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Mi pesai.
Trascorsi una settimana intera in autoconvincimento per sentirmi pronta, per dirmi pronta.
Invece non fui pronta né lo sarei mai stata.
È uno strano rapporto quello con la bilancia.
È un odio profondo con qualche sprazzo di amore.
Il numero che ne vien fuori rappresenta il centro del nostro universo. Seppur presente una larga fetta di persone entusiaste se v'è stato un aumento di peso, v'è una larghissima, gigantesca , fetta di persone terrorizzate da un  + , deluse da un = e felici da un -.
Questo rapporto malsano con la bilancia condiziona l'intera esistenza, diventa una reale e fisica ossessione oltre che un blocco mentale. Sono tanti i meccanismi che scattano alla vigilia di una pesata: si mangia meno a cena del giorno prima, si è ben attenti all'essere andati al bagno e come e la pesata salta se non v'è stato questo passaggio fondamentale .
Ho vissuto a stretto contatto con la mia per anni. Durante gli anni dell'anoressia mi pensavo una decina di volte al giorno, nascondendo la bilancia ovunque potessi perché mia madre la odiava e me ne ha fatte sparire un bel po' quindi le nascondevo ovunque, anche in un orso gigante nel quale feci un buco cucendo poi una cerniera.
Il mio era un rapporto davvero malato che aveva condizionato ogni frammento e frangente della mia vita quindi, quando mi pesai nuovamente ogni paura tornò, anche quelle leggermente assopite vennero fuori più potenti.
Segnava + 13 kg rispetto al normopeso e considerando ciò che mi aveva detto la dottoressa, avendo perso già piu di due kg, ero stata in sovrappeso di oltre 15. Ero sconvolta . Come avevo potuto non accorgermi di questo? Come avevo potuto sentirmi solo grassa e non obesa?
Ero schifata da me stessa. Mi ero distrutta. Avevo spinto il mio povero corpo oltre i limiti, prima nel tunnel del sottopeso estremo ed ora nel sovrappeso. Come ci si può fare tanto del male e non riuscire a fermarsi?

Scoprire quel peso mi fece arrabbiare, mi caricò così tanto di rabbia da spingermi, non a farmi del male come avrei fatto pochi mesi prima, ma ad acquistare maggiore consapevolezza e di conseguenza farmi del bene. Quello non era il mio peso e il corpo che avevo non era il mio .
Provai a vederla come una fase di transizione, era una fase di passaggio obbligata affinché poi ne uscissi fuori. Una strada che avrei dovuto fare per forza. Ancora oggi è così. Provo a vederla diversamente perché devo. Perché il limite per quanto spesso possa essere può assottigliarsi. Nessuno è invincibile, noi ancora meno . Sempre.
Per quanto chi mi fosse intorno vedeva con paura il mio allenarmi e stare a dieta, sapevo che entrambi - sport e alimentazione guidata - mi erano necessari per guarire. Vedevo lo sport come una medicina, non sarei riuscita a mangiare tranquillamente senza sapere che mi sarei allenata. Che il buon cibo, tutto quel cibo sano che sempre più faceva parte della mia vita, sarebbe diventato carburante per il corpo durante l'attività e che quell'attività fisica avrebbe trasformato il mio corpo.

Sono molti i pensieri, sono moltissimi i meccanismi, i ragionamenti complessi come equazioni che scattano nella mente di chi soffre di un disturbo alimentare. Direi che ogni cosa viene passata sotto l'attenzione di qualche ragionamento iper complicato. Non c'è nulla che si faccia naturalmente.
Non è naturale, ad esempio, il bisogno quasi vitale di dimostrare quel che si sta facendo. Quante volte mi sono soffermata in un gesto affinché mia madre, un'amica, Valerio o chiunque, vedendomi, mi dicesse"brava!"
Non è naturale quel bisogno di sentirsi riconosciuti qualcosa, come se il volersi salvare la vita fosse una gran cosa e si meritasse quindi un premio ogni volta non la si attentasse.

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Con Valerio le discussioni erano frequenti, non capiva il mio cambiamento, come lo chiamava.
Se da un lato era felice del fatto che volessi guarire, dall'altro era spaventato dal vedermi diversa.
Senza accorgermene ero diventata più indipendente. Cominciavo a ragionare con la mia testa e aprivo bocca più spesso esponendo quelle che erano le mie idee,  i miei dissensi, i miei desideri. In qualche modo, senza rendermene conto, Ilary stava prendendo un posto, veniva fuori ma l'altra Ilary, la parte predominante e marcia, non lo capiva e non lo vedeva. Erano gli altri a notarlo. Valerio aveva paura di perdermi. In fondo stavo cambiando tutto della mia vita, perché non avrei dovuto cambiare anche lui? Ma non c'era niente che desiderassi più di Valerio. Era anche per lui il mio percorso. Era anche per lui il mio volermi voler bene. Per fare l'amore, per stringersi pelle nuda contro pelle nuda senza pensare al mio corpo brutto in qualche modo ma al calore che da essi si sprigionava. In fondo volevo poter sentire. Sentire tutto.

Mi tinsi i capelli.
Il nero non mi era mai appartenuto,  l'ovvietà che ci fossi nata non stava a significare che fosse il mio.
Oggi tingersi i capelli è la cosa più semplice del mondo. Bastano trenta secondi per decidersi a farlo. Io ci misi mesi. La mia pelle di luna moriva sotto il peso dato dal nero ed io sentivo sempre più il bisogno di dare luce.
Cominciai con lo schiarirli e finii col tingerli di ogni sfumatura. Finché per un annetto mi fermai sulle tonalità del rosso e quanto mi piacevo! Li ho sempre portati lunghi e col rosso mi sentivo bella , luminosa, diversa ma sempre malata. Procedeva.
Procedeva tutto: la dieta, l'attività fisica, la cura per le ovaie,  il lavoro su me stessa ma mi sembrava di non venirne mai fuori. Dimagrivo a passi di lumaca e più avveniva ciò più aumentavo l'attività fisica. Mia madre l'aveva vista lunga come sempre, ero entrata in un altro tunnel. Un altro circolo vizioso.
Spesso mi chiedevo se sarei mai stata libera davvero, se un giorno sarei stata felice di fare qualcosa senza farla diventare un'ossessione. Volevo essere magra. Volevo essere bellissima e avere un corpo perfetto e non c'è un'ossessione più grande e grave di questa.
Erano inutili i vestiti nuovi. Era inutile giocare coi capelli, spendere i soldi in trucchi.
Era tutta un'impressione di facciata.
Si sorrideva perché era semplice.
Facevo tutto perché ormai sentivo di doverlo fare. Mi piaceva allenarmi ma mi piaceva di più l'idea che sarei dimagrita. Non so, nella mia mente c'era un lucchetto di cui non avevo ancora trovato la chiave perciò,  ogni miglioramento, ogni passo avanti era offuscato da questa fissazione della magrezza ancora così forte e presente, pressante e indecente. Era indecente vivere così.
Era indecente desiderare di essere come il manichino in una vetrina.
No?

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Combattevo contro le abbuffate e pian piano riuscii a non cedervi più. Combattevo i sensi di colpa con il bisogno di non sentirmi in colpa.
Forse scrivo troppe volte la parola dipendenza ma le abbuffate sono una dipendenza. A volte è persino automatico mangiare di più e dirsi che tanto poi vomito. È quasi un pensiero consequenziale star tutta la settimana a dieta e rifarsi il fine settimana. Quante volte ho letto ragazze che dichiaravano: "per me è normale, sto a dieta fino al venerdì poi mi abbuffo il sabato e la domenica."
Spesso era difficile leggere molti profili di ragazze affette da una qualche forma di DCA ma anche stare nei gruppi su facebook di dieta,  cucina, cibo e palestra e simili non era facile. Si era pronti a far la guerra con chiunque o a dover vedere passare per giusti comportamenti sbagliati. Per me, neanche da malata, era normale seguire una linea retta settimanale e tornare sulle montagne russe nei weekend per poi ricominciare da capo il lunedì. Forse erano il mio bisogno di stabilità ed equilibrio che mi facevano vedere lucidamente almeno questo aspetto. Da questi gruppi però imparavo molto. Imparavo anche la disinformazione. Imparavo che gli sbagli maggiori erano dovuti a questo. Non eravamo informati. Non eravamo a conoscenza di nulla legato al cibo. Eravamo solo pieni dei detti,  dei luoghi comuni, delle frasi ancestrali con le quali ci avevano farcito l'esistenza e che avevano sviluppato la maggior parte delle nostre fobie.
Si è terrorizzati dai carboidrati perché ci hanno insegnato che fanno ingrassare perciò li leveremo durante la dieta.
Ci hanno insegnato che la verdura è da mangiare illimitatamente perciò soffriamo di aereofagia, gonfiori vari e nausea.  Nessuno ci dice che non siamo mucche con uno stomaco a parte per digerirla.
Ci hanno detto che i grassi fanno ingrassare ma pochi ci spiegano che esistono grassi buoni che ci aiutano in funzioni vitali, come la lubrificazione ossea e la regolarizzazione ormonale.
Chi è che spiega tutto questo?
Ci insegnano a temere il cibo non a farcelo alleato.
In questi gruppi imparavi anche questo.
Imparavo nuove ricette in versione sana ma anche a non aver paura di un piatto tradizionalmente calorico. È una lotta individuale, ovvio, ma è confortante sapere che v'è un mondo intorno che fa le stesse cose che fai tu e cerca di imparare qualcosa.
Non commentavo mai, non scrivevo mai, leggevo tutto, assorbivo tutto in attesa di sentirmi pronta. I gruppi di facebook erano pieni di persone e ogni persona aveva una storia, una mente piena di pensieri e delle dita veloci per poter scrivere qualsiasi cosa. Il giudizio mi spaventata più di qualsiasi altra cosa. Era su instagram che mi sentivo libera perché era un mondo più chiuso, il mio diario segreto ormai era virtuale. Avevo le mie ragazze accanto.
Le mie ragazze, parlavamo la stessa lingua e combattevano tutte le stesse guerre.
Profondi e oscuri tunnel.

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