Capitolo 4

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La giornata continuò frenetica, le voci sulla signora erano tutte vere. Talia era una donna impossibile. Stava sempre a ordinare qualcosa: il caffè, pulire gli obiettivi, spostare le luci, rispondere al telefono... Tutte distanti pochi secondi le une dalle altre. A ora di pranzo andarono in un fast food,  Talia aveva voglia di un cheesburger. Quella era tra le manie che la signora aveva: una volta al mese era permesso mangiare cibo spazzatura. Elettra segnò sull'agenda che quello​ era il giorno. Ordinò una porzione di patatine e il cheesburger e portò tutto al tavolo. Approfittò della pausa pranzo per rilassarsi un po', era distrutta ed erano solo a metà della giornata. Sospirò. Talia le sorrise.
"Sei stanca tesoro?" a differenza delle apparenze, era una donna molto dolce.
"No signora, sto bene." mentì spudoratamente, ma non poteva fare altrimenti. Si disse che avrebbe fatto in modo di organizzare meglio le giornate, dieci appuntamenti di mezz'ora l'uno prima di pranzo senza fermarsi un minuto erano troppo per un solo giorno. Talia guardava fuori dal muro di vetro, chissà a cosa pensava. Elettra mangiò le sue patatine una per volta, con calma, guardandosi intorno, come faceva sempre.
"Sono preoccupata per mia figlia." esordì all'improvviso Talia.
"Preoccupata? Perché? Cos'è successo?" troppe domande, idiota.
"Diversamente da come appare è una ragazza fragile e sensibile. Lei cerca di essere una dura, fuma e beve come un'adolescente che cerca di attirare l'attenzione e ci riesce benissimo. Penso a lei ogni secondo della giornata."
"Beh, in effetti lei è un'adolescente... Quandi è normale che..."
"Ha 21 anni, Elettra."
"C-che?!" la ragazza rimase a bocca aperta.
"Sì tesoro, è più grande di te. Per questo mi preoccupa. Tu hai più o meno la sua età e sai cosa vuoi dalla tua vita. Hai le idee chiare, hai un obiettivo. Lei non ha niente di tutto questo." sospirò sconsolata.
"E so che è tutta colpa mia."
"Oh no, sono sicura che non è così." Elettra provò a consolarla, anche se era ancora quasi sconvolta. 21 anni? Sul serio?
"È successo tutto troppo in fretta... Mio marito se n'è andato, la sua ragazza è... Andata via anche lei, ha finito la scuola e non trova la sua strada... Vorrei solo... Poter fare qualcosa. Ma lei... Lei mi allontana sempre di più. Si chiude con tutti."
Elettra la fissava. Sentiva ininterrottamente le stesse parole: "la sua ragazza". Dopo quella frase non riuscì ad ascoltare altro. Talia se ne accorse e si fermò.
"Oh mi scusi io..."
"Non importa tesoro. Vorrei solo chiederti un favore."
"Qualsiasi cosa." Talia le prese le mani.
"Proveresti a... Diventare sua amica? Così magari riuscirà ad aprirsi con te e parlare... Voglio solo che sia felice." Elettra sorrise. Non poteva chiederle niente di più bello.
"Farò del mio meglio per starle accanto, lo prometto."

Il pomeriggio passò velocemente, gli ultimi appuntamenti furono sbrigativi e leggeri. Sì, l'organizzazione della giornata andava assolutamente rivista. Mancava solo un'ora alla chiusura dello studio ed era tutto pulito e pronto. Non restava molto da fare, così Elettra decise di disegnare qualcosa. Cominciò con la struttura di un volto, non sapeva chi fosse, voleva che la mano andasse da sola. Muovere la matita sul foglio le era sempre sembrata la cosa più naturale del mondo. Era come respirare. Un istinto intrinseco dentro di lei che premeva per manifestarsi a ogni ora del giorno. Si chiese se fosse lo stesso per i poeti. Se a scrivere parole d'amore fosse la testa o il cuore. Lei lasciava disegnare il cuore. Era come meditare. Sgomberava la mente da ogni pensiero e lasciava la mano libera di agire come meglio credeva. Si domandò se è questo quello che molti chiamano "talento". Quando mise a fuoco il suo schizzo quasi le cadde la matita. Era un volto femminile, le labbra dischiuse, i capelli mossi. Ma quello che più la sconvolse furono gli occhi. Erano troppo grandi per quel volto. Ogni tanto dimentichi le proporzioni, mia cara. Queste sono le basi. Non smetteva mai di rimproverarsi. Sapeva che solo così sarebbe potuta migliorare. Guardò ancora il disegno. c'era qualcosa di maledettamente familiare, ma non riusciva a capire cosa fosse. La voce di Talia la fece trasalire.
"È mia figlia quella?"
"C-chi? Questa?" indicò il disegno.
"N-no, è semplicemente un volto... Non so chi sia." la donna sorrise.
"Quelli sono i suoi occhi. Lo so per certo. Quando era bambina non facevo altro che fissarli. Erano davvero bellissimi. Lo sono ancora, ma lo sguardo è triste. Una volta era come l'hai disegnato tu. Spensierato." sospirò, prendendo la borsa. Era ora di andare. Elettra prese le sue cose e si diresse verso la macchina. Si sorprese a correre, voleva tornare al più presto a casa.

Quando arrivarono, Elettra andò subito in camera e successivamente in bagno. Aveva bisogno di un bagno caldo. Prese della biancheria e degli abiti puliti molto semplici per la casa. Si spogliò mentre l'acqua scorreva lenta e calda. Si immerse nella vasca e sospirò di sollievo. Si permise il lusso di qualche minuto di relax per il corpo, ma la mente era ancora a lavoro. Aveva raffigurato gli occhi di Echo senza nemmeno guardarli. Era già così presa? Dalla figlia del capo? Male male. Malissimo. Si ripromise di non pensarci, ma sapeva già che era una partita persa in partenza. Sospirò ancora e uscì dalla vasca avvolgendosi con un asciugamani che le copriva il busto dal seno a poco sotto il sedere. All'improvviso sentì un rumore alle sue spalle e si voltò di scatto. La porta comunicante con l'altra stanza era aperta e davanti a lei Echo la guardava imbarazzata.
"Oh io.. Mi dispiace, non sapevo che ci fossi tu." Elettra era immobile. Non ricordò un altro momento in cui si era sentita così in imbarazzo. Echo, dopo l'imbarazzo iniziale, la squadrò da capo a piedi e sorrise. Elettra si coprì anche con le braccia, voltandosi di spalle.
"Avresti potuto bussare! Esci!" ma perché diavolo le parlava sempre in modo così acido?
"Hai ragione, scusami. È che è da un po' che lo occupo solo io questo bagno e non c'avevo affatto pensato. Adesso vado via, ma fai presto ok?" Elettra annuì. Sentì Echo aprire la porta, ma non richiederla. Si voltò e vide che era ancora lì a guardarla.
"C-cosa c'è?"
"Mi chiedevo se ti andasse una birra più tardi." ...!!!!! Non ci pensò due volte.
"Volentieri, grazie." Echo sorrise.
"Vestiti carina, ti porterò in un bel posto." e uscì chiudendo la porta. Per cinque minuti buoni Elettra non riuscì a muovere un muscolo. Solo uno si muoveva, ed era frenetico. Scandì il tempo fino a che non la rivide di nuovo, fuori dalla sua camera. In quel momento Elettra pensò che il suo cuore si sarebbe seriamente fermato.

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