❖Capitolo 4

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"Che occhiaie che abbiamo stamattina" esclama una mia collega notando gli evidenti segni sotto agli occhi che non sono riuscita a coprire con il correttore.
È difficile dormire se continui a pensare a cosa deciderà di fare uno psicopatico. Ascolterà le tue parole o le ignorerà completamente? Chi può saperlo.
"Non me ne parlare" concludo il discorso prendendo il caffè che la macchinetta ha finito di fare.
"Ho sentito che il tuo paziente è evaso..." continua lei, appoggiandosi lievemente al tavolo e incrociando le braccia.
"Si, lo so" affermo soffiando sulla bevanda per cercare di non scottarmi.
"Però è tornato. Cioè, molto nel suo stile essere imprevedibile... ma perché tornare da un manicomio da cui sei evaso?" domanda sovrapensiero mentre scuote leggermente la testa.
"Non è facile capire la mente di un folle... magari non lo sa nemmeno lui perché è tornato" mento cercando di reprimere la gioia che le sue informazioni mi hanno procurato.
Mi ha ascoltata, perché? Non è nemmeno la sua pistola preferita, quella viola presumo fosse nei suoi pantaloni.
"Mi dispiace per te... insomma che tu debba aver a che fare con uno così" dice gesticolando e alzando espressivamente le sopracciglia.
"L'ho chiesto io" rispondo semplicemente bevendo qualche sorso di caffè.
"Cosa?!" sussurra con un tono di voce decisamente alto, sbalordita.
"Ho chiesto io alla Waller di assegnarmelo" le ripeto sorridendole e prendendo tutto il materiale che mi serve per poi aprire la porta.
"Buona giornata" la saluto mentre continua a guardarmi completamente allibita.
Come ho già detto, sono qui da a malapena tre giorni e sono la più competente tra questo branco di ingenui.

"Buongiorno dottoressa" mi saluta lo stesso scagnozzo che ieri mi ha condotta davanti alla porta del mio paziente.
"Buongiorno" ricambio sorridendo e arrestandomi davanti all'entrata della stanza.
"È impaziente di entrare" commenta sorridendo fastidiosamente.
"Sono in ritardo" rispondo seria, battendo il piede sul pavimento.
"E nervosa" aggiunge semplicemente.
"Apra la porta, grazie" gli impongo facendo un cenno per indicarla.
Lui fortunatamente mi ascolta e senza farmi aspettare ulteriormente gira velocemente la chiave al suo interno spalancandola con quel cigolio fastidioso che ogni volta emette.
"Non c'è di che" dice prima di richiuderla dietro le mie spalle.
"Salve dottoressa" mi saluta immediatamente il clown curvando le labbra come di suo solito.
"Buongiorno" ricambio senza accennare alcun sorriso e appoggiando le mie cose sul tavolo, per poi sedermi.
"Quanta allegria" afferma alzando gli occhi al cielo.
"Ha ragione" lo appoggio sorridendo dopo qualche secondo.
"Mi scusi"aggiungo infine, ponendo delicatamente i capelli dietro le orecchie e avvicinandomi con la sedia al tavolo.
Meglio essere il più amichevoli possibili, sennò non riuscirò mai a capirci qualcosa della sua storia.
"Ho sentito che era evaso" comincio aggiustandomi gli occhiali.
"Ma poi è tornato..." gli faccio notare sorridendo beffardamente.
"Non riuscivo a stare lontano dalla deliziosa carne vecchia che servono tutti i martedì a pranzo" si giustifica ricambiando il mio sorriso.
"Mi chiamano 'carne vecchia' qui?" gli chiedo retoricamente alludendo al fatto che il motivo del suo ritorno non sia ciò che mangia a pranzo.
"Chiamano 'carne vecchia' la mia pistola" risponde prontamente riferendosi alla chiacchierata di ieri notte.
"Oh giusto. Mi chiedo come farà ad afferrarla in quello stato" dico ridacchiando e indicando con l'indice la camicia di forza che gli stringe il torace.
"Non si preoccupi. Se ne occuperà Freddie" afferma semplicemente.
"Freddie... mi sembra un nome famigliare..." comincio a pensare portando l'indice al mento.
"Oh, ma certo! Aveva un criceto, quando era piccolo... si chiamava Freddie, non è così?" gli chiedo illuminandomi di colpo, ricordandomi del nome che ho letto nel fascicolo.
"Non c'è scritto nella mia cartella" osserva lui, ignorando la domanda della quale so già la risposta.
"Se guarda bene riesce a coglierlo" rispondo sorridendo tranquillamente.
"Quante volte l'ha riletta?"
"Non è una domanda lecita" affermo lasciandolo con il beneficio del dubbio.
"Freddie era anche il suo cane"
"Presumo che non mi dirà come fa a saperlo" commento aprendo velocemente il fascicolo.
"Ho le mie fonti... e le dirò di più. Non è l'unica cosa che so" risponde sorridendo beffardamente.
"Mi illumini"
"Partiamo dalle cose basilari... Harleen Frances Quinzel, ventidue anni, originaria di Toronto, Canada. Attualmente single e ama i biscotti alla cannella, ma questa era una cosa in più..." comincia ad informarmi lui, ciondolando con il busto da un lato all'altro.
"Non esattamente alla cannella" puntualizzo aggiustandomi gli occhiali.
"Alla cannella con lo zucchero di canna, accompagnati talvolta da un cappuccino. Le va bene adesso?" precisa lui roteando gli occhi, mentre lo guardo cercando di non fa trasparire l'espressione totalmente allibita che minaccia di assumere il mio viso.
"Ad ogni modo, ha una sorella, Melissa Katrine Quinzel, attualmente residente a New York, e sua madre ancora viva, Heather Fields, residente nella medesima città. Suo padre è deceduto quattro anni fa, causa omicidio" continua soddisfatto nel vedere che logicamente il mio viso si sta lentamente contorcendo in un'espressione infastidita e basita allo stesso tempo.
Come fa a sapere tutte queste cose su di me, se l'unica sera libera che ha avuto per cercare di ricavare qualche informazione l'ha passata in parte a parlare con me e in parte a tornare qui?
E non credo che i suoi scagnozzi siano così competenti da riuscire a trovare anche ogni piccolissimo dettaglio.
"Si sa chi l'ha ucciso?" mi domanda interrompendo il flusso di pensieri che si era creato nella mia mente.
"Credevo sapessi anche quello" rispondo scuotendo lievemente la testa.
"Non c'è scritto da nessuna parte" si giustifica facendo spallucce.
"Per quello non lo so nemmeno io" affermo appoggiando il mento sulla mano.
"Ho avuto modo di parlare con sua sorella" mi informa sorridendo.
"Cosa?!" urlo completamente fuori di me.
Ha parlato con mia sorella? Dove, quando, perché, a che proposito?!
"Si... non è male, si riesce a percepire l'intelligenza che ha anche solo dal tono di voce" mi racconta alzando di tanto in tanto lo sguardo verso l'alto.
"Non siamo qui per lodare le doti di mia sorella" lo interrompo infastidita.
"Poi ho parlato anche con sua madre" aggiunge tranquillamente, mentre, se possibile, il mio stato di confusione oltrepassa il limite.
"Per quale oscura ragione ha chiacchierato con i miei parenti" gli domando completamente shoccata, mentre scuoto compulsivamente la testa.
Loro non hanno nemmeno la più pallida idea di chi sia, vivono a New York, sanno a malapena dove si trova Gotham. E non le importa veramente dove mi trovo.
"Ho detto loro che stiamo insieme, così questo week end andiamo a farle visita. Da tua madre, intendo" risponde guardando disinteressato fuori dalla finestra.
Se prima pensavo di aver raggiunto il limite, mi sbagliavo.
I miei occhi si spalancano immediatamente, mentre la mia bocca cerca di impedirmi di andare in iper ventilazione.
"Tu.... sei completamente fuori di testa!" urlo alzandomi e sbattendo le mani rumorosamente sul tavolo.
"Prima piombi qui, dicendo di sapere tutto su di me, cosa che effettivamente è così. Ma no, non ti basta, devi anche fare piacevoli chiacchierate con la MIA famiglia su argomenti che nemmeno esistono! Non è lontanamente plausibile un fatto del genere!" continuo a sbraitare lanciandogli numerose occhiate furenti.
"Quindi ora io dovrei andare la, con te che in teoria dovresti stare chiuso qui, affrontare un volo con uno psicopatico che non so nemmeno quali intenzioni abbia, fare irruzione in casa di mia madre presentandoti come mio fidanzato e, oh, fammi indovinare, magari fare anche un bel pranzo con tanto di tacchino e patate arrosto" concludo senza più fiato a causa dello sfogo appena avuto, mentre gesticolo spasmodicamente.
"Non lo chiamerei fare irruzione se lei ci ha invitati" puntualizza sorridendo tranquillamente.
"È l'unica cosa che sai dire?!" gli domando mettendomi lentamente le mani tra i capelli e camminando avanti e indietro per cercare di calmarmi.
"Va bene... andremo da mia madre" dico dopo alcuni minuti di silenzio, dopo aver fatto un profondo respiro.
Potrei usare la situazione a mio vantaggio. Se l'ha fatto ci sarà un motivo, devo solo scoprirlo senza che lui lo sappia e usarlo a mio beneficio.
"Il biglietto per il volo è tra le tue scartoffie" mi informa lanciando un'occhiata ai fogli sparsi sul tavolo.
"Non vuoi chiedermi come ho fatto a mettertelo li?" mi domanda notando che non emetto una parola mentre controllo che il biglietto ci sia.
"Ho smesso di chiedermi come fai da quando ho capito che non c'è una spiegazione" rispondo raccogliendo le mie cose e dirigendomi verso la porta.
"Alla fine di questo week end, tornerà tutto come prima. Darsi del 'tu' è occasionale" specifico prima di uscire dalla stanza.
Perché sento della malsana adrenalina mista al fastidio che comunque sta prendominando?
Ci sarà da divertirsi.

🦄SPAZIO UNICORNOSO ME🦄
Rieccomi, si, sono viva😂❤
Non ho molto da dirvi, apparte che HO GIÀ PRONTO IL PROSSIMO CAPITOLO, QUINDI SE LO VOLETE DOMANI O COMUNQUE IN QUESTI GIORNI FATEMELO SAPERE CON COMMENTI E STELLINE❤🦄🦄❤

My heart scares you? ~Harleen&JokerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora