Capitolo 19

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⚠️WEIWEIWEI, prima di leggere ascoltate qua. Ho pubblicato il primo capitolo della storia Jargot (andate a leggerlo miei prodi cupcake) e finalmente È ARRIVATO IL NUOVO INIZIO DELLA MIA STORIA DURATA SECOLI "Harley&Joker" (andate a dare un'occhiata anche a questo) sempre che vi vada...
BUONA LETTURA!❤❤ ⚠️

"Chi era al telefono oggi?" mi domanda J, mentre si sfila i pantaloni.
"Deadshot" rispondo semplicemente, mentre sciolgo davanti allo specchio la chioma dorata dallo chignon in cui era stata raccolta per tutto il pomeriggio.
"Come?" ripete scosso, voltandosi verso di me.
"Doveva dirmi una cosa importante su Ivy" affermo passando una mano tra i capelli per smuoverli leggermente.
"Ah, la piantina" ridacchia lanciando il capo che ha appena sfilato sulla sedia in pelle vicino al letto.
"Non chiamarla così. E prendi quei pantaloni, l'armadio è quello, non la poltrona" rispondo infastidita lanciandogli un'occhiata.
"Quando fai finta di essere arrabbiata sei adorabile" continua sorridendo.
"Smettila" sbuffo prendendo in mano i pantaloni per piegarli.
"Come sei noiosa" si lamenta lui, sedendosi sul letto.
"Sono stanca" sospiro appoggiando premurosamente i pantaloni al loro posto.
"Dobbiamo rientrare prima, a Gotham" lo informo togliendomi la maglietta.
"Perché?" mi domanda, più attento ai miei gesti che alla mia affermazione.
"Ivy ha avuto una figlia"
"Non sapevo fosse fisicamente possibile..." argomenta gesticolando con le dita affusolate.
Il ticchettio della pioggia scrosciante sul vetro della finestra mi fa pensare, per un attimo, a Gotham.
Quella città che sarebbe così facile lasciare, abbandonata a se stessa, ma che più cerchi di allontanarti, più tutto si riconduce ad essa come un vortice di inevitabili ricordi da cui è impossibile scappare.
Gotham costituisce il mio passato, il mio presente e probabilmente costituirà anche il mio futuro, che mi piaccia o no.
"Ho bisogno di aiutarla" affermo mettendomi i comodi pantaloncini di raso per dormire.
"Anche la poveretta ha bisogno di te" dice compassionevole.
"Chi? Melissa? Ma se sa a malapena di avere una sorella" rispondo ridacchiando mentre tento di slacciare il gancio del reggiseno.
"Ti aiuto?" mi chiede J sorridendo e facendo per alzarsi.
"Ci riesco benissimo da sola" affermo cercando di allargare il gancetto.
"Faccio io" dice notando che ogni mio tentativo si rivela vano.
Appoggia le sue dita gelide sull'estremità del reggiseno, sfiorando la mia schiena e facendomi rabbrividire leggermente.
"Hai le mani fredde" sentenzio voltandomi con la testa verso il suo viso.
"Non è la prima volta" risponde con un velato tono malizioso.
Ormai vista la situazione non mi stupirebbe che la sua frase si riferisca ad altro.
Fa scorrere lentamente i due gancetti per disincastrarli, slacciandoli.
"Fatto" sussurra piano al mio orecchio.
"Grazie" dico rapidamente andando verso alla canottiera, anch'essa di pizzo, appoggiata sul bordo del letto.
"Lo sai che non mi piace quando cerchi di evitarmi" afferma avvicinandosi a passi lenti verso di me, scuotendo leggermente la testa.
"Non cerco di farlo" nego afferrando il capo leggero.
"Allora guardami" mi impone lui, appoggiando le mani venose sulla canottiera per impedirmi di indossarla.
Sospiro socchiudendo gli occhi, voltandomi in seguito nella direzione del suo viso e fissando il mio sguardo nei suoi occhi glaciali.
Duriamo qualche secondo. Poi sbatto ripetutamente le palpebre interrompendo il contatto così intenso che stavamo avendo.
"Guardami" ripete stringendo appena le mie guance nella mano adornata di tatuaggi.
Cingo le braccia intorno al suo collo, per poi avvicinarmi lentamente ed abbracciarlo.
Non so per quale assurdo motivo, ma mi sembrava la cosa più giusta da fare.
Rimango per qualche secondo con la testa appoggiata sulla sua clavicola, percependo il suo petto abbassarsi e sollevarsi pesantemente.
Poi muove qualche passo verso di me, inducendomi ad indietreggiare e facendomi incontrare il morbido materasso del letto che si incurva leggermente a contatto con la mia schiena.
"J, sono stanca" sussurro cercando di non mugugnare mentre le sue labbra umide lasciano dei teneri baci sul mio collo.
"Oh, ma non richiede molte energie" risponde tra un succhiotto e l'altro, mentre mi mordicchio leggermente il labbro inferiore per trattenermi.
"Sono preoccupata per Batman" dico cercando di distrarlo.
Interrompe bruscamente la scia di baci che stava percorrendo, alzando la testa dalla mia clavicola e guardandomi incredulo.
"Che cos'hai detto?" mi domanda spalancando gli occhi chiari.
"È da un po' che non si fa vivo" affermo alzando le sopracciglia.
"Meglio così" afferma ritornando a mordicchiare lievemente la zona in cui si era fermato.
"Gli hai fatto qualcosa?" gli chiedo con difficoltà, invasa inevitabilmente da un dolore appena accennato, sormontato a mio malgrado dal piacere che quel punto mi provoca... e lui lo sa.
"Perché ti interessa tanto" dice spazientito alzando la voce e tornando a fissare il suo sguardo furente nel mio.
"Stai pensando che mi piaccia il pipistrello?" domando ridacchiando.
"Sto pensando che sarebbe meglio chiudere il discorso" risponde facendo per alzarsi.
Al suo impercettibile movimento, intreccio bruscamente le gambe dietro alla sua vita, trattenendolo a pochi centimetri da me.
"Resta" borbotto corrugando le sopracciglia.
"Non ti sopporto" sospira per poi accarezzarmi dolcemente i setosi capelli biondi.

Mi sveglio di colpo. Percepisco una piccola gocciolina di sudore rigarmi la tempia, la gola è secca.
Passo le mani tra i capelli umidi, voltandomi poi verso il clown.
Sta dormendo, pare profondamente, mentre in modo inconsapevole stringe tra le dita pallide un lembo della mia canottiera.
Sfilo lentamente il tessuto dalla sua mano, alzandomi silenziosamente dal letto.
Cammino a passi lenti verso la porta, pregando che il legno con cui è fatto il pavimento non cigoli sotto il mio peso.
La luna illumina interamente la stanza d'un bianco quasi surreale, ma pacato, mentre sul vetro sono presenti alcune gocce di pioggia che si riflettono sulle pareti della camera.
La cosa che mi sorprende di più è il silenzio fastidioso che regna sovrano: sotto questo aspetto, quasi preferisco Gotham e le urla di terrore che accompagnano ognuno dei cittadini durante la notte.
Sono abituata ad addormentarmi con i suoni degli pneumatici che strisciano sull'asfalto bagnato, non con il rumore delle risate divertite di chi torna a casa dopo una gioiosa serata in compagnia.
Scendo premurosamente le scale, cercando di farmi spazio nel buio della casa.
"Ciao Harleen" interviene una voce femminile, appena faccio il mio ingresso in cucina.
Prendo silenziosamente un coltello, sussultando.
"Ti vedo" afferma ridacchiando.
"Chi sei" dico reggendo saldamente il manico del coltello.
"Non ti ricordi di me?" risponde avvilita, mentre cerco di aprire gli occhi il più possibile tentando di scorgere qualcosa.
"Questo mi ferisce" aggiunge immediatamente, ticchettando sulle mattonelle della stanza.
"Come fai ad accorgerti che sono qui" dico interrogativa, mentre sfioro con la mano il profilo del bancone della cucina per avanzare di qualche passo.
"I gatti non vedono nel buio?" mi domanda retoricamente ridendo appena.
"Ne è passato di tempo, Quinzel" sussurra accendendo improvvisamente la luce.

🦄Spazio autrice
CIAO RAGAZZI. Beh, che dire, apparte che non aggiorno da secoli? Ma non mi sembra sia una novità... ad ogni modo, SCUSATE SEMPRE PER IL MODO PUNTUALE CON CUI AGGIORNO...
Fatemi sapere con commenti e stelline se il capitolo vi è piaciuto, CI VEDIAMO AL PROSSIMO AGGIORNAMENTO,
Baci,
Caro

My heart scares you? ~Harleen&JokerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora