Capitolo 9 - Umano

3.8K 238 27
                                    

Clara

Non riuscivo a togliermi dalla testa la scena di poco fa. Sapevo che non avrei dovuto reagire in quel modo, visto che non m'importava chi si scopava o quale sua segretaria si portasse a letto in mia assenza, ma in questo caso era diverso.

Mi aveva ingaggiata come madre surrogato, presto avremmo avuto un bambino, lo desiderava lui, e come futuro padre doveva darsi una regolata, sopratutto con le scopate occasionali. Non poteva fare sesso sul tavolo sapendo che suo figlio avrebbe potuto coglierlo in flagrante e convincersi di avere un genitore degenerato. Ed io come madre avrei dovuto proteggerlo finché coabiterà nel mio utero.

"Ti prego, Clara. Non essere sempre così cocciuta!" esclamò, passandosi le mani fra i capelli.
"Lascia che ti spieghi."

"Non voglio sentire le tue patetiche scuse. Sono stanca di te e dei tuoi errori" Mi voltai, a dieci centimetri dal suo volto. "Okay, hai la tua vita e non lo metto in dubbio come tutti d'altronde, ma..." Gli puntai un dito contro i sodi pettorali. "La prossima volta se vuoi scoparti quella, chiudi a chiave la porta."

"Cosa? Io non mi scopo Sheila." Scosse il capo più e più volte. "Ascolta, mi dispiace moltissimo. Ma una volta potresti ragionare con calma senza lasciarti soggiogare dai vecchi pregiudizi che avevi sul mio conto, perché la realtà è totalmente diversa da quella che hai visto. Io non stavo scopando né Sheila, né altre."

"Certo." dico in tono ironico. "E cosa stavi facendo?" assottigliai gli occhi. "Controllavi se aveva le mutande?" alzai la voce.

"Non essere ridicola, per favore." mi rispose con lo stesso tono. "Non controllavo proprio niente." distolsi il viso, osservando l'altra parte della strada, con le braccia conserte e la mascella contratta. "Seguimi." mi sussurrò, e con la coda dell'occhio notai uno spostamento dei suoi piedi nella mia direzione. Il suo petto a dieci centimetri dal mio, il suo respiro mi sfiorava una guancia.

Mi afferrò il polso e mi trascinò con leggerezza, come se avesse paura che potessi decidere di non seguirlo. Volevo liberarmi dalla sua presa, ma desistetti dal mio intento, e come un cane bastonato rientrai nella hall. Continuò a stringermi il polso anche dopo aver chiuso la porta del suo ufficio, per sicurezza girò due-tre volte la chiave nella serratura, facendola poi scivolare nelle tasche del pantalone.
Un sorriso gli increspò le labbra, mentre mi fece cenno di sedermi ed io avrei voluto dargli un calcio nei gioielli di famiglia.

"Non c'era bisogno di chiudere a chiave la porta. Non scappo mica."

"L'ho fatto per sicurezza." mi disse con il solito sorrisetto. "Da te mi aspetto di tutto. Saresti capace di fuggire dai condotti dell'aria."
Si spostò, facendo scattare di nuovo la serratura per aprire la porta. Nello studio entrò la sua segretaria, con l'intenzione di chiarire questo malinteso.

"Signorina." fece un piccolo inchino, poi si scambiò un'occhiata d'intesa con Max fermo al lato della porta.
"Le chiedo umilmente scusa per la visione poco professionale che ha visto poco fa. Giuro sul mio nome e su quello del signor Alberti, che tra di noi c'è e ci sarà sempre e solo un civile rapporto di lavoro e che quello che è accaduto prima è stato un increscioso incidente che non accadrà più." Poi in silenzio abbandonò la stanza.

Io, se prima ero senza parole, adesso lo ero ancora di più.
Avevo travisato quello che avevo visto, mi ero arrabbiata per nulla, avevo sprecato fiato a dirgli tutte quelle cose come una folle di gelosia, e alla fine lui non aveva fatto altro che ricoprire il ruolo di eroe, salvando la poverina da una brutta caduta.

"Non credere che l'abbia manipolata per farla venire qui. Non sono così... malvagio."
Fece il giro della scrivania, per poi accasciarsi sulla poltrona di pelle.

"Non lo credo affatto. Sei stronzo, ma non così stronzo da prendermi per il sedere una seconda volta."
Max ridacchiò, giocando con la penna stilografica.

"Eppure pensi ancora che sia uno schifoso playboy, che ci prova con tutte le donne che ci sono in circolazione."

"Non mi hai dimostrato il contrario negli anni. Sei sempre stato il solito stronzo. Uno di quei tipi che credevano di avere il mondo femminile ai propri piedi."
Drizzò lo schienale appoggiando le mani congiunte sulla scrivania.

"Nella tua testolina bacata non è venuta in mente l'ipotesi che potessi essere cambiato?" ghignò, strofinando un po' il mento.

"Sì, sei cambiato. Non sono ceca, già il fatto che vuoi questo bimbo ad ogni costo per me significa..." Lo fissai per un secondo.
"Che sei... diverso, più maturo, più..." Feci un'altra pausa per solennizzare il discorso. "Umano."

Umano.

"Ma quel poco che hai visto non basta a giudicarmi." Mi avvicinai di più, sporgendomi per specchiarmi nei suoi occhi scuri.
"E allora devi farmi vedere qualcosa di più."

"Non è sufficiente non scopare più ogni giorno? Impegnarmi per avere questo bambino? E accettare te, cocciuta e strafottente?"

"Io tolgo il disturbo." Feci per andarmene, ma prontamente mi afferrò il polso con fermezza.

"Abbiamo un patto. Non vai da nessuna parte, tu.... appartieni a me, ricordi?"

"Errore. È il mio utero quello che ti appartiene per contratto." ribattei, seccata.

"Errore. L'utero è nel tuo corpo, quindi anche lui è di mia proprietà ed esigo che sia solo mio."

Slegò le dita dal mio polso, concentrandosi su una pila di fogli, che mi porse.

Aprii il primo, trovandoci scritta una sorta di lista o tabella di marcia, utile per segnare, passo dopo passo, tutto quello che c'era da fare per la gravidanza.

"Questo è il calendario. Ho segnato le date delle visite, l'inseminazione artificiale e anche quella del ricovero per il parto." mi spiegò, mentre i miei occhi scorrevano da cima a fondo, analizzando ogni minimo dettaglio.

Sollevai lo sguardo dal foglio, corrugando la fronte.

"Come mai l'inseminazione copre un'intera settimana?"

"Per due semplici motivi, streghetta." Sottolineò con l'indice alzato. "Il primo è che nel cinquanta per cento dei casi la fecondazione potrebbe non avvenire al primo tentativo."
Poi anche il medio. "Il secondo non ho la più pallida idea di quando sia il tuo ciclo mestruale, e per evitare di trovarci un intoppo natalizio di troppo, ho pensato di allungare i tempi." E accompagnò quest'ultimo pensiero con un sorriso a trentadue denti, che mi fece attorcigliare l'intestino per il disgusto.

"Stronzo." dissi, gettandogli i fogli in faccia.

 PATTO DI SANGUE (Completa) #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora