inferno, una citazione del genere era la ciliegina sulla torta.

***
Buonsalve a tutti, spero che questo primo capitolo vi piaccia. Se così fosse, lasciate una stellina o un commento.
Natal's

Più dell'amore (Girl X Girl)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora