❖Capitolo 12

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"Hai sentito Harleen?" mi domanda Katie mentre sorseggia un po' del suo caffè.
"Cosa" rispondo curiosa mentre afferro le scartoffie che avevo riposto sul tavolo.
Oggi non ho nessuna voglia di stare qui, non sono dell'umore adatto sapendo che sto nel medesimo edificio di quello psicopatico.
"Il clown..." comincia a dire, ma velocemente la interrompo.
"Lo so l'hanno ripreso" sospiro aggiustandomi gli occhiali.
"Lo psicoanalizzi tu?" mi domanda titubante alzandosi dalla sedia.
"Vuoi avere l'onore di farlo?" le chiedo sorridendole.
"Ah-ah, non devi rispondere, ovvio che è compito mio" la interrompo alzando il dito indice prima che possa emettere qualche parola.
"Ricordati, Katie, che questi casi sono per le psicologhe d'un certo livello" rispondo presuntuosa sulla soglia della porta, per poi uscire e andare verso la sua cella.
Non sono agitata o ansiosa, o forse lo sono ma ormai ci ho fatto l'abitudine.
"Lui è qui?" domando seria alla guardia davanti all'uscio.
"È autorizzata?" risponde guardandomi con aria di superiorità.
"È un mio paziente" affermo prendendo le chiavi della cella dalla tasca.
"Prima che entri..." aggiunge mentre sto per abbassare la maniglia.
"... è più pericoloso del solito" mi avvisa facendo un piccolo cenno con la testa.
"So cavarmela" rispondo sorridendo ed entrando velocemente nella stanza.
Da qui si sente perfettamente il ticchettio della pioggia sull'asfalto, mentre la poca luce che riesce ad attraversare le sbarre della finestra illumina tetramente la stanza.
"Non ho chiesto un incontro" interviene la sua voce roca.
"Ho pensato ti facesse bene" affermo posando i fascicoli sul tavolo in metallo.
"Ha pensato male" sibila dalla penombra.
"Ci diamo del lei adesso?" gli domando appoggiando le mani sui fianchi mentre cerco di scorgere la sua figura.
"Lei è soltanto la mia psicologa" esordisce piegandosi lievemente in avanti, in modo tale che un piccolo raggio di luce possa illuminare il suo volto.
Le sue parole mi colpiscono con una facilità che definirei spiazzante.
Sono solo una psicologa per lui? Ha pensato questo per tutto il tempo che abbiamo passato insieme?
"Che hai fatto" gli domando shoccata avvicinandomi velocemente a lui e alludendo al gigantesco livido che ha poco sopra l'occhio e ai piccoli tagli sparsi ovunque.
"Penso lo scoprirà presto" risponde tirando lievemente la testa all'indietro appena le mie mani si posano dolcemente sul suo viso.
"Ovvero?" chiedo guardando negli occhi.
"Lo intuisca, è così intelligente" sghignazza smuovendo la testa per divincolarsi dalle mie mani.
"Batman ti ha ridotto così?"
"Bingo" afferma spalancando gli occhi divertito.
"Vado a complimentarmi con lui per averle fatto ciò che merita" dico allontanandomi lievemente.
"Che cos'ha detto?"
"Da quando ci siamo lasciati nessuna chiamata, nessun messaggio, niente di niente" dico alzando la voce e abbassandomi fino ad arrivare all'altezza del suo viso.
"Credevi che ti avrei dedicato una canzone?" risponde ridendo flebilmente.
"Saresti talmente stonato da farmi vomitare all'istante" sibilo a pochi centimetri da lui.
"Ma non perdiamoci in chiacchiere"
"Allora, Mister J, vuole partire dalle domande di rito della serie 'perché uccide', o vuole saltarle e passare direttamente a quelle più personali?" gli domando afferrando la sedia e portandola davanti alla sua.
"A lei la scelta" concludo appoggiandola con un tonfo per poi sedermici sopra.
"Il silenzio non è contemplato?" ringhia appoggiando svogliatamente il dorso sullo schienale.
"Non nelle mie ore" rispondo sorridendo.
"Decida lei"
"Cos'ha fatto per meritarsi questo a Batman?" chiedo incuriosita mentre mi attorciglio una piccola ciocca di capelli intorno al dito.
"L'ho infastidito un pochino, giusto perché mi annoiavo" risponde facendo spallucce.
"E perché ormai non c'era più niente di interessante da sapere su di lei" aggiunge beffardamente.
"Come scusi?" dico confusa e agitando velocemente la testa.
"Sono a conoscenza di tutto ciò che l'è capitato in questi mesi" afferma facendo un cenno affermativo con la testa.
"Tutto tutto?"
"Ogni dettaglio" sussurra mostrando i denti d'acciaio in un enorme sorriso.
"22 novembre, ore 23,46... cosa ci faceva nei dintorni di casa mia?"
"Casa sua? Oh, allora ero nel posto giusto! E io che c'avevo perso le speranze" rifletto ridacchiando.
"Non ha risposto alla mia domanda"
"Non è importante... piuttosto, come fa a saperlo?" chiedo a mia volta con aria interrogativa.
"Ho le mie conoscenze" afferma alzando lievemente il capo all'insù per scrutare meglio il mio viso nel buio tetro della cella.
"Mi stava pedinando?"
"Non io" risponde sorridendo.
"Senti, Joker...." comincio a dire protraendo lentamente il busto in avanti per avvicinarmi.
"... non ho voglia di scherzare, va bene?" sussurro seria fissando i miei occhi nei suoi.
"Non serve che risponda" lo zittisco alzandomi dalla sedia e raccogliendo il cumulo di fogli appoggiati sul tavolo.
"La seduta è terminata" concludo avviandomi verso la porta ed uscendo dalla stanza.
Forse sono stata troppo dura, considerato com'è ridotto.
Ma non mi importa... o forse mi importa così tanto da indurmi a pensare il contrario.

My heart scares you? ~Harleen&JokerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora