Capitolo 9

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Pov. Ivan

Apro la porta di casa con un piede mentre tra le mie braccia tengo un sacco di croccantini per Laika. Da quando le mie sorelle se ne sono andate, mi sento sempre più solo nella strada del ritorno per casa. Prima che partissero per Toronto, lavorano in un bar vicino l'edificio in qui lavoro io. Appena finivo di lavorare, salutavo Arthur e Antonio per poi dirigermi di fretta verso il bar. Quando mi vedevano arrivare in lontananza, Natalia, la più piccola di noi tre, mi saltava addosso riempiendomi di baci. Katyusha, a canto suo, non correva mai, per un piccolo problema di seno. Mentre camminavamo verso casa nostra, parlavamo dei clienti loro o del mio capo. Ridevamo per ogni battuta e ci fermavamo a guardare alcuni negozi di vestiti.

Ora faccio tutta la strada per andare a casa, da solo. Spesso vengono a mangiare da me Antonio, Romano e Arthur. Ma quando non vengono, sento come se la casa fosse troppo grande per me. Questo pensiero, molte delle volte, scompariva appena vedevo Laika saltarmi addosso perché voleva giocare con la sua amata palla (regalata gentilmente da Arthur.).

Non riesco neanche a mettere un passo dentro la casa che, Laika, quasi non mi salta addosso per avere qualche croccantino.

"Stai calma."

Rido mentre porto in casa sia lei che il sacco di croccantini. Quel cane, mi ricorda molto Natalia e molto anche Katyusha. Una mi saltava addosso e l'altra mi coccolava. Non posso che voler bene a tutte e tre.

Appoggio il sacco sul tavolo mentre Laika mi salta addosso. La prendo e la metto sul divano.

"Calma! Ora ti porto tutto quello che vuoi!"

Vado in cucina a prendere le sue due ciotole. Metto l'acqua in una e, quei pochi croccantini rimasti in credenza, nell'altra. Torno in sala e appoggio a terra le due ciotoline, voglio che mangia assieme a me. Mi sento meno solo.

Appena Laika scende dal divano, vedendo le due ciotole, mi siedo io sul divano prendendo una busta, che avevo portato per tutto il tragitto attaccata al mio braccio, per prendere al suo interno il contenuto. Tolgo la plastica e inizio a mangiare la pizza che aveva preparato Romano per me e Arthur. Mi è mancato molto oggi a lavoro. Spero che il capo non abbia fatto del male ad Arthur.

Sospiro e mi metto a guardare il telefono. Per la precisione Instagram.

Dopo aver finito di mangiare la pizza, mi accorgo che è tardi, decido di alzarmi e andare verso camera mia. Mentre camminavo sentivo il mio telefono squillare. Metto una mano nella tasca e estraggo il mio telefono. Romano? Che è successo?

"Da?"

"ARTHUR. CHIAMA ARTHUR."
Perdo quasi un timpano. Ho capito cosa ha detto, ma per sicurezza rispondo:

"Cosa!?"

"Arthur! Non risponde alle 10 chiamate che gli ho fatto."

10 chiamate!? Strano, Arthur risponde sempre alle chiamate, specialmente se sono quelle di Romano. Riattacco e faccio come mi ha detto lui.

Primo squillo, nessuna risposta.

Secondo squillo, idem come prima.

Terzo squillo, non risponde.

Strano, Arthur, risponde sempre al terzo squillo.

Quarto squillo e ancora nessuna risposta.

Riattacco e chiamo Romano. E se avesse fatto un incidente!? O il capo l'avesse legato e sequestrato!? O peggio ancora stuprato vivo da un ladro!? No no non devo subito pensare in negativo.

"Vedi? Non ha risposto neanche a te eh!?"
Commenta subito Romano appena risponde alla mia chiamata.

"E s'è morto!?"

"Mi scoccia dirlo, ma avevi ragione Antonio."

E cosi sento Antonio ridacchiare dall'altra parte. NON C'È NIENTE DA RIDERE.

Il Capo Che Odio Con AmoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora