Dopo quella sera, Echo le chiese spesso di uscire, ma Elettra cercò di rifiutare gentilmente più volte che poteva. Quando non riusciva a declinare l'invito cercò di evitare gli orari notturni e l'alcool. E sicuramente il Pandemonium. Non ricordava tutto di quella sera, c'erano dei buchi temporali sparsi per la sua memoria. Ricordava benissimo i brividi e il tocco di Echo quando stava quasi per baciarla nella sua camera. Perché stava per baciarla no? Aveva chiuso gli occhi e si era avvicinata così tanto da sentire il suo respiro sulle labbra... Era quasi un bacio, vero? O forse era un sogno? Ripensando a quel momento emozioni contrastanti si facevano guerra nel suo petto. Delusione e sollievo. Sollievo per non aver superato il limite, delusione per non averlo fatto. Elettra cominciò a diventare distratta. All'inizio riusciva a gestire i pensieri, ma col passare del tempo e degli inviti insistenti di Echo la presenza della ragazza si fece sempre più prepotente nella sua testa.
"... E quindi direi di spostare il servizio a domani, che ne dici?....... Elettra, mi stai ascoltando?!" la rimproverò Talia. La ragazza sobbalzò.
"Oh sì, certo, ovvio! A domani, sì. Prendo nota." abbassò lo sguardo sulla sua agenda e annotò l'appuntamento.
"A cosa pensi tutto il tempo?" Elettra era terrorizzata da quella domanda.
"A niente...!" ridacchiò nervosa e si alzò con una scusa.
La giornata filò liscia fino a quando, la sera, Echo non la invitò per l'ennesima volta ad andare al Pandemonium. Quella volta la ragazza aveva cambiato strategia. L'aveva invitata quando erano sedute al tavolo nella sala da pranzo a cenare.
"Ma che magnifica idea! Vi farà bene uscire." cinguettò allegra Talia. Quella donna riusciva a cambiare umore con uno schiocco di dita. Era magia? Recitazione? Farmaci? Non era dato saperlo. Rosario alzò gli occhi al cielo senza dire niente. Elettra si vide costretta ad accettare. Mezz'ora dopo era pronta per passare le prossime quattro ore a ubriacarsi e ballare con la figlia del capo. Male, malissimo. Uscirono di casa che erano le dieci e mezzo.
"Non è un po' presto per il Pandemonium?" chiese distratta Elettra.
"Sì, lo è. Infatti non è lì che stiamo andando, non te ne sei accorta?" effettivamente avevano preso un'altra strada. Elettra annuì. Non si dissero altro fino alla loro meta: un piccolo bar appartato in un vicolo del centro storico della città. Elettra sorrise.
"E questo?"
"Volevi un posto più intimo, ed eccolo qua." sorrise la ragazza invitandola ad entrare.
"Ma che gentildonna..." sussurrò entrando. Echo si chiuse la porta alle spalle e la portò al tavolino più nascosto del bar, dietro un piccolo paravento. Elettra si accomodò e l'altra andò ad ordinare due birre. Tornò e si accomodò.
"Allora? Ti piace?" la fissò con i suoi occhi di smeraldo.
"Lo adoro." ricambiò lo sguardo. Il blu nel verde. Elettra non guardava mai le persone negli occhi. Non perché avesse qualcosa da nascondere o paura, semplicemente era gelosa della sua anima. Non voleva che gli altri la vedessero. Ma con Echo era diverso. I suoi occhi, il suo sguardo... Non poteva farne a meno. Doveva avere quel contatto ogni volta che poteva. Guardala pure la mia anima, si diceva, non mi importa. Il contatto fu spezzato dalla cameriera.
"Ecco le vostre ordinazioni." disse cordiale. Echo ringraziò e pagò subito. Elettra si portò la bottiglia alle labbra, ringraziandola a sua volta. Restarono un po' a guardarsi in silenzio e a bere. L'atmosfera non era affatto pesante. C'era intesa in quel silenzio. Fu Elettra a spezzarlo.
"Non male questo inferno, complimenti." Echo la guardò confusa, poi sorrise ricordando le affermazioni di quella volta al Pandemonium.
"Prendi sempre alla lettera tutto ciò che ti viene detto?" la prese in giro.
"Solo quando mi conviene, ovviamente." ridacchiò Elettra. Si sentiva leggere e spensierata. La cosa cambiò quando vide l'espressione di Echo. Guardava la bottiglia stretta tra le sue mani. La stringeva così forte da far diventare le nocche bianche.
"Hey, ma che fai? Che succede?" le accarezzò il dorso e le dita della mano e lei intrecciò le loro dita, guardandole.
"È stata mia madre a dirti di essermi amica?" quella domanda la spiazzò. Elettra non sapeva cosa rispondere. Poco importò, perché Echo riprese subito.
"Ovviamente... Perché non gettare tra le braccia della figlia la nuova assistente? Ah sia chiaro, solo amiche eh! Io pensavo che tu fossi interessata a me, invece segui gli ordini di mia madre come un cagnolino e basta!" Elettra rimase immobile, pietrificata. Sapeva benissimo cosa dire, ma la bocca non collaborava. Invece i piedi sì. In men che non si dica era fuori in strada e stava correndo verso casa. Corse a perdifiato e si chiuse nella sua stanza, le spalle contro la porta. Il cuore minacciò di uscirle dal petto, forse per la corsa, forse per l'emozione. Dopo pochi minuti che sembrarono un'eternità, qualcuno bussò alla porta. La ragazza non rispose. Bussò di nuovo. Nessuna risposta. Bussò ancora. Niente.
"So che sei lì, apri." Echo era lì, l'aveva seguita, ovviamente. A dividerle c'era solo la porta. Una sottile porta. Quella porta era la sua coscienza. Bastava aprirla solo un po'...
"Sono stanca, parliamo domani, ok?"
Cercò di mandarla via. Pessima idea.
"Apri. Ora." Elettra sospirò, mordendosi il labbro inferiore.
"Per favore Elettra... Ho bisogno di parlarti. So di aver parlato anche troppo, ma..." sospirò e fece un passo indietro, rassegnata. Elettra la sentì allontanarsi. Ultima possibilità. L'istinto ebbe la meglio. Aprì la porta e si allontanò, guardando fuori dalla finestra. Echo entrò e la richiuse dietro di sé. Non disse niente, ma Elettra sentiva il suo sguardo su di sé. Rabbrividì. Echo si avvicinò, i passi pesanti.
"Mi dispiace... Non avrei dovuto dirti quelle cose. È che... Mi dispiace. Non so cos'altro dire." coprì la distanza tra di loro e la strinse forte. Elettra si irrigidì. Cosa doveva fare? Echo le passò la punta del naso sul collo, inspirando il suo profumo.
"A volte faccio delle cose... Forse non dovrei... Ma... È più forte di me." le baciò la pelle delicata, accarezzandole i fianchi. Elettra abbassò la testa sulla sua spalla, scoprendo di più il collo.
"N-non... Possiamo..." le prese le mani, allontanadole dal suo corpo.
"Lo so..." la fece girare fissando lo sguardo nel suo. Si avvicinò, baciandole ancora la fronte. Stavolta però, la tirò per il bacino, facendo aderire i loro corpi.
"E-echo..." provò a protestare, ma era tutto inutile. La porta ormai era stata aperta. Elettra si lasciò trasportare dalle emozioni tra le braccia dell'unica ragazza che non avrebbe mai dovuto nemmeno guardare. Sapeva che avrebbe ricordato ogni tocco, ogni sospiro, ogni bacio e ogni carezza di quella notte. Sapeva che non solo Echo la faceva sentire bene, ma che quella sensazione che le attanagliava lo stomaco quella sera al Pandemonium non era alcool, ma qualcosa di più.

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Echo
RomanceElettra è una ragazza di vent'anni che sta cercando il suo posto nel mondo. Frequenta l'Accademia di belle arti e ha una fidanzata bellissima che la ama. O almeno, così crede. Nel giro di una settimana il mondo le cade addosso. Lei la lascia, non ri...