Volpina atterrò su uno dei palazzi che circondavano la piazza, osservando irata il sottoposto di Maus che, distrutta l'inferriata che circondava Places de Vosges, adesso stava facendo lo stesso con la fontana all'interno del piccolo parco: «Vogliamo andare?» domandò, voltandosi verso gli altri cinque e roteando nervosamente il flauto: «Non possiamo permettergli di fare quello che vuole...»
«Non che sia in disaccordo con te, Volpina.» mormorò Peacock, affiancandola e studiandola da dietro la maschera blu: «Ma mi sembri stranamente coinvolta, oggi. Di solito sei la più glaciale fra tutti noi.»
«In effetti, è strano...» commentò Chat, accostandosi anche lui alla ragazza e osservandola curiosa: «Come mai questa improvvisa voglia di essere il boss della situazione?»
«Potete fare qualcosa?» domandò Volpina, indicando i due ragazzi che l'affiancavano e osservando il resto del gruppo: «Riuscite a tenerli sotto controllo almeno una volta?»
«Andiamo! Diccelo!» la pregò Peacock, dandole una lieve spallata e sorridendo: «Perché t'interessa tanto salvare questo posto? Che poi...beh, abbiamo il Lucky Charm del boss e...»
«Appunto. Su, non fare la timida e condividi con noi i tuoi pensieri.»
«Perché è dove mi sono dichiarata, va bene?» sbottò Volpina, osservando i due eroi e guardandoli, arretrando di un passo sotto gli sguardi dei due: «Perché mi state fissando così?»
«Io pensavo che eri solo una volpe rompiscatole e, invece, sei una romanticona nell'animo.» dichiarò Chat, ridacchiando: «Beh, certi pensieri così dolci non me li sarei aspettati da te.»
«Però la capisco.» sentenziò Peacock, incrociando le braccia al petto e annuendo con la testa: «Anche a me non piacerebbe veder distrutto...» si fermò, storcendo la bocca e chinandosi verso Bee, che lo aveva affiancato: «...che fermata era?»
«Lo stai chiedendo a me?» domandò la ragazza, voltandosi e guardandolo con lo sguardo nocciola incredulo: «Lo sai che, per me, là sotto è tutto uguale.»
«Anche a me dispiacerebbe vedere distrutta la tratta di metropolitana che va da casa mia a quella di Bee.»
«Ti sei dichiarato in metro?» domandò Volpina, scuotendo la testa e voltandosi verso Ladybug: «LB. Il micetto invece?»
«Devo considerare tutti i luoghi dove si è dichiarato o solo quello dove poi gli ho detto sì? Perché nel primo caso ci sono la Tour Eiffel, parecchie strade di Parigi, il Louvre, il parco vicino casa mia...»
«Ah. Ah. Molto divertente.»
«...la Dupont...» continuò Ladybug, ridacchiando divertita: «Ogni occasione era buona per Chat.»
«E pensare che sarebbe bastato togliermi la maschera...»
«Vogliamo andare?» dichiarò Tortoise, rimasto in silenzio fino a quel momento, affiancando Volpina: «Sinceramente anche a me non va giù che distrugga questo posto.»
«Oh. I nostri romanticoni.»
«Piantala, Chat!» sbottò Volpina, voltandosi verso il felino e saltando giù dal palazzo, immediatamente seguita dal resto del gruppo, atterrando nei pressi della fontana e attirando l'attenzione del loro nemico: l'uomo sorrise loro, mostrando loro lo strano fucile che teneva in mano e collegato, tramite un cavo, allo strano zaino che teneva appeso alle spalle.
«Ma è...» mormorò Chat Noir, ridacchiando: «No, dai. E' uno scherzo? E' uno dei Ghostbusters?»
«Cosa?» gridò Alex nei loro auricolari, facendoli sobbalzare tutti: «State scherzando, vero? No, perché se è vero, lo voglio! Pretendo di avere quello zaino! Lo voglio! Lo voglio! Lo voglio!»
Peacock sbuffò, portandosi una mano all'auricolare e disattivandolo: «Sembrava Flaffy.» bofonchiò, mettendo mano ai due ventagli, mentre anche gli altri si armano velocemente, lo sguardo di tutti rivolto verso Ladybug che, in silenzio, stava studiando l'avversario: «Allora, boss?» chiese, osservando l'eroina rossa sbuffare e sollevare lo sguardo celeste verso l'alto.
«Perché state facendo questo?» chiese Ladybug, tenendo sotto controllo il rivale e vedendo uno ghigno in volto: «Perché cercare di distruggere Parigi?»
«Buonasera, signorina coccinella. Sembra che voi eroi mancate un po' di educazione: domandare così, senza nemmeno presentarsi. Non si fa,» dichiarò l'uomo, soppesando il peso del fucile: «Perché lo facciamo? Mh. Che dire? Mi pagano ed io eseguo gli ordini.»
«Anche se, in questo modo, ci rimettono delle persone innocenti?»
«Sono un mercenario, signorina. Non m'interessa nient'altro al di fuori dei soldi che ricevo.»
«Uao. Leale fino all'ultimo al dio denaro.» commentò Chat Noir, sorridendo al nemico: «Accidenti, ma il nostro dottor Maus lo sa quanto sono fedeli i suoi sottoposti?»
«Finché ci paga, ha la nostra lealtà.»
«Mi chiedo cosa succederà il giorno che non potrà pagare gli stipendi o arriverà qualcuno con un'offerta più alta.» sentenziò il felino, poggiandosi al bastone e sorridendo: «Che farete? Lo pugnalerete alle spalle?»
«Beh, ti direi lo vedrai, ma non penso che arriverai a quel giorno...» dichiarò l'uomo, puntando il fucile verso di lui e sparando un raggio di energia color ocra: Chat sorrise, roteando il bastone davanti a sé e usandolo come scudo, per proteggersi dal raggio: «My lady, le mie braccia si stancano velocemente, quindi sbrigati a pensare a un piano. Sinceramente, non vedo l'ora di dare un bel calcio nel didietro a questo simpaticone.»
Ladybug annuì, voltandosi verso Peacock, che annuì: «Il sottoscritto vede. Chi mi protegge?» dichiarò, vedendo Tortoise piazzarsi davanti a lui con lo scudo ben saldo sul braccio destro: «Amico, ti devo una bevuta a Le Cigale.»
«Quando vuoi.»
«Bee, Volpina. Noi tre diamo una mano al nostro felino, in attesa che Peacock...beh, si spera che stavolta ci sveli qualcosa.»
Le due eroine annuirono, mettendosi in posizione di attacco e osservando l'avversario che, completamente preso da Chat, le stava ignorando bellamente: Volpina suonò alcune note, creando una seconda illusione di Chat Noir alla destra dell'uomo e, colto alla sprovvista, questo guardò i due felini, senza capire quale colpire; Bee sparò un pungiglione, facendo fare un balzo all'indietro all'uomo, mandandolo così verso Ladybug che lo avvolse nel suo filo, impedendogli ogni movimento.
«Qualcuno può gentilmente informare il tipo al pc? No, sapete: non ho ancora droidi o telecamere...» sbuffò la voce di Alex nell'auricolare, facendo ridacchiare Chat: «Andiamo, ragazzi! Siamo una squadra!»
«Le nostre dolci donzelle hanno intrappolato il tipo.» dichiarò l'eroe nero, dando una breve occhiata a Peacock e Tortoise: «Piuttosto, dovremmo trovargli un nome: l'altro era Sith, questo come lo chiamiamo?»
«Ghostbuster?»
«Slimer?» buttò lì Chat, facendo ridere Alex: «Beh, la faccia da Slimer ce l'ha.»
«Approvato, amico.»
«Purrfetto!» decretò il felino, roteando il bastone e poggiandolo a terra: «Bene, che si fa adesso? Questo era decisamente meno for...»
«Attenti!» urlò Peacock, attirando l'attenzione su di sé: il nemico sghignazzò, azionando il fucile e sparando un colpo verso Volpina, cogliendola di sorpresa e prendendola in pieno, facendola svanire in una nuvola di vapore arancione.
«Potresti gentilmente avvisarci un po' prima?» sbottò Volpina, apparendo da dietro un albero e scuotendo il capo: «Se non avessi usato una delle mie illusioni, sarei morta.»
«Scusami, purtroppo non controllo bene il mio potere.» bofonchiò il pavone, sorridendole: «Beh, almeno sei stata abbastanza furba da usare...»
«Ovvio, sono una volpe.»
«Volpina...» la riprese Tortoise, sorridendo: «Non fargli pesare la tua superiorità.»
«Ok. Questa è da segnare sul calendario.» dichiarò Chat, sogghignando: «Torty ha fatto una battuta.»
«Scusate...» s'intromise Bee, attirando su di sé l'attenzione e indicando con un cenno del capo il loro nemico: «Ma Slimer si è liberato.»
«Io non mi chiamo Slimer.»
«Certo.» assentì Chat, roteando il bastone davanti a sé e mettendosi in posizione d'attacco: «Ed io non sono dannatamente bello.»
«La finiamo di fare salotto e lo combattiamo?» sbuffò Ladybug, strattonando il filo dello yo-yo e ritrovandosi, poco dopo, a terra: la ragazza si issò nuovamente in piedi, fissando male il nemico: «Vi prego.»
«Beh, se la mia signora mi prega in questo modo...» dichiarò Chat Noir, riponendo la sua arma e attivando il suo potere speciale, lanciandosi poi contro il nemico e sfiorando, con la mano, impregnata del potere della distruzione, il cavo che collegava il fucile allo zaino che Slimer teneva sulle spalle: «Ragazzi è tutto vostro!»
Il nemico, si rialzò, gettando per terra il fucile ormai inutilizzabile e portandosi una mano dietro la schiena, slacciando dal meccanismo, che si portava appreso, una seconda arma: «La mia mamma diceva di non uscire mai impreparato.» dichiarò, sparando un colpo verso Chat, attacco che non andò a segno grazie alla barriera creata da Tortoise.
«Mia madre dice sempre che ogni amico è sacro, invece.» sentenziò l'eroe verde, slacciando lo scudo dal braccio e lanciandolo rasoterra, colpendo il nemico alle gambe, mentre Volpina creava una sfera di fuoco fatuo e la tirava contro il volto del nemico.
«Ladybug!» urlò Peacock, attirando su di sé l'attenzione della coccinella: «Direi che è il momento del Lucky Charm!»
La ragazza annuì, riavvolgendo il filo e azionando il potere del suo yo-yo, osservando l'oggetto fortunato materializzarsi e caderle fra le mani: «Un tappo di sughero?» domandò stupita, osservandosi attorno e sorridendo, mentre il piano prendeva immediatamente forma nella sua mente: «Bee! Colpiscilo alle gambe con la tua sfera d'energia!»
«D'accordo!» esclamò la bionda, allontanandosi di qualche passo e creando un globo con le mani, prendendo poi la mira e colpendo l'uomo nel punto indicato da Ladybug: Slimer cadde di schiena e la coccinella corse verso di lui, infilando il tappo di sughero nella canna del fucile, saltando poi di lato e rimanendo vicina, con lo yo-yo in mano, osservando il nemico prendere la mira e prepararsi a colpirla.
Slimer stava per premere il grilletto, quando si portò una mano all'orecchio e, quasi come se avesse ascoltato delle direttive, si issò e sorrise al gruppetto: «A quanto pare il divertimento finisce qui...» mormorò, facendo un passo indietro e ridacchiando, liberando la canna dal tappo di sughero e gettandolo per terra: «Il dottore non vuole assolutamente che una sua arma vada persa, quindi...»
Slimer non concluse la frase, voltandosi e iniziando a correre verso l'apertura che aveva creato nell'inferriata: Chat e Peacock provarono a inseguirlo ma un furgone nero si fermò poco vicino e l'uomo salì sopra il mezzo che, appena preso il prezioso carico, sfrecciò via per le strade di Parigi: «Maledizione.» sbottò il pavone, saltando sul tetto e guardandosi attorno, sperando di vedere il mezzo: «Lo avevamo in pugno.»
«Se volete posso provare ad entrare nel circuito delle telecamere della polizia stradale...» buttò lì Alex, mentre il rumore dei tasti del pc giungeva alle orecchie di tutti: «Però non so quanto tempo ci vorrà.»
«Tranquillo, amico.» decretò Chat, scuotendo il capo: «Le nostre trasformazioni a breve svaniranno, quindi sarebbe inutile.»
«E anche stavolta nulla di fatto.» sbuffò Volpina, scuotendo il capo e muovendo stizzita il flauto: «Sembra si divertano a giocare con noi: guarda, ho un'arma fighissima al quantum-β, vediamo se riesci a batterla. Oh, ma sei bravissima, mi hai quasi sconfitto...ah no, aspetta. Io vado, poi torno. O torna un mio amico con un'altra arma incredibile.»
«E stavolta non abbiamo neanche il maestro che può aiutarci...»
Chat si voltò, ascoltando l'ultima frase detta da Bee e sorrise: «Il maestro no, però conosco qualcuno che si è già scontrata con Maus.»
«Una giostra!» esclamò Sarah, battendo le mani e sorridendo alla vista del carosello multicolore: «Dici che potrei farci un giro?» domandò, voltandosi verso il ragazzo al suo fianco e trovandolo con un'espressione pensierosa in volto: «Rafael?»
«Mh?»
La ragazza sospirò, roteando gli occhi e prendendo il giovane per mano, circumnavigando la giostra: «Stai pensando a tuo padre, per caso?»
«Non lo sento da quando l'abbiamo incontrato assieme.» le rispose Rafael, scuotendo il capo: «No, stavo pensando a Slimer, in verità.»
«Adrien ha detto che parlerà con sua madre.» dichiarò Sarah, stringendo la mano del compagno: «Magari saprà dirci qualcosa.»
«Quella donna è stata sua prigioniera per tanti anni.»
«Per suo volere. Per non mettere in pericolo il marito e il figlio.» precisò l'americana, sorridendo: «Non pensiamo subito in negativo, d'accordo? E posso dire che ero la regina indiscussa del "pensare negativo" quando combattevo contro Coeur Noir a New York: non so quante volte, Alex ha dovuto risollevarmi perché mi sembrava di non farcela.»
«Beh, sei dovuta venire a Parigi e trovare dei compagni – fra i quali il fantastico Peacock – per batterla.»
«Potresti evitare di essere così puntiglioso?» sbuffò Sarah, voltandosi verso la piccola macchia di verde che c'era dietro la giostra e sorridendo: «Parlando d'altro, cos'è quello?» domandò, avvicinandosi al cancello del parchetto e osservando interessata lo strano muro, poco distante da loro: «Sembra ci sia scritto qualcosa...» mormorò, entrando e avvicinandosi alla parete, che ospitava una lastra blu per tutta la sua larghezza.
«Ah. Ehm...» mormorò Rafael, raggiungendola e grattandosi il naso con l'indice: «Quello è le mur de je t'aime.»
«Il che?»
«E' un muro dove è scritto Ti amo in parecchie lingue, mi sembra siano più di trecento. E...beh, c'è una leggenda secondo la quale se trovi la tua lingua e ti fai una foto con la persona amata...beh, la storia durerà per sempre.»
«E se non si trova?»
«In quel caso la storia avrà vita breve.»
«Che cosa carina.» commentò Sarah, guardando ancora il muro con un sorriso dolce in volto: quasi sentiva Mikko scalpitare all'interno della borsa e convincerla ad andare a cercare il Ti amo nella sua lingua, mentre lei invece rimaneva ferma all'entrata del parco.
Le sarebbe piaciuto provare quella sciocca leggenda, ma Rafael...
Beh, lui non le sembrava proprio il tipo da dare retta a una storiella come quella.
«Vu-vuoi provare...» mormorò il ragazzo, con le mani ben piantate in tasca e lo sguardo fisso davanti a sé: «Vuoi provare a cercare?»
Sarah sorrise, osservandolo dondolarsi imbarazzato sui talloni e annuì, seguendolo silenziosamente nei vialetti e raggiungendo l'enorme lastra blu: «Ma che lingua cerchiamo?»
«Come?»
«Io sono americana, tu francese.»
«Entrambe?» propose Rafael, voltandosi e iniziando a leggere le varie scritte alla luce fioca dei lampioni: «Certo sarebbe fantastico se ci fosse più luce...»
«Ho trovato Je t'aime!»
«Come hai fatto?»
«E' lì!» dichiarò la ragazza, indicando il punto dove la scritta francese risaltava in mezzo agli altri idiomi: «Ora manca solo I love you.»
«Ngiya...ku...tsan...dza.» lesse Rafael, scuotendo il capo: «Come distruggere il romanticismo. Ma che lingua è?»
«Ehi, non tutti possono avere la fortuna di una lingua come il francese.»
«Nimi...tz...tz...come cavolo si legge questo? Tztlaz...òtla. Qui una ti deve dire sì, solo per averlo detto giusto.»
«La pianti?»
«Sto cercando I love you.»
«Non è vero.»
«Ndakuyanda. Cavolo, sembra un ordine!»
«Rafael!»
«Oh!»
«L'hai trovato?»
«No, però ho trovato Assavakkit! Questo è arabo, ci scommetto quello che vuoi.» dichiarò il ragazzo, ridacchiando e poi fermandosi a leggere qualcosa in una lingua abbastanza conosciuta: «Oh. Trovato! I love you!»
«Davvero?»
«Sì, è qua.» dichiarò Rafael, osservando la ragazza avvicinarsi e sorridere alla vista della scritta bianca: «Adesso...beh, dovremmo farci una foto.» mormorò, tirando fuori il cellulare e azionando la telecamera frontale: si chinò, avvicinando il viso a quello di Sarah e immortalò il momento, allontanandosi e poi guardando divertito la fotografia: «Forte. E' entrato nell'inquadratura anche Assavakkit!»
«Rafael!»
Wei osservò la statua dell'uomo a cavallo, sorridendo divertito: «L'ultima volta che siamo stati qui, ho preso una borsettata in faccia.» dichiarò, sorridendo alla ragazza al suo fianco: «Sinceramente vorrei evitare. La zip fa male ed è molto pericolosa.» commentò, dando un'occhiata ai due kwami che, comodamente seduti su una panchina, stavano divorando la loro lauta ricompensa.
«Non mi sembra che ti abbia fatto male.»
«Ho quasi rischiato un occhio.» spiegò divertito il cinese, sorridendole: «Beh, direi che il potere di Ladybug ha riportato tutto all'ordine, non credi?»
«Sì.» mormorò Lila, puntando una panchina e accomodandosi su questa: la borsetta in grembo, lo sguardo rivolto verso i due kwami, poco distanti.
Wei sospirò, sedendole accanto e facendole passare un braccio attorno alle spalle, tirandola verso di sé: «Che cosa ti turba?» le domandò, posando le labbra sulla capigliatura scura: «Places des Vosges sta bene.»
«Questo posto...» mormorò Lila, lasciandosi andare nella stretta del ragazzo: «E' speciale.»
«Lo so. E' qui che ci siamo conosciuti.»
«Cosa?» domandò la ragazza, alzandosi e fissandolo stranita: «No, ci siamo conosciuti quando sei venuto a scuola e...»
«Vuol dire che non te lo ricordi?»
«Cosa?»
«Una sera mi hai pedinato, mentre stavo tornando a casa. Mi fermai su uno di questi palazzi e...» Wei si fermò, massaggiandosi il mento e sorridendo: «...beh, si può dire che quella è stata la prima volta che abbiamo parlato.»
«L'avevo dimenticato.»
«Io pensavo che il fatto che, quando mi hai lanciato la borsa in faccia...»
«Mi sono dichiarata.»
«Beh, che avessi scelto questo posto per quel motivo.»
«No, in verità...» Lila si fermò, tornando ad appoggiarsi contro la spalla di Wei e sospirò: «Ero sicura di legare questo posto a un altro brutto ricordo.»
«Brutto ricordo?»
«Quando sono venuta la prima volta a Parigi, ovvero quando Papillon...»
«Ti rese cattiva.»
«Esattamente. Ecco, mia madre aveva promesso di accompagnarmi a visitare la casa di Victor Hugo: mio nonno mi aveva portato a vedere il musical Les miserables ed io mi ero così ossessionata che, una volta giunta qua, avrei voluto visitare l'abitazione dell'autore a ogni costo. Mamma mi aveva promesso di accompagnarmi e ci eravamo date appuntamento qua: ricordo che quel giorno non era bel tempo, ma io rimasi in attesa di mia madre...» si fermò, sorridendo tristemente: «Lei non venne mai. A quanto pareva, mio padre aveva avuto un improvviso incontro con alcuni delegati e mia madre, ovviamente, doveva essere al suo fianco. Mi ricordo che venni akumatizzata anche quella volta, una delle poche dove la colpevole della mia rabbia non era Marinette.»
Wei la circondò con le braccia, stringendola forte contro di sé e sentendola abbandonarsi nel suo abbraccio: «L'hai visitata la casa, poi?»
«No. Mai.»
Il ragazzo annuì, allontanandosi e sorridendole: «Quando vuoi andarci?» le domandò, vedendola sgranare gli occhi per la sorpresa: «Quando vuoi andare a visitarla?»
«Wei...»
«Parigi è la città dove ci siamo incontrati: non voglio che tu abbia brutti ricordi di questo posto, quindi cercherò di creartene di nuovi e belli.» dichiarò sicuro di sé il ragazzo, fissandola negli occhi e vedendo quelli chiari di Lila inumidirsi per le lacrime trattenute; sorrise quando lei chiuse le palpebre e scosse il capo: orgogliosa com'era non si sarebbe mai mostrata per tanto tempo debole, lo sapeva benissimo.
«Grazie.» mormorò Lila, posandogli una mano sulla guancia e sorridendogli dolcemente: «Grazie per tutto quello che mi dai.»
«Grazie a te, Lila, per essere entrata nella mia vita.»
«Vuoi assaggiare?» domandò Marinette, tendendo la paletta con un po' di gusto verso Adrien e osservandolo fissare dubbioso il gusto: «E' caramello al burro salato.»
«Ok, quello mi piace.» dichiarò Adrien, afferrando la mano della ragazza e chiudendo la bocca attorno al piccolo cucchiaino di plastica, gustando l'assaggio di gelato: «Si sente la lavanda.» decretò, tornando a divorarsi il suo gelato: «Come fai a prendere il gusto lavanda? E' un fiore! I fiori non si mangiano!»
«Sì, che si mangiano.»
«Non che non si mangiano.» dichiarò Adrien, infilandosi la paletta in bocca con una generosa porzione di cioccolato sopra: «Da che parte? Tagliamo per Pont Marie o allunghiamo la strada e passiamo da Notre-Dame?»
«Notre-Dame?» propose Marinette e il ragazzo annuì, attraversando la strada e dirigendosi in avanti: «Comunque perché hai chiesto se avevano il gusto camembert?»
«Non l'ho chiesto io. Plagg ha domandato mentre il tipo era voltato di spalle e quello ha pensato che avessi parlato io.» sbuffò il biondo, fissando male il punto della giacca ove il kwami era nascosto: «Non farlo mai più.»
«Ehi, domandare è lecito!» fu la risposta borbottata che giunse alle orecchie dei due ragazzi: Adrien sospirò, scuotendo il capo e tornando al suo gelato, divorandolo velocemente e gettando poi la coppetta nel primo cestino che aveva trovato.
«Mh. La prossima volta dovremmo andare da Amorino.»
«A me piace di più il gelato di Berthillon, però.» dichiarò Marinette, finendo anche il suo gelato e gettando la coppetta, leccandosi poi le labbra.
«Oh, te ne è rimasto un po'.» decretò Adrien, chinandosi e baciandola, tirandosi poi su e facendole l'occhiolino: «Pulita. Anche se adesso so di lavanda.»
«Quanto mi dispiace...»
«Non prenderlo più.»
«Ma a me piace.»
«A me no.» bofonchiò il ragazzo, intrecciando le dita a quelle della ragazza e tirandola contro di sé: «Non ti bacio più altrimenti.»
«Come se sapresti resistere...»
«Potrei farlo.» sentenziò Adrien, incamminandosi per la strada con la ragazza al suo fianco: «E tu saresti talmente disperata, che smetteresti di prendere gusti assurdi come la lavanda.»
«Non è un gusto assurdo!» dichiarò Marinette, ridendo: «Mio padre fa le brioches alla lavanda – che hai assaggiato, fra l'altro – e i macarons.»
«Tom, da te non me lo sarei mai aspettato.»
«Piuttosto, come pensi...»
«Come penso sia andata la cena dopo che ce ne siamo andati?» buttò lì Adrien, alzando la testa verso il cielo notturno: «Mh. Non so perché ma ho il sospetto che Sabine abbia preso in simpatia tua madre e sono certo che si saranno messe a confabulare per il nostro imminente matrimonio...oh, andiamo! Arrossisci ancora?»
«Non lo faccio di proposito.»
«Sì, ma pensavo che avessi preso un po' di confidenza con il matrimonio, un po' come con quella cosa che facciamo a letto: hai presente? Tu. Io. Nudi...»
«Piantala!»
Adrien ridacchiò, fermandosi alla fine della strada e indicando verso sinistra: «Vediamo chi c'è stasera su Pont Saint-Louis? O torniamo indietro e facciamo il giro dell'isola e l'allunghiamo tantissimo, così tanto che Tom ci verrà a cercare armato di baguette?»
«Pont Saint-Louis.» dichiarò Marinette, tirando lievemente il ragazzo verso il ponte e osservando alcuni musicisti di strada preparare gli strumenti: ne osservò i movimenti, fermandosi poi davanti a un uomo che, con il basco sopra la testa e un paio di baffoni che sormontavano le labbra, stava suonando con la sua fisarmonica una delle canzoni francesi più famose.
Adrien la strinse da dietro, posandole le mani sull'addome e, non appena Marinette le coprì con le proprie, intrecciò le dita a quelle di lei; poggiò poi il mento contro la spalla della ragazza e ascoltò anche lui le note, dondolandosi a tempo con la musica: «Quand il me prend dans ses bras...Il me parle tout bas...» canticchiò Adrien sottovoce, sfiorandole l'orecchio con le labbra e facendola ridacchiare: «Je vois la vie en rose...Il me dit des mots d'amour...Des mots de tous les jours...Et ca me fait quelque chose.» continuò, aumentando leggermente il tono della voce e ricevendo in cambio un sorriso divertito dal musicista: Adrien liberò una mano, tastandosi le tasche dei pantaloni e gettando tutte le monete che aveva nella custodia aperta davanti l'uomo: «Lo voglio al nostro matrimonio.» dichiarò, sporgendosi verso Marinette e baciandole la guancia: «E voglio che suonino La vie en rose.»
«Dillo alle nostre madri.» decretò la ragazza, stringendogli la mano e riprendendo a camminare al suo fianco: «Sai che non ho voce in capitolo.»
«Ma sei...»
«Non dirlo.»
«Mh. A Notre-Dame li celebrano i matrimoni? No, perché potremmo passarci e ci togliamo il pensiero...»
«No, spiacente.» dichiarò Marinette, ridacchiando e scuotendo il capo: «E poi dovremmo affrontare mia madre. E anche tua madre, adesso.»
«Papillon, Coeur Noir, Maus...» commentò Adrien, alzando le spalle: «Quelle due non mi fanno nessuna paura.»
«Sei sicuro?»
«D'accordo, giusto un pochino.»
«Ah ecco.»
«Ma poco, poco.»
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Miraculous Heroes 2 {Completata}
Fanfiction[Sequel di Miraculous Heroes] Sono trascorsi alcuni mesi da quando la minaccia di Coeur Noir è stata sventata e il gruppo di Portatori di Miraculous è alle prese con la vita di tutti i giorni: le relazioni sentimentali, il nuovo mondo universitario...