Rafael non capiva se a svegliarlo era stato il dolore alla schiena, causato dalla posizione scomoda con cui aveva dormito; il peso che gli gravava addosso oppure la combinazione di entrambi: aprì lentamente gli occhi, ritrovandosi a osservare il suo salotto e domandandosi come mai era rimasto a dormire lì e, poi, la sua attenzione calamitò sulla testa bionda che gli riposava sul petto: «Sarah?» mormorò, osservando la ragazza muoversi leggermente e tirare su il capo, guardandolo negli occhi.
Rafael sorrise, mentre il sonno lasciava andare lo sguardo di Sarah e la consapevolezza di dove era si faceva strada in lei; la osservò sgranare lo sguardo nocciola e tirarsi immediatamente su, prima che un dolore lancinante in una certa parte del corpo non lo fece ripiegare su sé stesso: «Scusa.» esclamò Sarah, balzando in piedi e chinandosi davanti al divano, mentre lui si portava la mano in una certa zona e pregando che il dolore finisse.
O lo uccidessero nel mentre.
«Non è possibile...» boccheggiò, sentendo la mano di Sarah posarsi sulla sua spalla, e cercando di respirare: «Ma hai preso lezioni da Marinette?»
«No. Però a New York ho fatto un corso di autodifesa.» mormorò la ragazza, abbozzando un sorriso: «Come...come stai?»
«Come pensi che stia?» sibilò il ragazzo, cercando di mettersi supino sul divano e piegando la testa di lato, osservando il viso imbarazzato e dispiaciuto della ragazza: «Starò meglio. Davvero.»
«Io...»
«Mi basta solo tempo e borsa del ghiaccio.»
Flaffy sbadigliò rumorosamente, alzandosi in volo e osservando i due umani: «Buongiorno, miei piccoli hobbit. Flaffy il blu è tornato.» sentenziò, posando lo sguardo sul ragazzo e inclinando la testa di lato: «Ti hanno di nuovo menato in quel posto, Rafael?»
«Flaffy...»
«Immagino che non puoi darmi la colazione, vero? Nessun problema, faccio da solo.»
«Tu non fai da solo.» sentenziò Rafael, mettendosi con fatica a sedere e guardando il kwami: «L'ultima volta che hai fatto da solo, ti sei mangiato metà dispensa e poi sei stato male.»
«Non è vero.»
Rafael inspirò, fissando male il kwami: «Sì, che è vero. Ti ho dovuto portare di corsa dal maestro.»
«Ci penso io.» mormorò Sarah, alzandosi e sorridendo a Flaffy: «Dov'è che tieni la cioccolata?»
«Dì là!» esclamò il kwami del pavone, volando velocemente in cucina senza curarsi se la ragazza lo seguiva o meno.
«Ti porto del ghiaccio?» domandò Sarah, stringendosi nelle spalle e osservando impacciata il giovane sul divano, non sapendo cos'altro fare per il danno che gli aveva arrecato.
«Sì, grazie.»
Alex sorrise al commesso, sperando che un sorriso caloroso e pieno di vita facesse sì, che l'uomo dall'altro lato del bancone, non lo mandasse a quel paese per il suo pessimo francese e per il fatto che stava mettendo a dura prova i suoi nervi appena aperto il negozio: studiò attentamente gli auricolari che gli aveva proposto e li valutò uno per uno, scegliendone alla fine quello che gli sembrava il modello adatto: «Ne voglio sette...anzi no, otto...ok, facciamo dieci di questo.» dichiarò, annuendo alla sua scelta e sorridendo di fronte allo sguardo del commesso.
Di certo si stava domandando cosa accidenti ci facesse con dieci auricolari; l'osservò mentre andava a recuperare le confezioni e le imbustava, mentre Alex gli passava la carta di credito del maestro Fu che, quella mattina, era accidentalmente scivolata nel suo giubbotto.
Insomma, quel vecchietto andava a spasso per il mondo a fornire, a giovani sprovveduti, gioielli magici, quindi era anche il momento che si preoccupasse di fornire un'attrezzatura adeguata per la loro missione.
Contento afferrò il sacchetto con i suoi acquisti e firmò con uno svolazzo lo scontrino, abbozzando la firma dell'anziano, recuperando il tutto e uscendo poi dal negozio; mise una mano in tasca, recuperando il cellulare e mandando un messaggio veloce ai suoi supereroi preferiti.
Quando il suo cellulare aveva vibrato, Sarah aveva sperato che fosse Rafael che rispondeva al messaggio che gli aveva mandato poco prima e, quando aveva visto il mittente, aveva sospirato: aperto il messaggio era venuta a conoscenza della mattinata di shopping dell'amico: «Ogni cultura ha le sue leggende e i suoi miti.» dichiarò il professor Fabre, facendo portare l'attenzione della ragazza sulla lezione: «Ma, nonostante ciò, in quasi tutti i popoli ci sono dei temi che ricorrono: il diluvio universale è uno di questi. Ne possiamo trovare tracce nella mitologia norrena, ma è anche una leggenda della Isole Andamane – che, per chi non lo sapesse, sono nel Golfo del Bengala – e ancora nella cultura azteca e in quella maya.» il professore allargò le braccia, alzando gli indici: «popoli diversi e sparsi per il mondo...» si fermò, avvicinando le due dita, fino a che i polpastrelli non si toccarono: «...ma con un punto in comune. Se poi andate a leggere i vari miti, noterete che la storia è più o meno la stessa. Cosa vuol dire secondo voi?»
Sarah osservò una delle studentesse in prima fila alzare la mano, mentre il professore le faceva un cenno con il capo, esortandola a parlare: «Forse che è avvenuto un qualcosa che ha suscitato l'interesse di tutti, tanto da inserirlo in una leggenda?»
«Buona risposta.» dichiarò il professor Fabre, salendo a sedere sulla cattedra e annuendo: «Ed è un'ipotesi di molti studiosi: qualcosa è avvenuto ed è stato talmente intenso e devastante, che i popoli antichi hanno sentito il bisogno di tramandarlo.» spiegò, annuendo con la testa e indicando la studentessa che aveva parlato: «Buona risposta, signorina.» dichiarò, balzando in piedi e andando alla lavagna, disegnando alcune forme: «Il diluvio universale non è l'unico tema ricorrente nelle mitologie, durante i miei viaggi ho scoperto che molti popoli veneravano un particolare set di animali.» spiegò, allontanando e indicando il primo disegno: «La coccinella, il gatto, il pavone, l'ape, la tartaruga, la farfalla e la volpe.» Sarah rimase a bocca aperta, notando gli animali dei sette Miraculous disegnati sulla lavagna: «Sette animali che venivano venerati, nonostante quel popolo non avesse mai avuto esperienza diretta con quella specie. Perché? E perché proprio questi sette? Molto spesso sono associati a grandi eroi o divinità che impedivano al male di dominare. Come hanno fatto queste popolazioni a conoscere questi animali? E noi come potremmo trovare il perché a queste domande? Signori e signorine, quando ci siamo visti alla prima lezione, io vi ho chiesto: perché studiare archeologia? Ecco la risposta a questa domanda: per trovare risposte a fatti che non ce l'avrebbero.»
Sarah si addossò contro lo schienale della sedia, osservando i sette disegni stilizzati che erano sulla lavagna e poi il professore, che si era fermato, sorridendo a tutti loro, come se attendesse che le sue parole colpissero il segno prefissato.
Adrien alzò la mano, salutando la ragazza che stava uscendo quel momento dall'edificio dell'IFM: «Adrien!» esclamò Marinette, correndogli incontro e venendo accolta fra le braccia del giovane: «Che ci fai qui?»
«Ho pensato di fare un salto e venire a prenderti.» le spiegò il biondo, chinandosi e baciandole il naso: «Com'è andata oggi?»
«Niente lezioni, ma tanto lavoro con Nathanael. La professoressa ha anticipato la data di scadenza del progetto: dovete imparare a lavorare in tempi flessibili.» dichiarò la ragazza, scimmiottando l'insegnante e facendo un cenno al ragazzo dai capelli rossi che, dopo averla vista, li raggiunse con passo lento.
Marinette si staccò da Adrien, andando dall'amico, e immediatamente il biondo sentì un senso di vuoto: perché lo aveva lasciato per andare da Nathanael? Perché non era rimasta lì con lui, invece di fare quei pochi passi che ora li separavano?
Si portò una mano al petto, stringendo la maglia e tenendo lo sguardo fisso sulla schiena di Marinette, mentre questa si voltava e lo indicava al rosso: «Adrien?» domandò la ragazza, aggrottando la fronte e tenendo lo sguardo fisso su di lui.
Come se avesse capito che c'era qualcosa che non va.
Va tutto bene.
Marinette ti ama.
Va tutto bene.
Lei è tua.
Adrien socchiuse gli occhi, sorridendo e avvicinandosi ai due: «Nathanael!» esclamò, allungando la mano e aspettando che l'altro gliela stringesse in un breve cenno di saluto: «Mi ha sorpreso quando Marinette mi ha detto che venivi qua.»
«Ho sorpreso un po' tutti a quanto pare.» dichiarò Nathanael, sorridendo nervoso e dando una breve occhiata a Marinette.
Non guardarla.
Non con quello sguardo, perché lo conosco fin troppo bene.
Lei è mia.
Adrien annuì, sorridendo come gli era stato insegnato nei set: fai finta che tutto ti scivoli addosso, fai finta che tutto ti scivoli addosso.
«Sai, Nathanael ha disegnato le scarpe per l'abito che ti ho fatto vedere, quello da sir...» Marinette si voltò, bloccandosi alla vista del sorriso che piegava le labbra di Adrien: conosceva bene quell'espressione educata ma senza vitalità, perché l'aveva vista molto spesso nel ragazzo quando erano più giovani.
Quando Adrien era succube di un Gabriel Agreste terrorizzato dal mondo esterno e si sentiva libero solo nei panni di Chat.
Allungò una mano, stringendo la stoffa bianca della camicia che il ragazzo indossava e fissandolo: «Quello da sirena?» le domandò il biondo, voltandosi verso di lei con quel sorriso in faccia: «Non vedo l'ora di vederle. L'abito era veramente bello, vero?»
«Già. Marinette ha un grande talento.»
La ragazza annuì, senza prestare particolare attenzione a ciò che i due dicevano, completamente concentrata su Adrien: perché? Perché quel sorriso?
Maus osservò il progetto prendere vita nel simulatore del computer: il frutto dei suoi studi, finalmente!, stava per maturare.
Finalmente avrebbe dimostrato a quei bigotti e pieni di pregiudizi della comunità scientifica che la sua chimera esisteva e lui l'aveva resa reale: «Signore.» esclamò uno dei suoi soldati, facendo girare la sedia della scrivania e guardandolo in volto: «La simulazione si è conclusa con un risultato positivo.»
«Questo portare da me Miraculous, ja.» mormorò, avvicinandosi allo schermo e carezzando la rappresentazione in 3D della sua creatura: «Ora noi costruire e poi provare, ja. Eroi parigini sapere presto cosa vuol dire vendetta di Maus, ja.»
«Era così strano, Tikki.» mormorò Marinette, poggiando il viso contro le braccia e osservando la kwami che mangiava la sua cena fatta di biscotti: «Per un attimo, mi è sembrato di avere accanto l'Adrien modello e non...beh, il mio Adrien.»
Il piccolo spirito buttò giù il boccone, rigirandosi il biscotto fra le zampette e osservando l'umana: «Magari è solamente stanco: deve affrontare parecchie novità e non penso che studiare economia e gestione, di quella cosa che non ho capito come si chiama, sia tanto facile...»
«Gestione del marketing, Tikki.» esclamò la voce di Adrien, facendo alzare le teste di Marinette e della kwami verso il soppalco: Adrien e Plagg le stavano osservando: «Ora io sono entrato quando Marinette ha detto "mio Adrien". Di cosa stavate parlando voi, signorine, per far dire alla mia lady quelle due parole?» domandò il ragazzo, balzando al piano inferiore e dando una breve occhiata alla botola chiusa: «Buonasera, my lady. Sei sempre uno splendore da vedere.»
«Va tutto bene?»
«Sì, certamente.» rispose Adrien, incrociando le braccia e poggiando un fianco contro la scrivania, guardandola dall'alto: «perché?»
«Hai qualche problema con tuo padre?»
«No, nessuno. Poi adesso è a Milano.»
«Sicuro al 100%? Lo giureresti sulla tua coda?»
«Marinette.»
«Mi sto preoccupando per te.»
«E per cosa?» esclamò il ragazzo, sorridendole e allargando le braccia: «Guarda, sto benissimo. Un po' stanco per le lezioni, ma in perfetta forma. Se proprio vuoi preoccuparti di qualcosa...» sorrise, poggiando una mano sulla scrivania e abbassando il volto fino all'altezza di quello della ragazza: «...beh, pensa a questo povero micio che ha tanta voglia...»
«Di fare qualcosa che io non voglio vedere.» dichiarò Plagg, volando verso la botola che dava sul terrazzino e oltrepassandola, sotto lo sguardo divertito di Tikki che, velocemente, posò il biscotto e lo raggiunse.
«Allora, dicevamo my lady?»
«Come stai?» domandò Sarah, quando il portone di casa di Rafael si aprì e il padrone di casa comparve sulla soglia: «Io...»
«Sto bene, tranquilla.» le rispose il ragazzo, facendosi da parte per farla entrare: «Come dice Flaffy, devo averle di Ithilnaur.»
«Eh?»
«E' una lega della Terra di mezzo.» spiegò il ragazzo, superandola e lasciandosi cadere sul divano: «A quanto sembra la più dura.»
«Ehilà!» esclamò Flaffy, alzando una zampetta e sorridendo con la bocca impiastricciata di cioccolata: «Stiamo guardando La compagnia dell'Anello.»
«Per la centoventunesima volta, minimo.» sbuffò Rafael, sorridendo divertito quando il kwami tornò a vedere il film e iniziò ad anticipare le battute: «Ormai lo sa a memoria.»
Sarah sorrise, voltandosi verso lo schermo e notando Frodo che si alzava davanti al consiglio e dichiarava di portare l'anello a Mordor: « Ti aiuterò a portare questo fardello, Frodo Baggins, finché dovrai portarlo.» mormorò Flaffy, addentando la cioccolata e voltandosi verso Rafael.
Il modello sospirò, osservando la scena e attendendo il turno di Aragorn: «Se con la mia vita o la mia morte potrò proteggerti, io lo farò. Hai la mia spada.» recitò, scuotendo la testa e allungandosi ad accarezzare il capino del kwami.
«Ed hai il mio arco.» dichiarò Sarah, sorridendo ai due: «Sono Legolas.»
«Ehi, Legolas. Cosa vedono i tuoi occhi da elfo?» le domandò Rafael, allungando le gambe davanti a sé.
«Cioccolata, tanta cioccolata!»
«No, scusate.» Mikko s'intromise, attirando su di sé l'attenzione: «Se lui è Gandalf, Rafael è Aragorn e tu, Sarah, sei Legolas. Io chi faccio? Il nano barbuto?»
«Sei identica, Mikko.»
«Tu hai bisogno di occhiali, Flaffy.»
Lila picchiettò la penna sul blocco, dando un'occhiata al cellulare poggiato sul tavolo vicino al computer: «Alex, non è tanto difficile. Mi mandi i files di Maus e la facciamo finita qui. Ho cercato un po' di cose sul nostro nemico ma non si trova nulla o poco.»
«Non dovresti pensare a salvare Parigi dai suoi attacchi? Lascia che ci pensi io al lavoro dietro le quinte.»
Wei sorrise, avvicinandosi alle spalle della ragazza e poggiando il peso sullo schienale: «Alex, ti conviene fare come dice. E' parecchio insistente quando si mette in testa una cosa.»
«Ehilà, Wei! Ti è arrivato il messaggio?»
«Sì, scusa se non ti ho risposto ma dovevo lavorare al momento.»
«Tranquillo, amico.» dichiarò Alex dall'altro capo: «Comunque appena potete passate per venire a prendere i vostri auricolari. Gentilmente offerti dal maestro.»
«Io non ho offerto niente!» sbottò la voce del maestro Fu, facendo sospirare Lila: «Sei tu che mi hai rubato la carta di credito.»
«Alex, i files.»
«Appena il maestro la finisce di urlare te li mando, promesso.»
Marinette stava camminando davanti a lui ma, per quanto allungasse la mano e cercasse di raggiungerla, non riusciva mai ad avvicinarla: «Mari...» iniziò a dire il suo nome, ma la ragazza scomparve come se si fosse dissolta nell'aria e Adrien iniziò a urlare con tutto il fiato che aveva in gola e si svegliò, madido di sudore e, per un attimo, non capì dove si trovava.
Quando riconobbe la stanza della ragazza si rilassò, anche se le spire dell'incubo non sembravano lasciarlo andare: sentiva ancora l'impotenza nel non riuscire a raggiungere Marinette, poi il dolore e la perdita quando lei era scomparsa.
Inspirò profondamente, passandosi una mano sul volto, come se quel piccolo gesto riuscisse a cacciare via tutto, e si voltò, trovando la ragazza che dormiva placidamente al suo fianco: Marinette aveva le mani unite sotto il viso, le spalle nude lasciate scoperte dalla trapunta e il viso completamente abbandonato al sonno: «Sei bellissima.» le mormorò, carezzandole lo zigomo e girandosi completamente verso di lei; le fece passare le braccia attorno al corpo, stringendola contro di sé mentre si sdraiava nuovamente al suo fianco: «Non lasciarmi mai. Non abbandonarmi.»
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Miraculous Heroes 2 {Completata}
Fanfic[Sequel di Miraculous Heroes] Sono trascorsi alcuni mesi da quando la minaccia di Coeur Noir è stata sventata e il gruppo di Portatori di Miraculous è alle prese con la vita di tutti i giorni: le relazioni sentimentali, il nuovo mondo universitario...