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Ho sempre pensato di non poter essere felice per un tempo continuato e ancora lo credo, eppure tutto mi sembrava meraviglioso. La mia felicità sembrava perfetta. Il giorno del matrimonio era stato perfetto, anche il viaggio di nozze e il rientro. Tornare nella nostra casa fu talmente naturale da farci provare la sensazione di essere vissuti sempre sotto lo stesso tetto. La gravidanza era ormai parte di me, ero quindi felice sotto ogni aspetto però poi un mattino mi svegliai e trovai del sangue andando in bagno. Erano le cinque e dieci del mattino e trovai del sangue sulla carta. Credo di aver perso pezzi di cuore nel gabinetto della mia nuova casa.
"No, ti prego no..."
Scrissi subito un messaggio alla ginecologa . A quell'ora? Sì.
Mi rimisi a letto perché altro non potevo fare e se fossi rimasta in piedi avrei consumato rotoli di carta controllando in continuazione. Feci mille ricerche online, google divenne fuoco sotto i miei occhi laser. Avevo una lacrima continua che scendeva lungo gli occhi. Erano assurde le sensazioni che provavo. Pregavo Dio di non portarmi via il mio Fagiolino, non conoscevo neanche il sesso, come potevo già perderlo? 
Feci quel che facevo sempre dopo un poco, cominciai a metabolizzare e a crearmi varie via di fuga e mi calmai.
Caddi in uno strano sonno agitato, sognai la mia prima gattina morta da anni seduta sull'uscio della mia camera da letto e mio nonno perduto all'età di tre anni che entrava ed usciva tra la mia camera da letto e la cameretta. Ero cosciente ed incosciente come se fossi sveglia ma al tempo stesso consapevole di star sognando. Non riuscivo a muovermi e gridavo aiuto a bocca chiusa. Nessuno mi sentiva, neanche Valerio che, entrando in camera da letto, non vide né mio nonno né Lucky. Mi svegliai sudata, terrorizzata. Erano solo le sette e non potei più aspettare. Svegliai Valerio e con calma, tutta quella che riuscii a trovare, gli raccontai tutto. Valerio va nel panico per tutto, si demoralizza per un nonnulla. Ci vogliono giorni e un lavoro da parte mia immane per recuparargli una parvenza di autostima ma, quando poi si tratta di me, la sua espressione non cambia. Diventa roccia: "ti proteggerò da incubi e tristezze"
"Andrà tutto bene, alziamoci e facciamo colazione poi, appena la dottoressa risponde, andiamo da lei."
Così facemmo colazione e alle otto e venti mi rispose la dottoressa dicendomi di andare da lei in ospedale. Ormai era fatta, sapevo cosa fare quindi la paura ritornò perché la risposta di quel sangue l'avrei avuta a breve. Il bisogno di avvertire mia madre, sentirla, divenne fortissimo ma mi trattenni perché volevo sapere prima. Non volevo preoccuparla eppure il mio era un bisogno estremo. Mi vestii di nero. Nero a luglio. Mi preparai a un lutto interno.
Quando si tratta di me mi riesce difficile credere che andrà bene.
Valerio mi riempì di parole dolci, di incoraggiamento per tutto il tragitto ma io componevo e cancellavo il numero di casa di mia madre. Arrivati al policlinico poi scoppiai in lacrime e presi a tremare. Come una bambina dicevo: "voglio mamma"
"Perché non ti affidi mai a me? Non ti do coraggio?"
"Sì amore ma voglio mamma, solo lei sa come prendermi quando sto cosi. Le basta una parola. Mi sento male!"  Allora Valerio prese entrambe le mie mani nella sua e le strinse. Sono sempre così calde...
Me le tenne così, immobili, mentre trovava parcheggio. Mi tenne la mano mentre andavamo dalla dottoressa che mi venne incontro. Vederla mi calmò, i suoi occhi azzurri mi hanno sempre trasmesso forza, sono di una dolcezza molto rara. Stendermi sul lettino mi fece paura ma ormai era fatta, pochi secondi e ti avrei visto.

Ti trovammo subito, eccoti qui, vispo e pimpante ma a testa in giù, stretto stretto in una placenta molto contratta.
Questo il motivo del sangue: la placenta si era contratta e tu ti eri girato a testa in giù, troppo presto però. Cosa era accaduto? Mi ero stancata troppo? Stress? Qualsiasi cosa non sarebbe più accaduta perché tu stavi bene, il tuo cuore batteva forte ma dovevo stare a riposo assoluto per qualche giorno. Mi sarei messa a letto per te.

Mi aggrappai ancora di più a te, alla tua presenza, al farti crescere più forte possibile e tu crescevi così bene.
Mi prendevano tutti in giro perché sapevo tu fossi maschio. Me lo sentivo nella parte più profonda di me. Più si avvicinava il periodo durante il quale sarebbe stato individuabile il tuo sesso più aumentavano le scommesse perché nessuno mi credeva tranne, ovviamente, mia madre. Anche quella mattina tuo padre scommise con me.
"Poi vedrai."

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"Mi sembra una femminuccia"
"Dottoressa cerchi bene, non è femmina"
"Vediamo..."
"Ecco!! Guarda, pallina-ciondolino-pallina! Ma che te lo sentivi?"
"Sì, lo sapevo!"
Valerio era sconvolto. Ora sapeva a chi pensare, quale vocale immaginare mentre ti pensava mentre per me era stato così sin da subito. Ero così felice. Eri un dono talmente immenso che non avrei potuto immaginare nient'altro. Eppure non osavo comprare neanche un fiocchetto perché dentro di me c'è sempre qualche mostro. Tu però eri la luce di Dio. Eri il tutto. Eri tutto.

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