Il blu della notte fece spazio all'azzurro del giorno. Il cielo si tinse di rosa pallido con la luce del sole che danzava tra gli alberi e si insinuava nelle case dai vetri delle finestre. Un raggio colpì dolcemente il viso di Elettra. La ragazza sentì il calore sugli zigomi e prese piano coscienza. Aprì piano gli occhi inspirando profondamente e sbadigliando. Si rese conto di non essere in camera sua e prese coscienza del suo corpo, sentendo un peso e un calore esterno sul suo ventre. Abbassò lo sguardo e osservò il volto addormentato di Echo. Sembrava serena e indifesa, come più o meno tutti quando si dorme. Le accarezzò i capelli e lei aprì piano gli occhi per niente assonnati. Elettra corrugò la fronte.
"Da quanto tempo sei sveglia?" sussurrò abbassando la mano.
"Non mi sono mai addormentata se devo essere sincera. Ero... Troppo esaltata." sorrise Echo, alzandosi sui gomiti. Elettra si strofino gli occhi.
"Non so come fai a non essere stanca morta allora, sei davvero incredibile." provò a mettersi seduta ma l'altra la bloccava sorridendo. Elettra alzò gli occhi al cielo.
"Puoi per favore smetterla di sorridere così e farmi alzare?" fece per muoversi ancora ma Echo non si mosse.
"Perché? Vuoi già andare via?" la incalzò giocherellando con l'orlo della sua maglietta.
"Non vedo perché debba continuare a stare qui. E poi... Devo lavorare io, a differenza di qualcuno." borbottò evitando il suo sguardo.
"Ahia, questo è un colpo basso..." scherzò l'altra senza muoversi. Elettra la spinse via e lei non oppose resistenza e si alzò di scatto, prendendole le mani e aiutandola ad alzarsi.
"Allora... Cosa dovevi dirmi?" le tenne ancora le mani guardandola negli occhi. Elettra rabbrividì.
"Non era niente di importante, non me lo ricordo nemmeno più!" ridacchiò nervosa e si staccò da lei, avviandosi alla porta.
"Adesso devo andare altrimenti faccio tardi..." alzò lo sguardo verso Echo che non smetteva di fissarla annuendo.
"Vai tranquilla, anche io ho da fare ora che ci penso." Elettra la guardò curiosa. Aprì la porta cercando di nascondere il bruciante desiderio di sapere ma alla fine si arrese.
"Cosa devi fare?"
Echo agitò una mano con noncuranza.
"Oh nulla, devo uscire." si mise a cercare dei vestiti. Elettra sentì nascere un'anomala gelosia. Perché non mi dice dove deve andare?
"Oh... Capisco. Beh, a dopo!" uscì e chiuse la porta fissando il salone. Sospirò e andò in camera sua a prepararsi.Talia quella mattina era energica. Aveva sentito la mancanza di Elettra e non riusciva a trattenere l'entusiasmo. Oltre ai soliti appuntamenti portò la ragazza in giro per la città in cerca di ispirazione. Per il pranzo la donna aveva voglia di un hamburger e fece non poche storie quando la ragazza le fece notare che per quel mese avevano già pranzato in un fast food. Alla fine di una lunga trattativa arrivarono a un compromesso. Per due mesi niente cibo spazzatura, anche se Elettra sapeva che non ci sarebbe stato verso. Decise comunque di accontentarla, dopotutto aveva un fisico invidiabile da almeno la metà delle ventenni che fotografava. Finalmente seduta al tavolo, la ragazza si massaggiò la spalla ferita. La donna le accarezzò una guancia.
"Sei sicura di farcela? Mi sembri ancora un po' dolorante..." le sorrise spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Elettra ricambiò il sorriso.
"Sto bene, posso farcela."
Non si dissero altro per tutta la durata del pranzo.
Finiti gli appuntamenti del pomeriggio tornarono a casa. Talia osservò la ragazza, preoccupata.
"Elettra, come stai? Sei pallida..." lei le sorrise mantenendo il respiro.
"S-sto bene!" tossì l'aria trattenuta e gli spasmi le fecero cadere la cartellina da mano. La ragazza imprecò e si allungò per prenderla, sentendo una scossa di dolore nella spalla. Si morse le labbra e afferrò la cartella, facendo finta di niente. La donna le cinse i fianchi con un braccio.
"Tu domani resti a casa, sei ancora troppo debole." era irremovibile. Elettra provò a protestare ma lei la fulminò con lo sguardo. La ragazza annuì rassegnata e decise, una volta a casa, di andare a stendersi.Echo non era ancora tornata. Lo provò la tranquillità di Rosario e la presenza di Gabriel. Elettra rimase sulla porta, impietrita. Era passato quasi un mese da quando il ragazzo aveva deciso di stare da Michael, anche se l'amico ce l'aveva a morte con lui. Talia andò ad abbracciare suo figlio, sorridente.
"Finalmente! Come stai? Ti vedo bene piccolo mio!" la donna lo riempì di moine mentre Elettra guardava la scena allibita. Non aveva mai visto Talia così allegra e affettuosa. Rosario si avvicinò alla ragazza, sussurrando.
"Non sei costretta a restare, va a riposare bambina." ma Elettra scosse il capo. Andò invece a sedersi accanto ai due, rigida. Quando Gabriel alzò gli occhi, scintillavano. Le mise una mano sulle sue, bloccandole dolcemente.
"Sono felice di vederti." il suo sguardo era caldo e la sua voce sincera. Elettra sentì una scossa in tutto il corpo. Una parte di lei avrebbe voluto abbracciarlo e dirgli che anche lei era felice di vederlo, l'altra gli sarebbe saltata al collo, strozzandolo volentieri. Rimase immobile, annuendo gentilmente. Aprì la bocca per parlare ma lui la interruppe.
"Ti vedo bene, anche se sei leggermente più pallida di quel che ricordavo! Ammettilo, mia madre ti fa sgobbare troppo, vero?!" rise di gusto, dando una scherzosa gomitata a Talia, che ricambiò la risata. Rosario assistette alla scena senza intervenire, sebbene avesse voluto. Elettra sentì il viso caldo e serrò i pugni, pronta a stamparlo in faccia a mamma e figlio. Lui strinse di più la mano, continuando a sorriderle. Per la prima volta la ragazza notò la somiglianza tra Gabriel e sua sorella. Lo stesso naso sottile, lo stesso taglio e colore degli occhi, lo stesso sorriso triste. Tirò via le mani e si alzò avviandosi verso la sua camera.
"Hey dove vai? Non ti va..." si alzò anche lui.
"No, non mi va." lo interruppe lei, voltandosi. Sapeva di avere lo sguardo scuro come le nuvole cariche di pioggia. Il ragazzo si fermò.
"Non mi va di vederti così allegro e pieno di vita quando ancora non posso muovere il braccio senza sentire una fitta insopportabile alla spalla. Scusa ma proprio non ne ho voglia." Gabriel abbassò lo sguardo, guardandosi i piedi. Sembrava davvero dispiaciuto.
"Elettra io..." alzò una mano verso di lei ma la ragazza fece un passo indietro.
"Tu niente Gabriel. Non mi importa niente delle tue scuse, ammesso che stessi per scusarti. Io sono qui per lavorare, non sono tua amica né tantomeno tua sorella. Vorrei che riducessi le nostre conversazioni al minimo, solo perché siamo educati." gli voltò le spalle e aprì la porta della sua camera, entrando senza aspettare una risposta e richiudendola con forza.
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Echo
RomanceElettra è una ragazza di vent'anni che sta cercando il suo posto nel mondo. Frequenta l'Accademia di belle arti e ha una fidanzata bellissima che la ama. O almeno, così crede. Nel giro di una settimana il mondo le cade addosso. Lei la lascia, non ri...