CAPITOLO 13.

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Charity si ritirò nella sua stanza e chiuse a chiave la porta, non voleva ricevere nessuna visita da parte di quel coglione di Jeff. Si raggomitolò fra le coperte, massaggiandosi i fianchi dove riportava alcuni segni. Voleva solo dormire e scacciare via tutti quei maledetti pensieri dalla testa, rinchiuderli da qualche parte all'interno del suo subconscio o accantonarli almeno fino alla mattina seguente, ma la sua mente, che da sempre era stata crudele con lei, decise di riportarle alla mente esattamente ciò che aveva evitato da quando aveva visto quel bimbo sbucare dalla porta quella notte.

Il caldo la soffocava e le appiccicava la maglietta al corpo, facendole maledire sé stessa per aver scelto quella rovente serata per cercare qualche vittima. La scelta della casa in cui introdursi fu casuale, senza preoccuparsi che potesse essere la casa di qualche eurodeputato o di un barbone, vi penetrò nella speranza di trovare del conforto per quel caldo. Alla fine quella casa risultò essere la dimora di una famigliola. Sgattaiolò silenziosamente in un camera da letto, dove giaceva una giovane coppia di sposi e li ringraziò di avere accesso il condizionatore. Si lasciò coccolare per pochi secondi dall'aria fresca che emetteva l'aggeggio elettronico e poi decise che era il momento di passare all'azione. Iniziò a passeggiare ed a frugare nella camera della coppia, facendo più rumore possibile per ridestarli. La sua tattica funzionò e qualche minuto dopo la donna rinvenne di soprassalto, mentre lei stringeva in mano uno dei suoi vestiti, trovato nell'armadio. Alla sua vista trasalì, ma non le diede il tempo di urlare perché si avventò su di lei, tappandole la bocca. Varie goccioline di sudore le imperlavano la fronte e non era per il caldo. Abbassò piano la mano per sentire se avesse da dirle qualcosa. Il suo sorrisetto era tremendamente inquietante, canzonatorio.

-S-se vuoi d-dei soldi, guarda in fondo all'armadio...- balbettò.

Scoppiò in una fragorosa risata.

-Io non voglio soldi tesoro, io voglio vite!- le rispose con un agghiacciante sorriso.

La donna la guardò, ormai in preda al panico e immobilizzata dal terrore che le respirava addosso quasi come fosse una persona in carne e ossa, non riuscì ad urlare o a svegliare suo marito, si lasciò semplicemente uccidere.
L'uomo a fianco a lei dormiva ancora beato, incurante che sua moglie giacesse priva di vita accanto a lui.

Charity sistemò meglio il cadavere di questa, in modo che lui potesse guardarlo in faccia. Si appostò alle sue spalle, punzecchiandolo con la lama del coltello. Dopo un po' l'uomo aprì gli occhi, la sua espressione fu dapprima confusa, poi diventò un'espressione di puro orrore.

-Non osare gridare o ti taglio la gola- si affrettò a minacciarlo.

La sensazione che provava era fantastica, si sentiva come il gatto che aveva in trappola il topo.

-Avresti potuto salvarla, ma tu dormivi. Non ti sei preso nemmeno la briga di interrompere il tuo sonno per salvare la donna che ami- cominciò ad accusarlo con quelle parole velenose.

L'uomo cominciò a piangere e singhiozzare violentemente, non trovando il coraggio di guardare la consorte morta al suo fianco. Quelle parole gli pesavano, lo rendevano incapace di reagire e Charity era consapevole del potere che avessero quelle accuse.

Si mise a ridere per prenderlo in giro per la sua debolezza, della sua mancanza di coraggio, infine, lo uccise, lasciando che consumasse con la sua amata il sonno della morte.
Si soffermò per poco sulla sua opera. Aveva dipinto uno splendido quadro di amore e morte e si sentiva soddisfatta al massimo.

Improvvisamente la maniglia iniziò a muoversi con insistenza, qualcuno stava cercando di aprire la porta. Si appostò dietro di essa e vide spuntare un cespuglio di capelli biondi, che appartenevano ad un bambino di circa sette anni.

-Mamma?- chiamò con voce esile.

Lo vide arrampicarsi sul letto matrimoniale e scuotere i corpi dei suoi genitori.

-Mamma? Papà?- continuò con voce rotta.

Scoppiò in lacrime, cercando freneticamente una risposta dai suoi genitori, capendo che non sarebbe arrivata quando vide la ferita al torace della madre. La ragazza avanzò verso il letto e richiamò l'attenzione del bimbo con un colpo di tosse. I suoi occhi verdi la penetrarono fino in fondo e lei vi lesse solo una muta rassegnazione, ma quegli occhi in realtà la stavano accusando, le stavano mostrando il riflesso della sua mostruosa anima. Trasalì scioccata per l'impatto con lo sguardo del bambino e si morse il labbro, iniziando a sentirsi terribilmente piccola e impotente.

Si asciugò le lacrime con le mani tozze e ritornò a guardarla.

-Che hai fatto a mamma e papà?

Non riuscì a muovere nemmeno la bocca per provare a rifilargli una dannata risposta, per liquidarlo e sparire, fuggire da quella situazione.

-Uccidi anche me.

Cosa?!

Respirò a fondo, incapace di rivivere quell'orribile ricordo che si scarrozzava dietro da tempo, senza badare alla lacrima solitaria che si faceva strada lungo la sua guancia.

Lei e Jeff erano diversi, in fondo. Che in lui fosse rimasto uno sprazzo di umanità? L'ombra del ragazzino buono che era un tempo? Charity rispose fermamente di no. Jeff era irrecuperabile, un mostro senz'anima. In lei si trovava ancora un po' di quella bontà che Jeff aveva perduto da tempo. Si sentiva terribilmente in contraddizione. La sua aspirazione era quella di diventare il terrore di intere città, di far tremare chiunque al suo solo pensiero, eppure non riusciva ad uccidere un marmocchio. Se voleva raggiungere il proprio obbiettivo, doveva annullare i suoi sentimenti e non avere pietà di nessuno.

Insanity ||Jeff The Killer.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora