Capitolo 33

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Rafael osservò l’edificio davanti a sé, indeciso se attraversare o meno la strada: dopo che Sarah era fuggita via, lui era tornato di corsa in casa e, scacciata velocemente Blanche dalla sua abitazione, era corso in Rue Bezout dove abitava la sua fidanzata.
Solo che adesso…
Adesso non sapeva assolutamente cosa fare.
Sinceramente non aveva capito niente di quello che Sarah aveva blaterato, poco prima di fuggire via da lui e quindi non aveva la più pallida idea di come muoversi: ok, Blanche aveva aperto la porta con quella mise leggermente provocante ma Sarah…beh, Sarah lo conosceva e sapeva…
Sapeva…
«Sarah sa perfettamente l’idiota che sono.» bofonchiò Rafael, incassando la testa nelle spalle, e affondò le mani nelle tasche dei jeans: «Sono un deficiente!»
«Rafael?» Flaffy fece capolino dalla felpa, osservandolo con i grandi occhioni e abbozzando un sorriso: «Perché non provi a parlarle? Sarah sa che eri un idiota, ma è una ragazza sveglia ed è stata la seconda – il primo sono stato io, ovviamente – ad accorgersi del tuo valore. Forse dovete solo chiarirvi…»
«Flaffy, giusto per sapere, qual era la tua esperienza con le donne quando eri ancora umano?»
«Uno zero assoluto.» dichiarò orgoglioso il kwami, assentendo con la testa: «Quando ho deciso di dare il mio contributo per la mia nazione…beh, possiamo dire che ero appena entrato nella pubertà.»
«Quanti anni avevi?»
«Dodici? Forse tredici? Non ho mai saputo esattamente quanti cicli avessi sulle spalle. Mia zia diceva che ero un bambino per ogni cosa: “Flaffy, non puoi! Sei troppo piccolo!”, “Flaffy, non è roba da bambini!” e cose così.»
«Eri giovanissimo.»
«Ma avevo già capito che il mio viaggio come hobbit doveva iniziare.»
«Sì. D’accordo.» sbuffò Rafael, scuotendo la testa e posando l’indice sul capino: «Beh, ti posso dire che, dalla mia esperienza con le donne, ho capito solo una cosa: non c’è bisogno di chiarirsi. Tu sei in torto e loro hanno ragione. Fine.»
«Questa cosa non ha senso…» mormorò Flaffy, mentre Rafael trovava il coraggio e attraversava la strada, fermandosi davanti al portone di Sarah: doveva suonare ma lei gli avrebbe aperto? La soluzione migliore, soprattutto per coglierla di sorpresa, era quella di trovare un modo di presentarsi davanti alla porta dell’appartamento della ragazza e…
Rafael sorrise, osservando un uomo uscire dal condominio dell’americana: si fece da parte e lasciò che l’altro uscisse, bloccando la porta e sgusciando velocemente all’interno: «Grazie. Grazie. Grazie. In qualunque modo ti chiami, grazie.»
«Ma cosa…?»
«Flaffy, puoi rimanere nascosto finché non riesco a farmi perdonare – qualsiasi cosa ho fatto – da Sarah?»
Il kwami annuì e sorrise gioioso: «Dacci dentro, re degli uomini.» dichiarò sicuro, prima di nascondersi all’interno della felpa del ragazzo.
Rafael sorrise, osservando poi la rampa di scale che lo separava dalla ragazza: «A noi due, apetta.»

«Sono un’idiota.» borbottò Sarah, infilando il cucchiaio nella vasca di gelato e osservandolo mentre, tristemente, iniziava a pendere leggermente: «Non so neanche cosa gli ho detto…»
«Mh. Qualcosa sul fatto che quella tipa era una di quelle e che non potevi paragonarti a lei.» le rispose Mikko, posando il cucchiaio di miele e avvicinandosi alla sua umana, posandole una zampina sulla mano.
«Sono un’idiota.»
«Beh, non è bello quando una, mezza nuda fra l’altro, apre la porta della casa del tuo fidanzato. No, per niente bello. Quindi non sei un’idiota.»
«Lo sono. Conosco Rafael, so com’è fatto ed io…»
«Beh, ti sei lasciata prendere un po’ la mano.» mormorò la kwami, abbozzando un sorriso: «E non si può dire che il passato di Rafael giochi a suo favore.»
«Non sei di aiuto, Mikko.»
«Scusa.» dichiarò lo spiritello, inspirando profondamente: «Forse dovresti chiamare Lila o Marinette, hanno sicuramente più esperienza di me in queste cose.»
«Tu non eri promessa?»
«Sì. E sono diventata un kwami per sfuggire a quel matrimonio combinato. Sinceramente, non sono la persona – o la kwami – più preparata su questo: Tikki sicuramente ha più esperienza di me, in questioni amorose.»
L’americana sbuffò, prendendosi il viso fra le mani e osservando la kwami: «Perché non può essere come in uno dei drama coreani che guardiamo? Lui che va a casa di lei e…» il suono del campanello la fermò e Sarah si voltò in direzione della porta, tornando poi a guardare Mikko: «Aspetti qualcuno?»
«Sì. Il mio amante segreto. Sarah, seriamente…»
«Non pensi che…»
«Forse è la signora che sta accanto? Quella che ogni tanto ti porta quelle meraviglie di dolci che prepara.»
«Può darsi. Aveva detto che, in questi giorni, avrebbe provato la ricetta di quella torta che aveva visto fare in tv.» mormorò Sarah, alzandosi e guardando il suo abbigliamento: pantaloni del pigiama con tanti simpatici orsacchiotti, una maglietta che aveva visto giorni migliori e, ai piedi, le ciabatte a forma d’ape che Mikko l’aveva costretta a comprare tempo addietro.
Poteva aprire così?
Se era la vicina, sì.
Se era…
«No, non è lui.» si disse, andando alla porta e inspirando profondamente: sicuramente dietro la porta ci sarebbe stata l’amabile signora che viveva di fianco a lei, con un piatto fra le mani e quel sorriso da nonna sul volto.
Sì, avrebbe trovato lei.
Aprì la porta, sbarrando gli occhi nocciola alla vista della figura di Rafael: «Ciao, Sar…» iniziò lui, non riuscendo a finire il saluto dato che lei gli aveva sbattuto violentemente la porta in faccia: «Sarah!»

«Non ci sono!»
«Sarah, mi hai appena aperto.»
«E’ un’illusione di Volpina.»
«Sarah!» sbottò Rafael, dall’altro lato del portone: «Apri la porta.»
La ragazza si guardò attorno, cercando aiuto nella kwami che stava fluttuando a mezz’aria: «Ma cosa…?»
«E’ Rafael!» squittì la ragazza, indicando l’ingresso di casa a Mikko: «Cosa devo fare?»
«Aprirgli?»
«Mikko, gli ho appena sbattuto la porta in faccia.»
«E perché?»
«Beh…»
Un sospiro pesante si levò dall’altro lato della porta: «Ok, Sarah. L’hai voluto tu.» dichiarò minaccioso Rafael e l’americana indietreggiò: «Flaffy, trasformami.»
«Cosa ha in mente di fare da Peacock? Vedere il futuro?»
«Da Peacock può saltare…» mormorò la bionda, voltandosi verso le finestre della casa: «Ed entrare. Sono tutte chiuse?»
«Cosa?»
«Le finestre.»
«Sì?» mormorò la kwami, portandosi poi le zampette al volto: «Quella di camera tua: l’hai aperta quando siamo tornate e…»
Sarah sgranò gli occhi, correndo veloce verso la propria stanza da letto e fermandosi quando vide la figura blu saltare all’interno: troppo tardi. Peacock era in casa sua e, sicuramente, avrebbe voluto chiarire ciò che era successo.
Peccato che lei non era pronta ad affrontare la sua idiozia.
«Non ci provare, Sarah.» la intimò l’eroe, additandola e fissandola serio, mentre lei si fermava: a quanto pareva si era accorto che si stava avvicinando alla porta, decisa a scappare nuovamente.
«Ehm…Ciao.»
«Ciao.»
«Che fai qua?»
«Che faccio qua? Ma sei seria?» sbottò il ragazzo, togliendosi il Miraculous del Pavone e ritornando a essere semplicemente Rafael: «Sei scappata da casa mia oggi e ora mi chiedi che faccio qua? Seriamente?» sbuffò, passandosi le mani nei capelli scuri e guardandola male: «Ti posso assicurare che con Blanche non è successo nulla: è arrivata poco prima di te, ha iniziato a inveire contro il suo ex e poi miss ‘ogni casa è casa mia’ è venuta ad aprire quando hai suonato.»
«Lo so, davvero io…»
«No, non lo sai. Altrimenti non saresti fuggita via e non mi avresti detto quello che mi hai detto.» dichiarò il ragazzo, fissandola arrabbiato: sì, a Flaffy aveva detto che voleva scusarsi ma l’atteggiamento di Sarah l’aveva talmente esasperato che ormai aveva perso il controllo: «Hai una minima idea da quanto io…da quanto…da quanto non faccio quello che il micio fa tutte le sere con il boss? Beh, ti rispondo subito: da quando ti ho conosciuta.»
«Co-cosa?»
«Anche se ci ho provato con il boss – e lei mi ha quasi reso Rafaella – da quel giorno in cui ti ho conosciuto in mensa, sei stata l’unica che ho voluto davvero mettere su un letto e…» Sarah attraversò velocemente la stanza, mettendo entrambe le mani sopra la bocca di Rafael e impedendogli di continuare quel discorso che, sicuramente, l’avrebbe messa mortalmente in imbarazzo; l’osservò mentre riprendeva un po’ del controllo che aveva perso e, solo allora, lei tolse le mani: «Sei l’unica, Sarah. E aspetterò, davvero. Non voglio metterti fretta o altro, attenderò ma, ti prego, non pensare più che io…»
«Fallo.»
«Cosa?»
La bionda sorrise, spingendolo indietro e Rafael si sentì cadere, trovandosi a sobbalzare sul materasso del letto di Sarah: rimase basito, mentre la ragazza saliva a cavalcioni sopra di lui e, con il volto in fiamme, si chinava in avanti, sfiorandogli le labbra con le proprie mentre le mani, timidamente, si facevano strada sotto la felpa del ragazzo: «Non pensi che abbiamo aspettato abbastanza?»

Miraculous Heroes 2 {Completata}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora