Capitolo 1

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Stati Uniti d'America, New York, 8 luglio 2016.

Come tutti sapete New York è conosciuta per la Statua della Libertà, per i molti centri commerciali e per il famoso parco chiamato Central Park. Oltre ai famosi centri commerciali, ci sono molte aziende giornalistiche. In una di queste aziende regna il silenzio più totale.

"KIRKLAND IL MIO CAFFE'"

O almeno, regnava il silenzio.

Pov. Arthur

"Subito." Rispondo, spostando la sedia di poco, quel poco che mi serve per alzarmi.

Mi chiamo Arthur Kirkland, e attualmente lavoro in questa azienda di giornalismo. Ho 23 anni e sono una persona abbastanza timida con le persone che incontro.

Chi ha urlato cosi il mio cognome? Il mio capo. Alfred Jones. Nessuno di noi qua vuole farlo incazzare. Ha 26 anni ed è un ragazzo abbastanza alto, con due occhiali che gli coprono i suoi occhi, anche se non del tutto. Le sue lenti sono trasparenti e si possono intravedere i suoi due bellissimi occhi azzurri. Innamorato del mio capo? No, per niente! Qua tutti lo odiano, addirittura che lo chiamano...

"Satana si va sentire anche oggi eh?" Sospira Romano, sapendo ormai la routine quotidiana.

Viene sempre chiamato "satana" per il suo modo di urlare e di fare con i suoi "dipendenti". Noi odiamo lui, e lui odia noi. Io ODIO i miei dipendenti. Cosi aveva detto da una conversazione con un altro suo amico, origliata da Ivan.

Attualmente ha una ragazza. Diciamo che non è il tipo di ragazzo che tutte le donne vorrebbero, eppure quella donna ama il capo alla follia. Tutti qua pensiamo che lo faccia per soldi. Insomma chi riuscirebbe a stare con uno così?

Io, invece a canto mio, sono single. Felicemente single. Precisiamolo per favore. E non ho gli stessi gusti degli altri, eh già. Sono omosessuale e non mi sono mai permesso di dirlo al mio capo.

"KIRKLAND TI MUOVI!?"

"Arrivo capo."
Ma fortunatamente ho i miei tre amici più fedeli che mi stanno sempre ad ascoltare e aiutare.

"Fai con calma Arthur." Commenta Romano, concentrato a guardare il monitor del PC difronte a lui.

Lui è Romano, ha spesso voglia di litigare col capo anche se ha ben 4 anni di differenza con quest'ultimo. Romano ha 22 anni e lui è come me. Timido, ma anche bastardo con le persone che gli sta antipatiche. Per fortuna non sono mai stato uno di loro. Ha i capelli castani con un buffo ciuffettino al lato sinistro della testa. Gli occhi marroni scuri. È nato a Napoli, una città del Sud Italia, e da lì si è trasferito qua, a New York.

Spesso e volentieri, decide di alzare la testa da quel monitor e di iniziare a parlare con il suo compagno affianco. Antonio. Anche lui è un mio amico. È simile a Romano, ma non ha quel ciuffettino buffo da nessun lato della testa. Lui è l'unico che si avvicina all'età del capo. Ne ha 25 di anni ma ne dimostra 19 avvolte. Ha gli occhi verdi come me e proviene dalla Spagna. Provenendo dalla Spagna, la sua carnagione è molto scura. Per questo che avvolte viene chiamato l'abbronzato.

Al canto suo, quando alza la testa, da qual monitor, lo fa solo per: mangiare, bere o andare in bagno. Se non ci fosse Ivan che tirerebbe su il morale, saremo tre depressi viventi.

Ivan, proviene dalla Russia, spesso e volentieri viene preso in giro dal capo proprio per questo. Ma ha sempre e comunque il suo sorriso stampato in faccia. Avvolte lo invidio. Ivan ha 24 anni e da poco vive qua a New York assieme alla sua cagnetta Laika. Prima abitava anche con le sue sorelle. Ma per qualche scherzo del destino, hanno trovato lavoro in Canada per la precisione a Toronto. Non è molto distante, ma ogni domenica, Ivan, parte alla mattina presto per farsi 7 ore di viaggio in macchina.

"Permesso." Dico, oltre passando la sogliola della porta, definita anche "la porta del inferno"

Ed eccolo qua, davanti a me, il capo Alfred Jones. Come ho già detto, ha le lenti che coprono i suoi occhi azzurri come il cielo. Le sue ciocce di biondo chiaro sparse per tutta la testa, alcune che coprono la sua visuale e altri sistemati ordinatamente dietro un orecchio. Quel ciuffettino particolare che gli spunta dai capelli e ch'è rivolto verso il cielo, gli da quel fascino che solo chi non lo conosce può vedere. Potremo definirlo l'American Psycho della situazione.

"Il vostro caffè."

Appoggio delicatamente il bicchierino sulla scrivania, disordinata, del capo. Avvertendo che il suo sguardo non si toglie dal mio corpo. Sembrano dei piccoli gufi che non ti tolgono lo sguardo di dosso.

"Altro?" Domano un po' agitato dal suo sguardo.

"Si, domani ho un meeting molto importante. Voglio che tu mi accompagna." Risponde freddamente.

Non ho paura di rimanere da solo con lui, ma ho paura di quel meeting. Io non ho mai accompagnato nessuno ad un meeting così importante. Allora per essere sicuro, chiedo:

"Domani, a che ora?"

Evito di fare domande troppo "spinte" del tipo: "Bello! Domani allora a che ora?". Poche parole e con lui ti fai capire, senza troppi giri di parole.

"Alle sei di mattina. E adesso ho fame. Vammi a prendere un panino..."

Non fece in tempo a finire la frase, che un sorrisino si stampa lentamente sulle sue labbra secche. Ho paura di quello che mi possa chiedere oltre al panino.

"Un pacchetto di preservativi."

Ecco, appunto, che avevo detto?

Non mi resta altro che fare un cenno con la testa, accompagnato da un sospiro, e dileguarmi da quel ufficio. So che non è finita qua.

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