Capitolo 18

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Scorro lentamente lo sguardo su ogni detenuto psicopatico che mi guarda da dentro le celle.
Ho un passo costante e pesante, ho camminato così tanto per questi corridoi ma mai in queste vesti.
Devo ammettere che l'arancione mi dona, ma comunque preferirei essere il predatore e non la preda.
Ecco come si sentono a sentirsi dire: le verrà assegnato uno psicologo.
Peccato che io non sia affatto pazza, anzi, credo di essere la persona più cosciente presente in questo posto.
So dove mi stanno portando, la prima seduta dicono che non si scordi mai.
"Entra" mi spinge brutalmente la guardia richiudendo infine la spessa porta di ferro dietro alle mie spalle.
La stanza mi è già fin troppo nota: i muri scrostati a causa dell'umidità, il freddo paralizzante che regna sovrano e la costante penombra provocata dal clima bislacco della città.
Non mi soffermo molto su questi dettagli, potrebbe essere pericoloso.
Decido di sedermi sulla classica sedia scheggiata di fronte al tavolo in metallo.
"Che ironia della sorte" interviene il ragazzo che teoricamente dovrebbe tracciare il mio profilo psicologico.
Lo guardo annoiata, non ho intenzione di dargli ascolto, nè di rispondere alle sue insulse domande, nè tantomeno di raccontargli la mia vita.
"Era una psicologa e ora si trova ad essere la psicopatica" dice sfoggiando un sorrisetto beffardo.
La prima cosa che noto quando alzo lo sguardo sono i suoi capelli: bruni.
Per qualche secondo socchiudo gli occhi, abituata al colore insolito di quelli del clown, pensando che siano altamente strani.
Assurdo.
"Se commetto un omicidio non significa che io sia pazza" affermo con aria risoluta, ricambiando il suo gesto.
"Trovo impossibile anche solo pensare di uccidere una persona a lei cara, se il suo corpo è capitanato da una mente sana" esordisce alludendo alla causa della mia detenzione forzata dentro l'edificio.
Sorrido.
"Pazza" sibila sprezzante lo psicologo, stringendo i denti.
"Scaltra" lo correggo alzando le sopracciglia.
"Se fosse stata scaltra avrebbe lasciato perdere" ribatte facendo girare la penna tra le dita affusolate.
"Se l'avessi fatto sarei ridotta molto peggio" concludo bagnandomi lievemente le labbra con la lingua.

*due settimane prima*
"Voglio che ti metti questa oggi" mi esorta srotolando la maglia in precedenza piegata attentamente e porgendomela.
"Perché?" gli chiedo alzando un sopracciglio ed incrociando le esili braccia.
"Me lo ricordo, sai" dice capendo la causa del mio comportamento irritato in seguito al gesto che aveva fatto.
"Dammi qua" sorrido strappandogli il capo di mano e appoggiandolo delicatamente sul letto, in procinto di cambiarmi.
Alzo i lembi finali della maglia che indosso, per poi alzarli sfilando le braccia e la testa da essa.
Soffermo lo sguardo verso il clown, che subito volta la testa verso la sua destra.
So quanto stia cercando difficilmente di contenersi.
"Rivestiti" mi comanda inspirando profondamente.
Gli rivolgo uno sguardo di sfida. Inutile dire che amo la sua espressione contratta in una smorfia di autocontrollo, gli occhi strizzati per cercare di scacciare via dalla mente solo lui sa cosa, le labbra socchiuse in modo da aspirare aria che non sembra bastargli mai...
"Harley, Harley, Harley...." ripete morbosamente avvicinandosi a me.
"Lo sai che mi infastidisce quel..." inizio a dire irritata, ma vengo ostacolata dal suo candido dito che si posa delicatamente sulle mie labbra.
"Sai che potrei anche prenderti qui, ora. Ma sono un gentiluomo, sotto ci stanno aspettando, non vorrai mica far tardi" argomenta guardandomi negli occhi.
"Non credevo che andare a trovare Melissa ti interessasse così tanto" sentenzio dopo aver spostato il suo arto dalle mie labbra.
"È pura... curiosità" afferma sorridendo ed avviandosi lentamente verso la porta.
"Dovresti conoscermi ormai, mia cara" dice teatralmente guardandomi mentre allarga le braccia muscolose.
"Sei imprevedibile" sbuffo roteando gli occhi.
"Questo ti irrita?" mi domanda sorridendo ampiamente.
"Dovresti conoscermi ormai" lo provoco avvicinandomi a passi felpati verso di lui.
"Tutto di te mi irrita" sussurro a pochi centimetri dalle sue labbra.
"Mi sfugge il motivo per cui stiamo insieme, allora" dice sorridendo e fissando i suoi occhi glaciali nei miei.
Per un attimo il controllo sulla conversazione mi sembra mancare, a causa dell'ennesima dimostrazione della consapevolezza che ha sul fatto che ormai ci dovremmo considerare una coppia.
"Pura.... curiosità" concludo dopo qualche secondo di silenzio, slacciando lentamente uno dei bottoni della sua camicia color porpora.
"Ti aspetto sotto" afferma infastidito distogliendosi rapidamente da sotto il mio sguardo vittorioso, uscendo poi dalla stanza.

"Il dottore ha detto che tra un paio di minuti potremo vederla" afferma mia madre mentre cammina nervosamente intorno al tavolino di vetro sul quale sono appoggiate varie riviste.
"Peccato" sussurro guardandomi disinteressata le unghie lucidate da un sottile strato di smalto.
La stanza immacolata mi mette leggermente in soggezione, è tutto troppo perfetto rispetto a ciò che sono abituata a vedere... e David che continua insistentemente a fissarmi non mi aiuta affatto.
"Dovresti vedere i suoi occhi" dice il clown quasi leggendomi nel pensiero.
"La cosa ti urta?" rispondo nel modo più naturale possibile.
"Smettila di comportarti da bambina..." sibila guardandomi di scatto.
"... e cresci un po'" finisco la frase all'unisono con la sua voce.
"Si papino" rispondo cantilenando ed infine ridacchiando lievemente.
"Potete entrare" esordisce il medico interrompendo ciò che sarebbe sfociato in una discussione davanti agli occhi di tutti.
Abbandono a malincuore la comoda poltroncina della sala d'attesa per seguire svogliatamente mia madre verso la stanza di Melissa.
Lei apre cautamente la porta, rivelando la figura di mia sorella distesa sotto le candide coperte del lettino d'ospedale.
"Ciao tesoro mio" la saluta dolcemente la donna, appoggiando rapidamente su un tavolo la borsetta colma di oggetti inutili.
"Ciao mamma" risponde lei sorridendo, per poi rivolgere uno sguardo verso di noi.
"Amore, Jack, Harl" ci sorride a turno guardando intensamente gli occhi del clown.
"Mi metto qui" affermo dirigendomi verso una sedia posta il più lontano possibile da lei.
Do una rapida occhiata allo schermo del cellulare, sul quale primeggiano i numerosi messaggi di Ivy.
Sarà preoccupata, e la capisco, dato che non le ho nemmeno riferito se sono atterrata.
Rialzando gli occhi verso J, noto che mi consiglia di avvicinarmi con un cenno della testa.
La scuoto rapidamente stizzita, è escluso che io prenda parte a questa patetica scena familiare.
Lui ribadisce il gesto, sbattendo nervosamente il piede sul pavimento lucidato e successivamente dando un colpo di tosse.
Sbuffo, alzando la sedia e ponedola freddamente ai piedi del letto, per poi sedermici nuovamente sopra ed osservare disinteressata ancora una volta lo schermo del cellulare.
"A cosa devo questa visita?" domanda mia sorella rivolgendomi lo sguardo.
"Volevamo accertarci che stessi bene" risponde al mio posto il clown, mentre chiude con le mani tatuate il bottone della camicia che gli avevo 'accidentalmente' sbottonato.
"Oh, sei gentile, ma dubito che le interessi realmente sapere come sto" risponde sorridendo falsamente, ottenendo ovviamente la compassione di tutti qui dentro.
"Come hai fatto a ridurti così" le domando interrogativa, lanciando una rapida occhiata all'apparecchio che riproduce il suo ritmo cardiaco.
"Incidente stradale" dice semplicemente.
In seguito alla sua affermazione, la suoneria del mio telefono riempie il silenzio della stanza.
"Solo un attimo" dico alzandomi dalla sedia ed approfittandone per uscire svelta dal luogo.
"Pronto?" chiedo richiudendo la porta in legno chiaro alle mie spalle.
"Ciao Harleen" mi saluta una voce che impiego qualche secondo a riconoscere.
"Deadshot?" corrugo le sopracciglia confusa, controllando con che numero mi sta chiamando.
"Perché stai usando il cellulare di Ivy?" domando allarmandomi.
"Stai tranquilla bambolina, sta bene" mi risponde lui dall'altro capo del telefono.
Arriccio lievemente il naso infastidita, sentendo quel soprannome che, caso strano, non mi va per niente bene.
"Sono padre" afferma prima che io possa polemicare su come mi ha chiamata.
Sento cedermi le ginocchia, gli occhi lentamente si ricoprono di una sottile patina lucida, mentre mi appoggio alla parete lattea dietro di me.
"Ci sei?" mi domanda percependo il mio silenzio spiazzante.
"No... si cioè, è solo che... dio, sono una pessima amica" sussurro furente con me stessa.
"Sei sicuro che lei stia bene?" gli chiedo poco dopo.
"Si"
"E la bambina?" aggiungo.
"Anche" mi rassicura prontamente.
"Come si chiama la bambina"
"Rose" risponde dolcemente.
Istintivamente sorrido, mentre un'invisibile lacrima riga il lato destro della mia bocca.

🦄SPAZIO UNICORNOSO ME🦄
Ragazzi, mi sembra impossibile, segnatevi questa data perché non pubblicavo veramente da SECOLI.
BUT BUT BUT, i've got a surprise for all of you..... INSIEME AL PROSSIMO CAPITOLO DI QUESTA STORIA (cercherò di farlo uscire il prima possibile, giuro) PUBBLICHERÒ IL PRIMO CAPITOLO DELLA NUOVA STORIA JARGOT E.....
PER CHI MI SEGUE DA UN PO' (da prima di questa storia, per intenderci, quando c'era solo l'altra) CI SARÀ UNA SORPRESA CHE SPERO VI PIACERÀ
Buono, ho finito con le news.
FATEMI SAPERE COME AL SOLITO CON COMMENTI E STELLINE SE IL CAPITOLO VI È PIACIUTO, CI VEDIAMO AL PROSSIMO AGGIORNAMENTOOO❤️❤️❤️
Baci,
La vostra Caro

My heart scares you? ~Harleen&JokerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora