Capitolo 5 - Furbizia e buone intenzioni

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Clara




"Alberti, smettila o conoscerai presto la mia furia omicida, e so per certo che non ti piacerebbe." dissi, chiaro e tondo, sostenendo il suo sguardo a dieci centimetri dal mio.

Odiavo le persone che mi stavano col fiato sul collo. Volevo essere libera di fare qualsiasi cosa mi andasse: frequentare chi mi andava senza rendergliene conto.
Dovevo mettere in chiaro che "il nostro patto" non prevedeva altro al di fuori del suo bambino. Che la mia vita non era di sua proprietà.

"Scordatelo, strega. Non la finirò finché non mi dirai quello che voglio sapere. E voglio il nome del tizio che ti ha chiamato, poco fa."

Avevo dimenticato quanto fosse capriccioso e arrogante, e provavo quasi pena per la creatura che sarebbe venuta al mondo tra qualche mese.

"Non sono affari tuoi, ti ripeto. Tu hai solo comprato il mio utero."

Avevo parlato troppo presto.
Era da tredici minuti che eravamo seduti a questo tavolo e avevamo già iniziato a litigare.

Non volevo pensare a come sarebbero andati i prossimi mesi, sopratutto quando avrei avuto gli ormoni in subbuglio per via della gravidanza.

Ora, non né potevo già più di lui e della sua morbosa curiosità. Avevo bisogno di un posto tranquillo per calmare i nervi, altrimenti qui sarebbe scorso del sangue.

"Non osare andare via, streghetta, o te ne pentirai!" sibilò a denti stretti, impugnando una forchetta.

"Vado solo in bagno, coglione.
È forse vietato?"

Mi fissò.

"Se non torni tra cinque minuti..."

"Se osi entrare nel bagno delle donne, ti eviro." Mimai una forbice nella sua direzione, e recuperato un fazzoletto girai i tacchi, ma dentro mi sentivo una belva.

Chiesi a uno dei camerieri dov'era il bagno, e loro m'indicarono senza troppi preamboli la porta in fondo.

Non appena varcai la soglia, mi chiusi la porta dietro talmente forte, che per poco non la smontai.
M'appoggiai contro di essa, portandomi la mano sul petto, per tentare di regolarizzare i battiti.

Il cuore a furia di battere sarebbe potuto uscire fuori e scapparsene chissà dove. Il respiro spezzato, nervoso, a tratti irregolari, a causa della discussione con lo stronzo.

Mi ero cacciata in un bel guaio.

Avere il bambino di quel coglione mi avrebbe - in teoria- legato a lui con un filo invisibile per sempre. E, cosa peggiore, io e lui non potevamo stare nella stessa stanza senza discutere per ogni cosa.

Come avrei potuto sopportare questa situazione? Un bambino... un bambino che nasceva da un contratto, non poteva cambiarci.

Lui si sarebbe preso il bimbo, su cui non avrei avuto più alcun diritto una volta nato, ed io avrei incassato i soldi per mia madre.

Questo doveva accadere.

Pensare che avrei salvato mia madre da morte certa mi convinse a procedere in questa folle strada.
Mi sentivo meglio, più calma, pronta per tornare a quel tavolo.

Mi avvicinai al lavabo, e girata la manopola, mi lavai un po' la faccia, stando attenta al trucco.



Max

Maledetta strega, se quando torni qui non mi dici chi era quello che ti ha chiamato prima... giuro che io... nella mia testa si fecero spazio pensieri omicidi su di lei. Non mi ero mai reso conto di quanto fosse insolente e capricciosa. Voleva avere sempre la ragione dalla sua parte dai tempi del liceo, ma questa volta non gliela darò vinta.

 PATTO DI SANGUE (Completa) #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora