Capitolo 32

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André Bourgeois osservò i tre uomini che il tenente e alcuni uomini delle forze dell’ordine aveva scortato nel suo studio: erano stati ammanettati e qualche livido, segno della lotta che avevano avuto contro gli eroi di Parigi, era comparso sui volti che lo scrutavano seri.
«Buonasera.» mormorò, avvicinandosi al tenente Raincomprix, nonché padre della migliore amica di sua figlia, e chinandosi verso di lui: « Perché li avete portati da me? Cosa dovrei farci con questi?» bisbigliò, sorridendo ai tre sguardi, che non perdevano d’occhio un suo movimento, reprimendo la tentazione di portare l’indice al colletto e allentare un po’ la stretta della cravatta.
Il poliziotto lo fissò, inspirando profondamente e togliendosi il berretto, asciugando il sudore della fronte: «Metterli in carcere?» buttò lì, incassando poi la testa nelle spalle e voltandosi verso i tre criminali che il gruppo di supereroi aveva consegnato loro.
«Sì. Carcere. Sì.» annuì Bourgeois, portandosi due dita al colletto della camicia e tirandolo lievemente: «Portateli a de La Santé e metteteli in cella.»
«D’accordo.» assentì l’uomo, voltandosi verso i propri uomini e facendo un cenno loro: i tre prigionieri vennero affiancati da due poliziotti ciascuno e scortati all’esterno dell’ufficio del sindaco parigino, mentre André Bourgeois si lasciava cadere sulla poltrona con un pesante sospiro.
Il suo mandato come sindaco della città stava finendo e, sinceramente, non era per niente triste: da quando era in carica ne era successe di tutti i colori e sperava – quasi pregava – che il Consiglio non lo eleggesse nuovamente e spostasse il suo sguardo su qualcun altro.
Magari qualcuno come il giovane politico che, in pochi mesi, aveva scalato il vertice del partito opposto diventandone il leader e trascinatore.
Monsieur…
Monsieur…
Come accidenti si chiamava?
André scosse il capo, poggiando stancamente il viso contro il pugno chiuso e osservando la foto che teneva sulla scrivania, che lo ritraeva insieme alla sua adorata principessina: «Ho sentito che c’è stato un po’ di movimento, Bourgeois.» dichiarò una voce profonda maschile e il sindaco parigino alzò lo sguardo, trovando davanti a sé il protagonista dei suoi pensieri nonché rivale in campo politico.
Sfacciatamente bello, con i capelli decisamente troppo lunghi per un uomo che doveva rappresentare una città e uno sguardo celeste che sembrava quasi leggergli dentro: «Oh. Buonasera, monsieur…»
Eh. Monsieur cosa?
«Blanchet. Immagino che con tutto quello che ha da fare, non si ricordi il mio nome.» commentò Monsieur Blanchet, accomodandosi, senza essere invitato, su una delle due poltroncine poste davanti alla scrivania e accavallando le gambe.
Giusto.
Blanchet.
Un cognome che ricordava i completi candidi che l’uomo indossava sempre.
«Ho visto il tenente Raincomprix scortare via da qui alcune persone…» spiegò Blanchet, sorridendo affabile: «Sono per caso i tre…mh. Terroristi? Che stavano portando il panico per Parigi ultimamente?»
«Proprio loro.»
«Interessante. Dovreste fare un encomio alle nostre forze dell’ordine per aver preso così celermente i…»
«In verità sono stati gli eroi di Parigi.»
«Oh.» Blanchet si fermò, annuendo con la testa e facendo ondeggiare le ciocche bionde, che gli carezzavano il collo: «I nostri protettori. Dovremmo fare qualcosa per ringraziarli: da quanto combattono per noi, ormai? Ladybug e Chat Noir direi che sono quattro anni, più o meno, eppure mai una volta che le autorità abbiano dimostrato la propria gratitudine.»
«Ci fu…»
«La statua in quel misero parchetto di quartiere? Ma per favore, dovremmo fare loro qualcosa in grande stile.»
«Non credo che loro apprezzerebbero…» mormorò André, rimediando un sorriso accondiscente dall’altro: «Qualche tempo fa, quando Papillon scomparve avevo…»
«Sono eroi, è normale che non vogliano attenzioni su di loro ma come cittadini di Parigi glielo dobbiamo.» sentenziò Blanchet, alzandosi dalla sedia e dirigendosi sicuro verso la porta dell’ufficio, poggiando la mano sulla maniglia e sorridendo tristemente: «E’ nella natura dell’eroe sacrificarsi senza ottenere niente in cambio.»
«Cosa?»
«No, niente.» dichiarò Blanchet, voltandosi e sorridendo al sindaco: «Ci vediamo, Bourgeois.»

Lila sbuffò, poggiando i gomiti contro le ginocchia, lasciate nude dalla gonna corta, e osservò alcuni ragazzini camminare lungo il marciapiede: le voci allegre che risuonavano nell’aria, assieme ai rumori della mattinata parigina componevano una sinfonia che le piaceva: «Non avevi lezione stamattina?» le domandò Wei, sedendosi accanto a lei sulla panchina e passandole un bicchiere da asporto: «Oppure…»
«Stavo osservando.»
«Cosa?»
«Quello che proteggiamo.»
Wei spostò lo sguardo davanti a sé e sorrise, mentre la ragazza gli toglieva dalla mano il bicchiere e lo apriva, inspirando il profumo del contenuto: «Non è come quello di casa, ma è passabile.»
«Mi chiedo se ci sarà mai un caffè che ti va bene al 100%.»
«Quello italiano.»
«Ehi voi!» la voce maschile e giovane li fece voltare entrambi: magro e fin troppo alto per la sua età, un ragazzino con la pelle scura li fissava quasi con rabbia: «Chi siete?»
«Chi sei tu?»
«Lila…» mormorò Wei, posandole una mano sul braccio e osservandola mettersi subito sul piede di guerra; sorrise, guardando la ragazza imbronciarsi e appoggiarsi allo schienale della panchina: «Io mi chiamo Wei Xu, mentre lei è…»
«Lila. Lila Rossi.» dichiarò l’italiana, fissando male il ragazzino: «E tu chi sei?»
«Thomas Lapierre.» si presentò il giovane, osservandoli guardingo: «Siete dei rapitori?»
«Cosa?» strillò Lila, balzando in piedi e venendo immediatamente imitata da Wei, che le posò una mano sulla spalla, cercando di calmarla con quel gesto.
«In verità, sto aspettando il mio datore di lavoro e Lila è la mia fidanzata.» spiegò tranquillo il cinese, sorridendo affabile: «Ci siamo fermati qui…beh, perché questo parco è carino e Lila voleva il suo caffè.»
Thomas annuì con la testa, inspirando profondamente: «Tu non hai l’aria da rapitore.» dichiarò, indicando con un cenno del mento Wei: «Puoi garantire anche per lei?»
«Posso.»
«Cosa? Wei non dargli corda!» sbottò Lila, facendo alternare lo sguardo dal giovane uomo al moccioso: «Cosa ti fa credere che io…»
«Fissavi troppo interessata i bambini, ecco.»
«Cosa? Vuoi morire, moccioso?»
«Mh. Forse non sei una rapitrice, sei solo pazza.»
«Wei!»
«Scusa se ti abbiamo messo in allarme, piccolo eroe.» sentenziò Wei, posando le mani sulle spalle della ragazza e spintonandola verso l’uscita: «Sono certo che i tuoi compagni più giovani sono orgogliosi di essere protetti da un tipo come te.»
«Ma non sarò mai come gli eroi di Parigi…»
Wei e Lila si fermarono, osservando il ragazzino abbassare lo sguardo e scuotere il capo: «Ehi, moccioso.» mormorò Lila, liberandosi dalla stretta del suo fidanzato e avvicinandosi a Thomas: «Lascia che ti dica una cosa: gli eroi di Parigi sono persone come te e me, sai?»
«E quindi?»
«Beh, non è detto che un giorno tu non sarai come loro, no?»
Thomas la osservò, annuendo con la testa e sorridendole: «Penso di essermi sbagliato su di te, signorina rapitrice.»
«Chiamami ancora così e non vedrai la luce di domani, moccioso.»
«Lila…»

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