Capitolo 12

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Nate mi accompagnò fino a casa, dove mi aspettava mia mamma. Non era molto preoccupata, anche perché non era tardissimo.

-Ti ha baciata, eh?-
Mi disse con la sua solita faccina perversa, notando l'emozione stampata sul mio viso.

Le sorrisi felicissima della serata ed annuii freneticamente.
Mi abbracciò forte dicendomi di essere felicissima per me e che aveva sempre saputo che eravamo fatti l'uno per l'altro.
Ancora non credevo a tutto ciò che era accaduto, dovevo ancora realizzare.
Sfortunatamente avevo dei compiti da fare e avrei dovuto farli alla svelta, perché erano parecchi. Mi chiesi come sarebbe riuscito a farli tutti Nate...quella sera tornò a casa al mio stesso orario, se non più tardi ed io non riuscì neanche a studiare tutte le materie.
Almeno avevo passato una bella serata.
Mentre studiavo, o almeno cercavo inutilmente di studiare, non facevo che pensare alla serata trascorsa al Paradise, fra Nate, Brian e la musica.
Ma come succedeva ogni volta, i dubbi incominciarono ad assalirmi. Insomma, baciare un ragazzo non fa di lui il tuo fidanzato. Non era la prima volta che succedeva ed al secondo bacio le incertezze erano di sicuro aumentate.
Mi lasciai cadere sul mio letto. Trovavo pochi posti più confortevoli della mia stanza.
Sprofondai nelle lenzuola viola,immergendo la testa nei morbidi cuscini dalle federe nere. Osservai a lungo il soffitto,sul quale erano attaccate stelle finte, di quelle che si illuminano al buio. Adesso erano consumate, il colore sbiadito, qualcuna si era quasi staccata, ma quando ero piccola erano più brillanti che mai.
Sommersa dai ricordi, lo sguardo mi si fece sempre più oscurato,fino a che non chiusi gli occhi....

Stelle ovunque, sul soffitto della stanza.
Saranno davvero calde.
Una bambina dal passo incerto si dirige verso il bagno. Vuole prendere una scala,vuole toccare le stelle.
Spesso gli adulti sono attratti da ciò che brilla, ma le stelle, quelle non le notano mai.
Lei però sa a chi può regalare una stella. Quelle piccole luci nel cielo le ricordano tremendamente i suoi occhi. In ospedale non ci sono stelle.
Passo dopo passo, con quei suoi leggeri piedini, si sta dirigendo verso la cucina, una donna sta piangendo.
-Mamma...Perché piangi?- le domanda con fare innocente.
-Niente tesoro,la mamma è triste.-
La bambina non riesce a capire. Se la mamma è triste, perché sorride?
Ma lei non può perdere tempo ponendosi certe domande, ha una missione da compiere.
-Mamma, portami all'ospedale,devo portargli una stella. Lui dice sempre che le stelle portano speranza-
Gli occhi gonfi della donna si posano dolcemente in quelli della bambina.
-Tesoro,come puoi prendere una mammà brillerebbero come gli occhi della persona a cui deve donarne una e lei non sarebbe così felice nell' osservarle.
La mamma accontenta la sua richiesta ma appena entrano nel reparto dove si trova l'amico della bambina, si sentono tante voci, disperazione, paura. Delle infermiere si recano di corsa in qualche posto ignoto.
Dalla barella che trasportano con poca cura ed attenzione non si scorge altro che dei ribelli ciuffi rossi.

Mi svegliai di colpo con una goccia di sudore che cadeva sulle mie guance.
Avevo avuto un incubo.
Il mio letto era tutto scombinato, mi ero mossa parecchio.
Diedi un occhiata all'orario del mio telefono, era ancora notte ma non riuscivo ad addormentarmi, non ora che avevo sognato...ma sognato cosa? Improvvisamente mi resi conto di qualcosa di strano. Non riuscivo a collegare questo sogno a nulla. Pensando al passato non riuscivo a materializzare nulla.Una buona parte della mia infanzia era completamente scomparsa, non poteva trattarsi semplicemente del troppo tempo passato, doveva esserci qualcos'altro.
Lo ammetto,un'adolescente che fino alla veneranda età di sedici anni non si è mai chiesta nulla sul suo passato è un tantino strano, ma non so come spiegarlo, non ne ho mai avuto la necessità. Ho sempre vissuto la mia vita nel modo sbagliato, pensando di essere sempre stata sola e portando avanti questa folle idea per il resto della mia vita, fino a quella notte.  Non volevo ricordare perché credevo che la mia infanzia si limitasse a ciò che avevo vissuto durante la mia adolescenza, ovvero nulla.
Passai tutta la notte a cercare di ricordare quel sogno, perché da qualche parte avevo letto che non si può sognare una persona senza averla vista neanche una volta. Le infermiere avevano visi troppo definiti per averle viste di rado ed ultimamente non ero stata in ospedale. Mentre quei capelli rossi, beh, non ci misi molto a collegarli a Nate. Infondo, lui faceva parte della mia infanzia ed insieme ai miei genitori era l'unico a potermi aiutare.
Alla fine riuscii ad addormentarmi, anche se ci misi un bel po'.
Quel piccolo sogno poteva significare così poche cose ed allo stesso tempo così tante che proprio non riuscivo a togliermelo dalla testa.
La mattina dopo, al solito suono della sveglia, mi alzai di botto, determinata a passare l'intera giornata, se necessario, a scoprire di più riguardo il mio passato.
Per qualche istante l'idea mi sembrò assurda. Qualsiasi persona non ricorda della sua infanzia, ma quel vuoto totale che sentivo dentro, quello non mi sembrava affatto normale e riguardo Nate, mi sembrò piuttosto strano non riconoscere a primo impatto una persona così significativa nella mia infanzia.

Ma salve!
Che bello, sono così lenta a pubblicare che i bradipi in confronto a me sono Bolt.
Yay!
Mi farò perdonare... Se prima o poi ricevo la grazia di arrivare alle 1000 letture. :D
Non ho altro da dire.
Fate brillare quelle stelline e lasciate un commento owo.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 15, 2017 ⏰

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