Salgo sul primo autobus diretto verso le mie parti.
Sono le sei del pomeriggio, sta calando il sole e New York inizia ad illuminarsi come sul set dei più bei film che abbia mai visto.
Come ho fatto ad odiare questa città?La giornata che ho appena passato e l'incontro con quella ragazza hanno dato una svolta alla mia vita, anche perchè tra pochi giorni dovrei scegliere una nuova scuola in cui frequentare il mio ultimo anno.
Nonostante mio padre non mi dimostri nulla, inizia a mancarmi. Sarà forse il briciolo di felicità che ho in questo momento a dare vita a questi pensieri? Probabilmente, non so stare senza di lui, ma questo non gliel'ho mai detto. Nonostante mi tratti come uno straccio sgualcito, é stato l'unico a prendersi cura di me.
Poggio la testa sul finestrino, guardo fuori. Indosso una felpa grigia di mio padre. Le maniche sono troppo lunghe e mi coprono entrambe le mani, anche il cappuccio arriva fin sopra ai miei occhi e i miei capelli lisci e neri coprono gran parte del mio viso mettendo in risalto la mia carnagione chiara. Mi rannicchio portando le ginocchia al petto e poggio i piedi sul sedile davanti al mio.
È la mia posizione preferita.Alle orecchie ho le mie cuffiette rosse appena comprate e mi lascio trasportare dal peso dei miei pensieri in questo lungo viaggio.
<<Ehi signorina! Sveglia! >>.
Apro gli occhi di colpo e mi trovo davanti ad un uomo panciuto, sulla cinquantina, con dei baffi foltissimi.
Mi strattona per farmi tornare alla realtà.<< Siamo arrivati al capolinea>> ripete a voce alta.
Mi guardo intorno e scopro che il pullman è vuoto, sono rimasta solo io e per di più ho superato già la fermata di casa mia.
Lui continua a guardarmi aspettando che io mi alzi dal sedile.<< Si, mi scusi >> dico, mentre mi alzo in fretta e balzo fuori dal pullman cercando di capire dove mi trovo.
Dopo aver camminato per circa un'ora, finalmente intravedo da lontano il viale alberato che passa sotto la finestra della mia camera.
<< Sono salva >> dico a voce alta , esausta.Apro la porta di ingresso principale del nostro palazzo e la spingo con forza per entrare.
Inizio così a salire le infinite scale per raggiungere finalmente il mio attico.Mio padre è steso sul divano che si trova difronte all'ingresso. Dorme. Dinanzi al nostro divano, la tv, trasmette una partita di golf, illuminando la nostra piccola casa.
La coperta lo copre fin sotto l'ombelico, ha un braccio poggiato in fronte e il destro che penzola fuori dal divano.
In fondo alla mano, per terra, vuota e ribaltata c'é una bottiglia di vodka.<< Papà!>> urlo mentre lo strattono per svegliarlo.
Lui apre leggermente gli occhi e li richiude un attimo dopo.
<< Dove diavolo sei stata?>> mi dice con un soffio di voce.
Io non bado alla sua domanda, non si ricorderebbe nemmeno della risposta.
<< Ora ti porto a letto>> rispondo.
Cerco di alzarlo dal divano. Nonostante sia magrissimo, per il mio esile corpo resta comunque pesante quanto un sacco di patate.Mi dispiace si sia ridotto così, ma in questo momento amo pensare che si sia scolato quella bottiglia perchè sentiva la mia mancanza.
Mi metto finalmente sul mio letto, il riflesso della luna penetra dalla finestra e illumina la mia stanza.
Accendo le candele, profumano di cannella.Tra le mani ho ancora il volantino che mi ha lasciato oggi quella ragazza, lì ripongo tutta la mia felicità.
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Sunshine
ChickLitNon è facile per una ragazza di 18 anni, introversa come Charlotte ambientarsi in una nuova città, specialmente se si tratta della Grande Mela. Non sempre un nuovo trasferimento rappresenta qualcosa di bello nella nostra vita, perdere tutti i con...