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Ogni mattina preparavo la tavola per la colazione, questa nuova abitudine mi piaceva molto.
Al mattino ero sola in cucina, da sempre mattiniera mi godevo il momento. In estate, alle sette, c'è già un cielo azzurrissimo ed io facevo colazione in sua compagnia, seguita dal canto degli uccelli. Una tovaglietta colorata, una tazza di latte, del caffè amaro, un cucchiaino, un libro e quel che mi piaceva in quel momento. Cosa avrei voluto quel mattino? Fette biscottate integrali con la marmellata? Biscotti da pucciare nel latte? Qualcosa da prepare al momento? Pensavo a tutte quelle cose lì,  semplici ma importanti per il mio percorso, per approcciarmi al cibo senza temerlo. Cominciai con poco, un bicchiere di latte e caffè con due biscotti e ci vollero molte settimane affinché non mi sentissi in colpa per un terzo biscotto. Da quando ero seguita sul piano nutrizionale imparavo più cose ed ero contenta di poter fare delle domande. Il mio percorso non sarebbe stato semplice ed avevo bisogno di una mano. Fare colazione fu il primo grande passo e so che può sembrare banale ma dopo anni e anni di digiuno, sopprimendo quella fame atavica mattiniera, era un grosso passo avanti. Rappresentava una conquista.

Il mio piano prevedeva un graduale reinserimento dei cibi e delle prove settimanali del tipo: Mangiare un alimento che ti blocca.
Fare qualcosa che ti spaventa come uscire a pranzo o a cena.
Le prime settimane non feci nessuna delle due cose ma la dottoressa si mostrò comprensiva e mi spronava sempre a provarci questa settimana.
Non volle dirmi il mio peso per la mia situazione mentale critica ma mi lasciava sempre con la promessa che ce l'avrei fatta. 

Ogni volta che crollavo mi sentivo una fallita, sentivo di aver perso l'occasione per un qualcosa di migliore, così ricominciavo e lo facevo sempre.
Ricominciavo ogni giorno.
Tutto ciò che avevo in quel momento ero io.
Presto capii di essere sola, la mia famiglia e anche Valerio, invece di vedere quella voglia di guarire come la vedevo io, vedevano una nuova ossessione che mi avrebbe portato in chissà quale altro tunnel. Mi arrabbiavo molto perché non erano in grado di vedere i tunnel chiusi, invece. Nonostante la mia battaglia mentale, quella che costantemente combattevo, avevo anche una famiglia spaventata e sapevo di non poter dar loro delle colpe. Ero stata io a portarli a quel punto.

Iniziare un percorso non è mai facile, ti scontri con delle realtà che non conoscevi,  visualizzi lati di te che conoscevi a stento. Conobbi una vulnerabilità malata, confermai il mio essere timida non per timidezza ma per vergogna. Non riuscivo ad accettare che le persone mi guardassero. C'è differenza tra vedere e guardare. Si vede ogni cosa che ci circonda ed ogni persona, il nostro sguardo, però, non si focalizza. Vediamo perché ci riusciamo. Guardare invece significa andare oltre la semplice vista e scorgere qualcosa in più. Non sorvoliamo soltanto perché in grado di vedere. Ed era questo che temevo. L'essere guardata perché di me saltavano all'occhio i miei tunnel, il mio marciume, i kg di grasso, la bruttezza che mi contraddistingueva. Certi occhi ti permettono di esistere ma non ero ancora pronta a questo.
Era questa la ragione per la quale fuggivo da Valerio, mi vergognavo di me, del mio essere e,  al tempo stesso il suo modo di guardarmi mi faceva esistere.
Era anche per lui che lo facevo, che mi obbligavo a mangiare, a seguire il piano, a non cedere alle abbuffate, ai digiuni e a tutti quei meccanismi così radicati in me.
Per lui, per tutti l'amore che mi aveva sempre dato e dimostrato.
Per la vita che stavamo sognando per il futuro insieme.
Per ogni suo progetto che mi vedeva protagonista ma non ancora per me. Lo facevo per altri ma la strada per arrivare a me non l'avevo ancora trovata. 
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In cosa consisteva il mio percorso?
Cos'è un riequilibrio alimentare?
Altro non è che ricominciare da zero, dallo svezzamento.
Non sapevo niente di cibo, non sapevo neanche mangiare.
Per me non facevano differenza un piatto di pasta e uno di biscotti, facevano ingrassare ugualmente. Erano demoni entrambi.
È difficile sradicare tutte quelle convizioni che negli anni sono andate solidificandosi.
È difficile mettere via la paura se essa ha fatto parte di te per anni.
Tuttavia provarci un po' ogni giorno mi sembrava la scelta migliore rispetto al solito tutto e subito.
Non ero finita.
Non sono finita.
Mi ripetevo costantemente e settimana dopo settimana capitavano quei rari giorni nei quali mi sedevo a tavola contenta, rilassata prestando attenzione ad altre cose come alla compagnia della mia famiglia. Come un pranzo con mia madre e mio fratello tranquilli.
Mia madre imparò a cucinare per me ed io gradualmente a fidarmi di lei. Imparammo a dividerci la cucina cucinando insieme.
Avevo bisogno di toccare il cibo, di annusarlo,  di non credere più che anche respirare un odore buono come il sugo fresco che cuoceva in padella fosse peccato.
Fosse contro i miei demoni, le mie voci mentali malate e i miei sensi di colpa.
Per preparare un sugo di pomodorini fresco ci vogliono giusto quindici minuti di tempo ma il basilico rilascia un odore così buono da volerne perdere altri quindici solo per annusare la padella.
Imparai prima a godere di questi momenti poi a stare calma.
Forse non passerà mai completamente la paura. Forse ci accosteremo alla tavola con dei pensieri alcune sere . Forse eviteremo anche dei piatti ma sarà normale. Non tutto è  anormale e malato , alcune cose restano. Sono cicatrici, ci sono, a volte il maltempo risveglierà il dolore, ma non sarà strano. Saranno quelle cose da portare dietro un po' pesanti ma tranquille.
Solo un po' di fastidio, tutto qua.

                            🔸
Quando Valerio mi invitò a trascorrere una giornata fuori si aspettava un no o comunque lo stravolgimento del piano che non prevedesse una cena o un pranzo ma una passeggiata soltanto.
Mi sento colpevole solo al pensiero di quanti: "amore facciamo solo una passeggiata, senza cena perché domani devi svegliarti presto, evitiamo di far tardi così."
Ero così bugiarda , non mi preoccupava per niente che lui dovesse andare a lavoro il mattino dopo. Mi preoccupavo per me!
Quando me lo chiese , però, un giorno di inizio luglio, a due mesi dall'inizio del mio percorso, risposi di sì lasciando a dopo l'arrivo dei pensieri.
Fu così contento!
Senza organizzare niente l'indomani, alle undici del mattino, mi venne a prendere. Lo vidi bellissimo, i capelli neri e morbidi. Il suo sorriso luminoso come gli occhi. Era felice e questo rendeva me tale.
Indossai un vestito da senza disagio quindi largo su pancia e fianchi, rosso scuro. Se ripenso a quel vestito e al mio armadio pieno dei capi senza disagio mi viene da chiedermi come caspita mi vestissi. Enzo e Carla piangerebbero rifiutandosi di insegnarmi a vestire bene.
Tuttavia questo era il mio modo di vestire e qualsiasi cosa uscisse da quel range mi faceva sentire, appunto, a disagio e grassa.

Mi portò a Mergellina.
Passeggiammo abbracciati, mi strinse i fianchi, mi guardò un quel modo capace di compattarmi. Guardammo bambini e adulti giocare e andare sui pattini lungo la zona pedonale.
Il nostro mare splendido arricchito dagli scogli, quello smeraldo cristallino. Il profumo di mare. Avevo rinunciato a quei posti da tempo. Avevo rinunciato a tutto. 
Decine di ristoranti si estendevano davanti a noi. Ognuno vista mare. Ognuno coi clienti in attesa che si liberasse un tavolo. Profumi di sapori meravigliosi.
Scegli tu.
Scelsi Regina Margherita.
Mangiammo lì cinque anni prima, quando non ero ancora così dentro il tunnel e uscire era ancora concesso.
Mi era rimasto nel cuore .
In onore di questo, del mare davanti a noi, della splendida giornata, di Valerio e  di noi due, decisi di sfidarmi, di non dar retta alla paura, al timore di cadere nel meccanismo del tutto o niente , del   tanto ormai... e mi feci catturare dai sapori, dagli odori.
Fu un pranzo spensierato. Ridemmo come non capitava da tempo. Ci tememmo le mani.
Ci baciammo,  parlammo di noi, del futuro. Della prospettiva di un qualcosa di migliore anche per noi. Quelle migliorie che dipendevano da me, dal mio combattere.
In momenti come questi, così perfetti e felici riuscivo a credere di tutto. A volte è giusto così,  sentirsi invincibili anche per poco, anche solo per un giorno

L'uomo non è né sarà mai invincibile ma può vivere momenti durante i quali sentirsi tra le mani il potere. Il famoso potere di cui tutti parlano. Quello di cambiare il corso degli eventi.

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