Capitolo 14

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Sophie.
Da quanto tempo non sentiva la sua voce chiamarla?
Si voltò verso di lui, osservandolo usare il bastone per alzarsi e venire subito affiancato da un ragazzo completamente vestito di nero, con i capelli biondi e gli occhi felini verdi; si portò una mano alla bocca, toccando la maschera che aveva preso in prestito, e osservando le due persone più importanti della sua vita: Gabriel la stava fissando con gli occhi celesti stupiti, la bocca semiaperta e una mano leggermente sollevata verso di lei.
Adrien la osservava con una nota guardinga negli occhi e il corpo pronto a scattare.
Com'era cresciuto...
Era alto quasi quanto Gabriel adesso: davanti a lei c'era un giovane uomo, che cozzava con l'immagine del bambino che scorrazzava allegro per casa che lei aveva.
«Io...» si fermò, voltandosi e notando le persone che, messo fine al pericolo, stavano iniziando ad arrivare curiose per vedere il luogo dello scontro e gli eroi di Parigi; si voltò verso Gabriel, osservando Adrien mormorargli qualcosa e poi girarsi verso di lei: «Io...» mormorò nuovamente, abbassando la mano che, inconsciamente, aveva alzato.
«Andiamo a casa.» sentenziò Gabriel, dopo aver fatto un cenno al figlio che, sempre tenendo lo sguardo puntato addosso lei, era indietreggiato fino a raggiungere il resto dei suoi compagni, saltando su Notre-Dame e poi allontanandosi nella direzione della casa degli Agreste.
«E' cresciuto.» mormorò, incapace di allontanarsi da quel posto: aveva paura che, se solo avesse fatto un passo, tutto sarebbe svanito e lei si sarebbe svegliata nella cella in cui Maus l'aveva tenuta prigioniera.
«E' normale.» sentenziò Gabriel, camminando tranquillo verso di lei e superandola, roteando il bastone come se fosse un tipo qualunque che passeggiava nell' Île de la Cité: «Alla fine quanti anni sono passati? Quasi dieci?»
«Sì...»
«Sarebbe stato strano che fosse rimasto il bambino che hai lasciato.» Sophie annuì, stringendosi il polso sinistro con la mano opposta e abbassando la testa; Gabriel si fermò, notando l'atteggiamento della donna e sospirando pesantemente: «Scusa. Non volevo accusarti. So che sei andata via perché dovevi, perché era la tua missione...»
«Invece dovresti farlo. Io vi ho...»
Gabriel alzò una mano, voltandosi verso la giornalista di TVi che si stava avvicinando con il microfono alla mano: «Direi che dobbiamo andare, non amo farmi intervistare.»
«D'accordo.»


Chat balzò su un tetto, osservando la sua casa poco lontano: «Qualcosa che non va?» gli domandò Ladybug, affiancandolo e fissandolo: «Sembri...»
«Hai presente quando incontri qualcuno e hai la sensazione di conoscerlo?» le domandò il felino a bruciapelo, abbassando lo sguardo e osservando Peacock e Tortoise correre lungo la strada mentre, quasi sicuramente, Volpina e Bee li stavano già aspettando all'interno del maniero degli Agreste.
«Tipo la sensazione che avevo ogni volta che ti guardavo da dietro e mi dicevo: "mh. Non so perché ma queste spalle mi sembra di conoscerle"?»
«Sì, my lady.» sentenziò Chat, ridacchiando e scuotendo la testa: «Quella sensazione.»
«Mh. Non hai fatto battute sul fatto che potevo fissarmi su un punto un po' più in basso...» mormorò Ladybug, battendosi le dita guantate di rosso sulle labbra: «Direi che la cosa è grave.»
«Ma lo so che mi fissavi il sedere ogni volta che potevi. Inoltre questa tuta in boyfriend material lo mette in risalto.»
«Ecco, appunto.» sbuffò la ragazza, roteando gli occhi e sorridendo: «Tornando al discorso principale...»
«Quella donna, io ho la sensazione di conoscerla...» mormorò Chat, massaggiandosi la nuca e sospirando quando il suo Miraculous suonò impellente: «Sarà meglio sbrigarsi, sinceramente da persona comune sono negato nel 'saltiamo giù dai tetti senza rompersi nulla'.»
«Io uguale.» mormorò la ragazza, portandosi una mano all'orecchio destro e ascoltando il beep-beep che annunciava l'approssimarsi della fine della trasformazione: «Per quanto, con la mia storica imbranataggine, ho una certa dimestichezza con contusioni e graffi.»
«My lady, sei...»
«Incredibilmente bella, coraggiosa e l'amore della tua vita?»
«E incredibilmente pericolosa per la tua stessa incolumità.» sbuffò Chat, facendo alcuni passi indietro e poi saltando sul tetto opposto, subito seguito da Ladybug: velocemente percorsero la distanza che li separava dalla villa color crema e balzarono all'interno del giardino, pochi secondi prima che la trasformazione si sciogliesse: «Appena in tempo.» sentenziò Adrien, catturando Plagg che stava cadendo a peso morto e guardando il resto dei suoi amici, già trasformati.


Alex puntò le mani contro il cruscotto dell'auto, dando una veloce occhiata alla donna al volante: «Willie, giusto per curiosità, la patente ce l'hai, vero?»
«Ovvio.» sbuffò la donna, pestando sull'acceleratore e il vecchio modello della Citroen DS sfrecciò lungo la strada parigina; Alex si morse il labbro, per impedire a un'imprecazione di scappare mentre una colorita sequenza di parole cinesi si levò dal sedile posteriore: «Tutto bene, Fu?» domandò Willhelmina, dando una breve occhiata allo specchietto retrovisore e osservando l'uomo cercare di mettersi nuovamente seduto.
«Perché ho accettato di far guidare te?» sbottò Fu, dando un lieve strattone alla camicia hawaiana e fissando male la donna al volante: «Bridgette, fai schifo a guidare.»
«Willhelmina.» lo corresse immediatamente lei, voltandosi completamente verso Fu: «Quante volte devo dirtelo di non usare il mio vecchio nome?»
«Guarda la strada!» urlarono in contemporanea Alex e Fu, mentre la donna si girò in avanti, pestando con forza il pedale del freno e arrivando a pochi millimetri dal mezzo davanti a lei.
«Morirò, me lo sento.» dichiarò Fu, portandosi una mano al petto e sentendolo battere furiosamente: «Sono sopravvissuto fino a oggi per morire perché una pazza è al volante.»
«Quante storie...»
«Stavi per tamponarlo, Bridgette!»
«Willhelmina!»


Sophie entrò nella casa, guardandosi attonita intorno mentre Gabriel, ancora trasformato, rimaneva pochi passi dietro di lei: stringeva con forza il bastone, sperando così di mettere a freno l'impellente bisogno che aveva di stringerla fra le braccia, timoroso che, se lo avesse fatto, lei sarebbe scomparsa nuovamente.
La vide togliersi la maschera, tenendola con la mano sinistra e poi voltarsi verso di lui: «Sono a casa.» mormorò, gli occhi verdi lucidi dalle lacrime che iniziarono a scivolarle lungo le guance: «Sono veramente a casa.»
«Nooroo, trasformarmi.» ordinò l'uomo, sentendo il potere del Miraculous scivolare velocemente via da lui e ritornando a essere Gabriel Agreste: velocemente superò la distanza che lo separava da lei, avvolgendola nel suo abbraccio e stringendola forte contro di sé: «Io ti ho cercata. A lungo. Sono venuto in Tibet ma non...»
«Io...Gabriel...»
«Ho provato ad andare avanti ma era impossibile senza di te, ogni giorno era un incubo. Io...» si fermò, stringendola più forte e sentendola ricambiare l'abbraccio, mentre le spalle erano scosse dai singhiozzi e le lacrime gli inzuppavano la giacca candida: «Io non vivevo senza te.»
«Avrei voluto dirti...avrei voluto...» singhiozzò Sophie, allontanandosi leggermente e allungando una mano, carezzando il volto dell'uomo: «Io non volevo scomparire, ero sicura di tornare ma quando Maus mi ha presa, ho pensato di rimanere in mano sua per te. Per la tua sicurezza e per quella di...»
«Papà? Sei tornato?» domandò la voce di Adrien, mentre il ragazzo si affacciava nell'androne d'ingresso con Marinette al fianco: «Di là stanno tutti aspettando...»
I due ragazzi si fermarono e il giovane fissò sorpreso la donna fra le braccia del padre: conosceva quel volto, l'aveva osservato tante volte nelle foto, in una forma più giovane e meno sciupata; conosceva quello sguardo verde, che aveva ereditato e quel sorriso, che vedeva ogni giorno sul volto della sua principessa.
Quella donna che, per tanto tempo, lui aveva considerato scomparsa dalla sua vita, adesso era in piedi davanti a lui: «Mamma...»
«Ciao, Adrien.»


Maus sorrise, osservando di nuovo i filmati degli eroi di Parigi: timorosi del fatto che lui avesse veramente messo una bomba davanti Notre-Dame, i sei avevano attivato i loro poteri speciali dandogli così modo di scoprire tutti i segreti dei Miraculous.
Ma non di tutti...
Il Miraculous della Farfalla era stato l'unico a rimanere inattivo.
«Male. Male. Male.» sbottò, tamburellando le dita sulla tastiera e sbuffando: «Sei Miraculous su sette. Bastare? Non bastare? Io potere tentare anche così?» inspirò profondamente, osservando il computer lavorare sui dati che aveva immesso e abbandonandosi contro lo schienale della poltrona.
E se avesse fallito?
E se il Miraculous della Farfalla fosse stato il più forte?
«Nein.» urlò, balzando in piedi e iniziando a camminare per la stanza: «Miraculous più potenti essere quelli di Coccinella e Gatto nero, ja. Farfalla essere incognita ma non importante, ja.» lo squillo del telefono interruppe le sue elucubrazioni e immediatamente Maus sgambettò verso l'apparecchio sulla scrivania: «Hallo?»
«Immagino che è molto occupato dalle sue ricerche, se non ha trovato il tempo di chiamarmi.» commentò una voce maschile dall'altro capo del telefono.
Maus storse la bocca al suono di quell'accento raffinato: «Herr Kwon.» dichiarò, stringendo spasmodico la cornetta: «Io chiamare lei non appena avere risultati soddisfacenti, ja.» sbottò, pregando che questo contentino facesse star buono il magnate cinese per un altro po': il miliardario di Nanchino era rimasto impressionato dai suoi articoli sul Quantum e, una volta scoperto ove Maus si era nascosto, lo aveva immediatamente contattato fornendogli soldi, materiali e uomini per la sua ricerca.
Se era giunto a quel punto, lo doveva anche ai finanziamenti del ricco cinese.
Ciò che non gli andava giù era la costante pressione che il suo mecenate gli metteva addosso.
«Ho notato che si sta divertendo a Parigi.» commentò Kwon con una nota divertita nella voce: «Sta giocando al genio del male pazzo con quei sedicenti eroi da quattro soldi?»
«Eroi da quattro soldi essere Possessori di Miraculous, ja.»
«E dovrebbe interessarmi?»
«Miraculous essere unica fonte di Quantum ancora esistente, ja.»
«Mh. Interessante...»
«Vero? Io mettere mano su Miraculous e così io creare vero Quantum! Solo così io potere realizzare mia soddisfacente carriera di scienziato, ja.»
«Molto, ma molto, interessante, dottor Maus.»


Sophie sorrise imbarazzata, muovendosi a disagio sulla poltrona, sotto lo sguardo dei ragazzi e dei loro kwami; si voltò, cercando appoggiò in Willhelmina, che era arrivata poco dopo di lei con al seguito Alex e un attempato signore cinese: la donna le sorrise, facendole un cenno d'incoraggiamento.
«Immagino che non ci sia bisogno di presentazioni...» mormorò, abbozzando un nuovo sorriso e osservando qualcosa di blu sfrecciare verso di lei: «Flaffy!» esclamò sorpresa, mentre il kwami del pavone le si fiondò letteralmente contro, strusciandosi contro il collo e aggrappandosi a due ciocche bionde, sfuggite alla coda.
«Sophie!» strillò il piccolo esserino, alzando il musetto e osservandola in volto: «Io...io...io...»
«Scusami, Flaffy.» mormorò Sophie, carezzando lieve il capino e sorridendo, mentre uno dei ragazzi si era fatto avanti e la donna riconobbe subito la spilla del Pavone che il ragazzo portava appesa al collo: «Sei il nuovo Portatore?»
«Sì, signora.»
«Si chiama Rafael.» dichiarò Flaffy, volando verso il ragazzo e posandosi sulla spalla: «E' coraggioso, in gamba e poi mi compra tanto cioccolato.»
«Che per Flaffy è la cosa più importante.» sbuffò Rafael, sospirando e sorridendo, quando il kwami volò di nuovo vicino a lui e si strusciò contro la sua guancia.
«E' sempre goloso?»
«Se per goloso intende rimanere a fissare le vetrine piene di dolci...sì, lo è ancora.»
Sophie sorrise, scuotendo la testa e osservando il Miraculous: «Mh. Interessante cambiamento. Avrei dovuto pensarci anch'io: avevo sempre problemi ad appuntarlo da qualche parte e avevo paura che qualcuno, vedendolo, mi collegasse a Pavo.»
«Se vogliamo parlare di Miraculous che crea problemi, io sono la regina indiscussa.» sbottò la ragazza bionda del gruppo, attirando su di sé l'attenzione degli altri: «Davvero! Il mio Miraculous è un pettinino!»
«Lo sappiamo, Sarah.» sbuffò una seconda ragazza: alta e slanciata si avvicinò alla prima e le posò una mano sulla spalla, sorridendo: «Non fai altro che ripeterlo ogni volta che provo a sistemarti i capelli: Lila, no. Il mio Miraculous è un problema. Perché non posso averlo come il vostro?»
«Lila, il tuo è una collana.» sbottò Sarah, indicandola e poi passando al ragazzo cinese del gruppo: «E quello di Wei è un bracciale. Per non parlare di quelli di Marinette e Adrien: un paio di orecchini e un anello. Sono tutti comodi da indossare, il mio invece...»
«E' un problema.» dichiararono all'unisono Rafael, Lila e Wei, rimediando un'espressione imbronciata da parte della bionda.
Sophie rimase in silenzio, ascoltando gli scambi di battute dei tre ragazzi a cui, quasi subito, si unì anche Alex; si voltò, osservando suo figlio rimanere in disparte e con lo sguardo fisso davanti a sé, quasi come se stesse assimilando tutto ciò che era successo e stesse cercando l'inizio di quel gomitolo ingarbugliato.
Appena ci sarà un po' di calma, gli parlerò.
Sentì una lieve pressione sulla spalla sinistra e portò immediatamente la mano in alto, intrecciando le dita con quelle di Gabriel.
Appena ci sarà un po' di calma, parlerò con entrambi.
Rimase lì, ascoltando un po' tutti e osservando il figlio, notando come stringeva la mano della ragazza al suo fianco e ascoltasse quello che lei gli diceva, guardandola con occhi pieni di devozione: Marinette. La sua fidanzata.
Era bellissimo vederli insieme, vedere che Adrien amava qualcuno ed era ricambiato.
Anche se io l'ho abbandonato, non è rimasto solo.
Ha trovato qualcuno.

«In tutto ciò...» mormorò Lila, portando l'attenzione di tutti su di sé e posando poi lo sguardo su Willhelmina: «Tu, che ci fai qua?»
«Sono tornata.» dichiarò la donna, sorridendo zuccherosa: «Mi mancavano Gabrielluccio e Fu. Problemi?»
«Gabrielluccio?» domandò Sophie, sorridendo e voltandosi verso il marito.
Aspetta. Poteva ancora considerarlo suo marito?
Doveva assolutamente parlare con lui dopo.
«Ignorala.» dichiarò Gabriel, puntando lo sguardo su Willhelmina e fissandola seriamente: «Dato che sei tornata, spero che sistemerai tutto il caos che la tua possessione e la tua sparizione hanno creato alla Fondazione Vuitton: il tuo assistente è impazzito, quando non ti sei presentata per la sfilata del tuo marchio.»
«Ehi, ero posseduta. Non ero cosciente.»
«Spiegaglielo.»
«E cosa gli dico? Scusa, Maxime, ma ho dato forfait alla sfilata perché ero posseduta da un antico spirito malvagio cinese? Ah, fra l'altro sono nata nel 1800 e ho qualcosa come centonovant'anni? Per quanto sia un brav'uomo, sono certa che mi farà internare subito.»
«Non m'importa come la risolverai, non sono affari miei.»
Sophie ridacchiò, osservando l'espressione esasperata sul volto di Willhelmina ed era pronta a scommettere che l'amica – poteva considerare Willhelmina un'amica? – avrebbe preferito tornare in Tibet e farsi barattare da Fa per un gregge di pecore piuttosto che risolvere quel problema; con la coda dell'occhio, osservò la ragazza di Adrien uscire dalla stanza con il telefono all'orecchio: si alzò, seguendola inconsciamente e trovandola in piedi, nel mezzo dell'androne d'ingresso.
«No, mamma. Sono da Adrien...Mh. Non penso che verranno a cena da noi stasera, posso sentire ma...» Marinette rimase in silenzio e Sophie sorrise, osservandola mentre strusciava nervosamente un piede per terra: «Cosa? No, mamma...Ma mamma!» urlò, chiudendo la comunicazione.
«Va tutto bene?» domandò, vedendola portarsi una mano alla fronte e scuotere il capo.
«Sì, era mia madre, che mi ha appena detto che posso rimanere a dormire a casa del mio fidanzato e che per lei e papà...oh!» Marinette si voltata, fermando la sua spiegazione e arrossendo vistosamente: «Ah. Ecco io...pensavo...»
«Scusa.» mormorò Sophie, stringendosi nelle braccia: «Pensavi che ero una delle tue amiche?»
«Sì, ecco io...»
«Sophie Agreste.» dichiarò la donna, avvicinandosi e tendendole la mano: «Non ci siamo presentate a dovere.»
«Ma-marinette Dupain-Cheng.» balbettò la ragazza, allungando titubante la sua mano e stringendo quella che le era stata offerta, sorridendole timidamente: «Ecco, io...»
«Volevo conoscerti e ringraziarti per essere stata al fianco di mio figlio.» dichiarò Sophie, allungando le dita e sistemandole una ciocca scura dietro l'orecchio: «Grazie per essere stata con lui e per amarlo. Io...ecco, io spero che potrai perdonarmi per averlo abbandonato quando era piccolo e...beh, ecco...come dire...spero di piacerti...insomma, Willhelmina mi ha detto che...sì, ecco...che tu e Adrien...»
«Do-dopo che mi ha chiesto di spo-sposarlo, Adrien mi ha dato questo.» mormorò Marinette, alzando la mano e mostrando l'anello di fidanzamento che era appartenuto alla donna che le stava davanti: «Ed io sono stata orgogliosa di indossarlo, di avere al dito lo stesso anello che aveva la donna che lo ha messo al mondo...quindi...ecco, in verità...spe-spero io di piacerle...»
«Marinette? Va tutto bene?» domandò Adrien, uscendo dalla sala in cui tutti erano uniti e raggiungendo le due donne: «Sei uscita e...»
«Mia madre.» sbuffò la ragazza, scambiandosi un'occhiata con Sophie: «Ecco, mi ha chiesto se volevate venire a cena da noi ma...beh, come dire...immagino che vorrete rimanere da soli e...»
«Oh!» esclamò Sophie, battendo le mani e sorridendo ai due ragazzi: «Ho un'idea! Perché non rimani a cena da noi, Marinette? Magari invitiamo anche i tuoi.»
«Stasera?»
«Sì, perché no?»
«Ma non pensa che...»
«Oddio. Forse dovrei chiedere il permesso a Gabriel? Insomma, non penso che posso tornare e comportarmi tranquillamente come se fossi la padrona di casa...» Sophie si fermò, mordendosi il labbro inferiore e annuendo con la testa: «Vado a sentire Gabriel.» dichiarò, correndo poi verso la sala e lasciando i due al centro dell'ingresso.
«Come dire...» mormorò Marinette, voltandosi verso il proprio ragazzo: «Dalle foto me la immaginavo leggermente diversa: più sofisticata e seria.»
«Sì, dava quell'impressione, vero?»
«Sei stranamente calmo.»
«Sto ancora cercando di metabolizzare il tutto.» dichiarò Adrien, sospirando: «Mi sembra di essere catapultato in un'assurda realtà alternativa, dove mia madre torna a casa e...non so, ho paura che sia tutto un sogno, prima o poi mi sveglierò e mi renderò conto che sono ancora il quattordicenne che non poteva uscire di casa e non ci sarà nessun Miraculous, che mi permetterà di trasformarmi...»
«Immagino sia tanto da assimilare.» dichiarò Marinette, carezzandogli la guancia con il dorso della mano; Adrien le catturò le dita, portandosele alla labbra: «Spero che non ti sveglierai mai, perché in quel caso non ci potremmo mai conoscere.»
«Ti ricordi cosa disse il maestro Fu, no? Siamo destinati. Anche senza Miraculous, io ti avrei trovata e ti avrei amata.»
Marinette sorrise, poggiandosi contro il ragazzo e stringendolo: «Ed io avrei trovato te e ti avrei amato fin da subito.»
«Veramente all'inizio mi odiavi...»
«Solo perché pensavo che eri in associazione con Chloé.»
«Non mi hai nemmeno fatto spiegare...»
«Come pensi di comportarti con tua madre?»
«Hai cambiato argomento.» dichiarò il ragazzo, pizzicandole la guancia e sorridendole: «Per risponderti: non lo so. Spero di riuscire a parlare e...non lo so, vedrò.»
«Sono felice per te.»
«Grazie, Marinette.»

Miraculous Heroes 2 {Completata}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora