Capitolo 19

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Osservò i fogli sparsi per terra inzupparsi d'acqua: quando era inciampato nell'ultimo gradino della scala, il frutto delle sue ricerche, delle sue notti insonne, era caduto e adesso stava sbiadendo come l'inchiostro sulle pagine che lo circondavano; si voltò, verso l'imponente edificio bianco e sentì la rabbia salire in petto.
Avevano riso di lui.
Avevano riso della sua opera.
Strinse i denti, raccogliendo i fogli bagnati e stringendoli al petto, ascoltando i suoni dei passi di quelli che, fino a poco fa, lo avevano additato come un comico da cabaret: «Oh. Professor Maus!» esclamò uno degli uomini: lui alzò la testa, fissando serio l'altro in volto e vedendo ancora l'espressione ilare: «Spero che la prossima volta ci porti qualcos'altro di divertente. Magari qualcosa sui draghi?»
L'uomo rise, seguito a ruota dagli altri, aprendo gli ombrelli scuri e scendendo sul marciapiede, calpestando alcuni fogli che erano rimasti sull'ultimo gradino: Maus fissò quella pagina e l'impronta del piede che la segnava inesorabilmente.
«Io mostrare voi che Quantum esistere.» dichiarò, alzandosi e fissando serio le schiene dei sui detrattori: questi si voltarono, studiandolo come se si fosse trattato di un cucciolo: «Io trovare Quantum e mostrare a voi sua esistenza.»
«Professor Maus...» mormorò lo stesso uomo che aveva parlato poco prima: «Forse le conviene smettere di inseguire queste chimere e concentrarsi su qualcosa di veramente importante, qualcosa che non provenga da favole o miti.»
«Quantum non essere...»
«Quantum essere un mito. Sì.» dichiarò l'uomo, osservando i fogli che Maus stava stringendo contro il petto e togliendoglieli bruscamente di mano: «Quantum. Shangri-la.» lesse alcuni nomi a casaccio, fissando l'uomo: «Sette dei...Atlantide? Siamo seri, professore, veramente lei pensa che tutto questo è realtà?»
«Ja.»
«E' più stolto di quanto pensassi.» dichiarò l'uomo, gettando le pagine per terra e calpestandole con forza: «La smetta di sognare.»

Maus si svegliò di soprassalto, osservando l'ambiente che lo circondava e passandosi le mani sul volto: era nella sua casa a Parigi, nel suo covo, un luogo sicuro, un luogo dove quelli della Royal Society non avrebbero mai osato mettere piede e deriderlo.
Sospirò, alzandosi e osservando la lunga lista di dati sulla Qβ-01, ovvero la spada a energia quantum che aveva messo a punto e testato contro i Portatori di Miraculous: «Risultati soddisfacenti, ja. Mia creazione potere sconfiggere Miraculous.»


«Quindi, stasera, Marinette ed i suoi genitori vengono qua a cena.» mormorò Plagg, lanciando in aria un boccone di camembert e, dopo aver presa la mira, chiuse le fauci attorno al malcapitato pezzo: «Interessante.»
«Interessante?» domandò Adrien, affacciandosi dalla porta del bagno e osservando il kwami completamente spaparanzato sulla scrivania: «Perché?»
«Partiamo dal fatto che hai impiegato venti minuti buoni per sistemare ogni ciuffo di capelli...» iniziò il felino, mettendosi seduto e socchiudendo gli occhietti verdi: «Sabine e Tom ti conosco già, non devi far buona impressione su di loro.» continuò il kwami, osservando il ragazzo uscire dall'altra stanza con solo un paio di jeans addosso: «Vestiti.» gli ordinò, scuotendo il capetto: «Che problemi hai con gli abiti, eh Pistolino?»
«Plagg...»
«Ehi. Siamo solo noi due.» esclamò il kwami, allargando le braccia: «Almeno...»
«Non usare mai più quel soprannome.»
«Tu uccidi il divertimento altrui.» sbuffò Plagg, allargando le braccia e sdraiandosi: «Immagino che Tikki ed io rimarremo quassù.»
«Sì. Ti è vietato fare qualunque cosa nel mio letto.»
«Come se io volessi toccarlo il tuo letto.»
Adrien lo ignorò, aprendo l'armadio e osservando le camicie appese: «Nera o bianca?»
«Mi stai chiedendo consiglio su come vestirti? Sei messo veramente male.»
Il ragazzo sospirò, afferrando la camicia nera e voltandosi verso il kwami, mentre toglieva l'indumento dalla gruccia: «E' che ci tiene parecchio: da quando sono tornato a casa l'ho vista sfrecciare per tutta casa, per far sì che sia tutto purrfetto.» spiegò, infilandosi il capo d'abbigliamento e chiudendo i bottoni, sorridendo poi al kwami.
«Beh, va capita: è stata rinchiusa per parecchio tempo e poi...» Plagg si voltò, osservando la porta della stanza aprirsi e Sophie entrare: «Buonasera, Sophie.»
«Plagg.» mormorò la donna, sorridendo al kwami: «Adrien, verso che ora arriveranno?»
«Mh. Le otto, mi pare.» dichiarò il ragazzo, dando un'occhiata alla sveglia: «Dovresti sentire papà, è lui che...»
«Tuo padre. D'accordo.» Sophie annuì con il capo, sorridendo poi al figlio e posandogli le mani sulle spalle, lisciando la stoffa scura della camicia mentre Adrien s'irrigidiva sotto quel tocco: «Come sei bello...» mormorò sognante, scuotendo poi il capo e uscendo come una furia.
Adrien si voltò verso il suo kwami, osservandolo rotolarsi dalle risate: «Si può sapere cosa ci trovi di divertente?»
«Tu.» riuscì a dire l'esserino fra le risate, scrollando poi il capo: «Avresti dovuto vederti: sembravi un micio pronto a saltare.»
«Non mi sono ancora...» Adrien si passò una mano sul volto, sospirando e mettendosi seduto sul letto: «...abituato.»
«Beh, è normale. E' tornata da quando? Due? Tre giorni?» borbottò Plagg, addentando un nuovo spicchio di formaggio: «Dai tempo al tempo, per queste cose ci vuole calma...»
«Lo so, lo so.» borbottò il ragazzo, recuperando un paio di scarpe nere e infilandosele, alzando poi e facendo una piroetta su sé stesso: «Allora, Plagg. Posso andare?»
«Mi stai davvero chiedendo un parere?»
«No.»
«Comunque sei perfetto per questa cena. Con i tuoi genitori e quelli della ragazza con cui ti rotoli allegramente fra le lenzuola...»
«Puoi chiamarla fidanzata, sai?»
«Troppo noioso.»


Marinette sorrise, osservando suo padre lisciarsi per l'ennesima volta i baffi e voltarsi verso di lei: «Dovremmo suonare?» mormorò, voltandosi verso la moglie e osservandola sistemarsi il fermaglio floreale fra i capelli: «Suono?»
«Fallo, Tom.» dichiarò Sabine, voltandosi verso Marinette e sorridendo: «Quel vestito ti sta d'incanto, tesoro. Non capisco perché non lo volevi indossare: l'hai cucito, tanto vale sfruttarlo, no?»
«Già...» mormorò la ragazza, tirando giù l'orlo della gonna dell'abito e osservando la telecamera del servizio di sicurezza fuoriuscire dal suo nascondiglio: Tom spiegò titubante il motivo della visita e, poco dopo, l'enorme cancello in ferro battuto si aprì; la ragazza osservò i suoi genitori entrare nella villa e lei rimase alcuni passi indietro: «Forse avrei dovuto mettermi altro...»
«Stai benissimo, Marinette.» mormorò Tikki, facendo capolino dalla borsa: «Sei veramente bellissima, stasera. Non capisco perché...»
«Vestito corto – tanto corto – e Adrien...»
«Chi l'avrebbe mai detto che il tuo principe azzurro fosse un gatto maniaco, eh?»
«Già.» dichiarò Marinette, mordendosi il labbro inferiore: «E la cosa buffa è che trovo questa cosa così...»
«Intrigante? Eccitante? Lo so bene.» mormorò la kwami, tornando all'interno della borsa: «E' impossibile resistere a tipi simili.»
«Anche Plagg...»
«Marinette!» sbottò sua madre, fissandola mentre era rimasta ferma davanti al cancello: «Tesoro, ci aspettano.»
«Arrivo.»
«Sì, anche Plagg era così. E so benissimo come ti senti.» bisbigliò velocemente Tikki, tornando all'interno della borsa e facendole l'occhiolino.
Marinette sorrise alla kwami, raggiungendo velocemente i suoi genitori e sorridendo alla madre, allungando le mani e sistemandole il fermaglio: «L'avevi messo storto.» dichiarò, studiando il vestito orientale, che la donna aveva scelto per quella sera, e poi passando al padre, sistemandogli il papillon e lisciando la camicia bianca che il genitore aveva indossato, sorridendo poi a entrambi: «Siete bellissimi.»
«Sei tu ad essere stupenda, tesoro.» le dichiarò Tom, facendole l'occhiolino e dedicando poi la sua attenzione alle spalle: «Chi è quella donna?»
Marinette si voltò, osservando Sophie in attesa al portone: «E' la mamma di Adrien.» spiegò, abbozzando un sorriso e osservando i suoi genitori fissare stupiti la bionda che stava scendendo velocemente le scale davanti l'entrata della villa: «Sophie.»
«Marinette! Che bello vederti! E che meraviglioso abito!» dichiarò, allargando le braccia e studiando il corto abito bianco, stretto in vita da una cintura con fiocco azzurro, e con le maniche ampie e che arrivavano fino al gomito impreziosite da un ricamo: «Semplice e deliziosamente elegante. Immagino l'hai fatto tu, vero?»
«Già...»
«Adrien l'ha già visto?»
«No. Oggi è la prima volta che lo indosso.» mormorò Marinette, voltandosi verso i suoi genitori: «Papà, mamma. Vi presento Sophie Agreste, la moglie del signor Gabriel.»
«Sophie sorrise, avvicinandosi alla coppia: «Sono molto entusiasta di conoscervi, signori Dupain-Cheng: mio figlio e Gabriel mi hanno parlato tantissimo di voi e...beh, ero curiosa di conoscere i genitori di Marinette.»
«Oh...ehm...ecco...» mormorò Sabine, sorridendo imbarazzata alla donna e scoccando una veloce occhiata al marito: «Anche noi siamo felici di conoscerla, madame Agreste.»
«Chiamatemi Sophie, vi prego.» dichiarò la mamma di Adrien, chinando lo sguardo: «Immagino la vostra sorpresa: dovete sapere che, parecchi anni fa, ho avuto un incidente mentre l'aereo su cui viaggiavo sorvolava il Tibet; mi sono salvata per miracolo, ma purtroppo per molto tempo non avevo ricordi su chi ero e quale fosse il mio posto al mondo, ma poi...» si fermò, risollevando lo sguardo: «...tutto è tornato e così, eccomi qua.»
Quando si è inventata tutto?, Marinette rimase sorpresa di fronte alle doti recitative di Sophie e alla storia che poteva tranquillamente essere passata per un fatto vero: rimase in disparte, vedendo come i suoi genitori stavano subito legando con la madre di Adrien e, alla fine, li seguì silenziosamente dentro casa dove trovò Gabriel ad attenderli nell'androne dell'ingresso: «Adrien è ancora in camera sua.» mormorò Sophie, affiancandola e sorridendole: «La cena sarà servita fra mezz'ora, quindi...»
«Vado a chiamarlo.» dichiarò Marinette, salendo velocemente le scale e arrivando alla porta della stanza del ragazzo: si guardò intorno, aprendo la borsa e permettendo alla sua kwami di uscire; infine, dando un ennesimo strattone all'abito, abbassò la maniglia e aprì la porta della stanza.
«Io dico solo che dovresti capire che il camembert...»
«Non ho voglia di stare a sentirti mentre inneggi al formaggio. Per l'ennesima volta, aggiungo.»
«Non ci credo.» sbuffò Tikki, voltandosi verso la sua umana: «Stanno di nuovo litigando.»
«Quando mai non lo fanno?» domandò Marinette, affacciandosi dalla rampa per lo skate e osservando il ragazzo seduto alla scrivania, che stava guardando il kwami davanti a lui: «Ciao.» mormorò, attirando su di sé l'attenzione del biondo e dello spirito.
«Marinette? E' già...»
«Sì, siamo già arrivati.»
«Perché rimani lì nascosta?»
«Perché ho paura a uscire?»
Tikki ridacchiò, volando per la stanza e osservando il piatto di biscotti che era stato appoggiato sul tavolino basso: «Sono per me?» chiese, voltandosi verso Adrien e poi tornando a guardare il piatto con i dolci.
«Sì, tu non mangi quella roba puzzolente, così ho portato in camera un po' di quelli.»
La kwami rossa trillò di gioia, avvicinandosi al ragazzo e strusciandosi contro la sua guancia, ritornando poi al tavolino e accomodandosi davanti al piatto; Plagg sbuffò, afferrando la scatola del camembert e raggiungendo la compagna, sotto lo sguardo divertito di Adrien: «Hai in mente di rimanere lì finché non scendiamo?» domandò il biondo, voltandosi di nuovo verso la ragazza e poggiando le mani sui fianchi: «Aspetta. Non è che per caso indossi quel regalo che ti ho...»
«Nei tuoi sogni.»
«La speranza è l'ultima a morire.» commentò il ragazzo, incrociando le braccia al petto: «Vuoi uscire da lì?»
«Tu mi prometti che non mi salterai addosso? Non tanto perché non voglio che tu mi salti addosso – quello mi piace e anche tanto – ma perché di sotto ci sono i nostri genitori e...beh, diciamo che con la mia solita fortuna, minimo mio padre entra e...»
«Marinette. Ti fidi di me?»
«Sì.»
«Bene.» dichiarò Adrien, raggiungendola velocemente: la osservò con il sorriso sulle labbra, allungando le mani e intrecciando le dita a quelle di lei: «Sei bellissima. In verità, lo sei sempre, anche quando sei spettinata e con le mani sporche dei colori dei pantoni...» si fermò, poggiando la fronte contro quella della ragazza: «L'hai fatto tu, vero? Mi sembra di aver visto il disegno...»
«Com'è possibile che conosci quasi tutti i modelli?»
«Perché riconosco il tuo stile, poi mi piace sfogliare i tuoi album e vedere le tue creazioni.» spiegò tranquillamente Adrien, baciandole il naso: «Mi piace vedere cosa ha prodotto il tuo talento. Sai, vero, che sono orgoglioso di te, sì?»
«Sì, lo so.» mormorò la ragazza, mentre Adrien portava le mani di entrambi dietro la sua schiena e si chinava per baciarla: «Sai, vero, che noi due dobbiamo ancora parlare?»
«Non mi darai tregua, vero?»
«No, almeno finché non parlerai.»
Adrien sbuffò, poggiando la fronte contro la spalla della ragazza e chiudendo gli occhi: «Ho paura di perderti.» dichiarò di punto in bianco, rimanendo immobile in quella posizione: «Da quando hai iniziato a frequentare l'IMF o, meglio, da quando hai iniziato a frequentare Nathanael io...» si fermò, alzando la testa e abbozzando un sorriso: «...beh, ho avuto paura. Nathanael è perfetto per te: siete entrambi artisti, avete creatività e talento. Io invece...»
«Tu sei quello che riconosce un mio abito alla prima occhiata. La persona che m'incoraggia sempre.» dichiarò Marinette, facendo un passo indietro e scuotendo il capo: «Quello che io amo. Adrien, come puoi anche...»
«Sì, lo so. E' stupido ma è stato più forte di me.»
«Nath è solo...»
«Un amico. Lo so.» sbuffò Adrien, sedendosi sul letto e abbassando lo sguardo: «Però nulla toglie che è meglio di me. Dai, alla fine io cosa sono? Uno stupido gatto spara-battute che fa il modello, sfruttando il nome del padre e la sua bellezza...»
«Sei un ragazzo coraggioso, incredibilmente gentile.» mormorò Marinette, sedendosi al suo fianco: «Spiritoso, che sa allentare la tensione durante le battaglie, leale verso gli amici, straordinariamente bello...seriamente, Adrien, dovrei essere io quella che si fa problemi a non essere all'altezza fra noi due. E non credere, Tikki ti può narrare di quante volte l'ho fatta ammattire con i miei piagnistei...»
«Sono un idiota.»
«Sì, lo sei. Ma ti amo anche per questo.»
«Sai che adesso riesci a dire ti amo senza balbettare o arrossire?»
«Sto facendo progressi.» dichiarò la ragazza, balzando in piedi e girando su sé stessa: «Ti piace allora?»
«Sei bellissima.»
Marinette sorrise, poggiando le mani sulle spalle di Adrien e sorridendogli: «Promettimi che la prossima mi parlerai subito dei tuoi problemi, d'accordo?»
«Come la mia lady desidera.»
«E non essere geloso...»
«Questo non posso prometterlo.»
«Adrien...»
«Bene. Gli idioti hanno sistemato la questione.» dichiarò Plagg, battendo le zampette fra loro: «Ora andate di sotto, perché qui avremmo un appuntamento in corso.»
«Cosa?»
«Adrien, ti spiego il concetto con parole che potresti capire: fuori. Aria! Andate via.»
«Plagg...» dichiarò Adrien, indicandolo mentre Marinette lo trascinava via: «Tocca il mio letto...»
«Te l'ho già detto: il tuo letto non lo tocco, ho paura di quello che potrei prendere solamente sfiorandolo.»
«Perché non posso avere un kwami come il tuo?» domandò Adrien, voltandosi verso Marinette, una volta chiusa la porta della camera: «Tikki non è così problematica, anzi...»
«Povero Plagg.»
«Brontola, commenta, fa battutine tutto il tempo...» bofonchiò Adrien, scendendo le scale con le mani infilate in tasca: «E' un tormento costante.»
«Io penso che vi vogliate parecchio bene, tu e Plagg. Solo avete un modo tutto vostro di dimostrarlo.» dichiarò Marinette, seguendo Adrien nel salone della villa e osservando i loro genitori tutti assieme: Sophie e era seduta sul divano e ascoltando interessata quello che diceva Tom, mentre Gabriel ascoltava silenziosamente dalla poltrona; Sabine, accomodatasi vicino alla bionda, stava ridacchiando e teneva la mano del marito.
«Si direbbe che vanno d'accordo...» mormorò Adrien, posandole una mano sulla spalla e chinandosi leggermente: «Pensa se ci avessero ostacolato, invece di prenderla in questo modo: i due amanti sfortunati, costretti a fuggire...»
«Adrien.»
«Sarebbe stato divertente e incredibilmente eccitante.»
«Potresti dire a Chat di tornare nella sua cuccia?»
«Tranquilla, stasera sarò l'Adrien che conoscevi a quattordici anni o, come minimo, mia madre è capace di uccidermi.» dichiarò, vedendo la donna voltarsi e sorridere, attirando così l'attenzione generale su di loro: «Bene. Sei pronta, my lady?»
«No.»
«Purrfetto. Andiamo.»


«Una cena deliziosa, Sophie.» dichiarò Sabine, sorridendo alla donna e lisciando il tovagliolo che teneva in grembo, dando una veloce occhiata ai due ragazzi che si stavano contendendo le coppe di gelato, duellando a suon di cucchiaini: «Marinette!»
«Ha iniziato Adrien.»
«Non è vero! Sei tu che hai cercato di rubarmi la cioccolata.»
«Cosa?»
«Adrien.» lo riprese Sophie, ridacchiando: «Da bravo cavaliere, dovresti cedere la cioccolata.»
«Davanti al gelato non esiste cavalleria.» dichiarò il ragazzo, voltandosi verso la madre e Marinette ne approfittò per rubare una cucchiaiata di gelato: «Ti ho vista.» sentenziò Adrien, voltandosi verso la ragazza e indicandola: «Forza, Marinette. Parla.»
La mora negò con la testa, sorridendo: «Uno spera che crescendo diventino un po' più maturi...» sbuffò Sabine, voltandosi verso il marito: «Puoi dirle qualcosa, Tom?»
«E che dico? L'altro giorno hanno duellato in laboratorio con le baguette avanzate.»
«E chi ha vinto?» s'informò Gabriel, posando il cucchiaio nella coppetta di cristallo e aspettando con pazienza la risposta dell'altro uomo.
«Adrien. Ma è partito avvantaggiato, con il fatto che fa scherma.»
«Tom, io avrei gradito un po' di aiuto...»
«Lascia stare, Sabine.» dichiarò Sophie, sorridendo ai due ragazzi che si stavano ancora accapigliando per il gelato: «E' bello vederli così...»
«Mi hai rubato la crema!»
«Tu rubi la cioccolata a me, io rubo la crema a te.»
«Adrien...» iniziò Marinette, venendo zittita dal suono di due cellulare: «Scusate.» mormorò la ragazza, prendendo il proprio apparecchio e notando che anche il biondo al suo fianco faceva lo stesso, leggendo velocemente il messaggio che Alex aveva mandato: «Ah...ecco...»
«Si tratta di quel concerto che mi avevi detto oggi, Adrien?» domandò Gabriel, pulendosi la bocca con il tovagliolo e poggiando la stoffa sul tavolo: «Immagino che siate in ritardo.»
«Già. Ci ha mandato un messaggio un nostro amico...»
«Beh, direi che è il caso che andiate.» dichiarò Sophie, sorridendo ai due ragazzi e lanciando un'occhiata a Gabriel: «Altrimenti farete tardi. Sabine, Tom. Voi ovviamente rimarrete, vero?»
«Ma certo. Marinette non ci aveva avvisati, altrimenti...»
«Me ne ero dimenticata.» mormorò la ragazza, alzandosi velocemente dalla sedia e sorridendo ai genitori: «Ci vediamo dopo a casa.»
«Non fare tardi, d'accordo?»
«Sì, papà.»


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