Capitolo 7

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La vita mi ha messo spesso difronte a dei muri enormi da abbattere e questo è uno di quelli.
Anche stavolta devo rimboccarmi le maniche e trovare una via d'uscita che mi permetta di continuare a vivere, o meglio, a sopravvivere.

Non si sceglie la famiglia di cui far parte, io non sono stata molto fortunata, ma si può decidere cosa fare del proprio futuro.
Decido così di scegliere una strada diversa, rispetto a quella che sognavo di prendere.

<< Sto uscendo, vado a consegnare qualche copia dei miei libri a qualche editore >> urla mio padre dall'altra stanza. La sua voce rimbomba in tutta casa.
<< Prendi le chiavi >> replico << sto uscendo anche io >>.
Adoro avere casa tutta per me.
Inizio a prepararmi per andare alla ricerca di una scuola in cui frequentare il mio ultimo anno.

Vado in bagno e lo specchio, appannato, sporco e dagli spigoli smussati riflette il mio viso pallido e spento.
Cerco di pulirlo alla svelta con una mano, creando un cerchio perfetto per mettere in evidenza il mio viso.

<< Cazzo quanto sono bianca >> dico, portandomi una mano sulla guancia, pressandola, mettendo in evidenza ancor di più i miei occhi rossi.
Ogni volta che piango diventano rossi come il fuoco.
<< Diamoci una truccata >> dico a voce alta.
Cerco di coprire per bene le occhiaie, che sono ancor più marcate del solito. I capelli, che si sono asciugati al vento sono mossi e odio quando assumono questa piega.
Cerco di aggiustarli, muovendoli velocemente con entrambe le mani, che avvertono il calore del cuoio capelluto.
Alcuni di essi finiscono sul pavimento freddo e con un piede cerco di nasconderli sotto al tappeto beige che ormai non cambiamo da mesi.
Poi vado in camera.
<< E ora che mi metto?!>>.
Ogni volta è sempre la stessa storia, spero sempre di aprire l'armadio e trovarci qualcosa di nuovo.
Blacky, sdraiato sul letto, mi osserva ogni volta con la stessa espressione.
Non so quale possa essere l'outfit giusto per queste occasioni.
Decido di indossare una camicia bianca e un paio di jeans neri che ho nell'armadio da un paio di anni.
Mi guardo ripetutamente allo specchio assumendo le posizioni più strane e ormai stufa decido di uscire così. Prendo la mia borsa preferita e vado verso l'uscita.

Vicino alla porta di ingresso c'è uno specchio che riflette tutta la mia figura. Mi guardo per un'ultima volta e mi sento forte, determinata nel poter affrontare qualsiasi cosa.

Scendo le settantadue scale del mio palazzo in fretta e furia. Non abbiamo l'ascensore. Oggi decido di girare New York a piedi.
Il clima autunnale inizia a prendere il sopravvento qui in questa grande città e nonostante ci sia il sole, il vento mi sposta in continuazione i capelli davanti al viso e la mia pelle diventa tutta ruvida per il freddo.
Percorro il solito viale alberato ormai ricoperto dalle numerose foglie che rendono la strada come un bellissimo tappeto. Arrivo nella zona centrale.

Nella mia zona ci sono all'incirca quattro scuole, ma non ho voglia di trovare quella perfetta perché per me nessuna di esse lo é. Scelgo così la prima che mi capita davanti, la Millennium High School.

Si tratta di un edificio maestoso e molto alto, che cresce tra gli alti palazzi della grande mela. Prendo coraggio e decido di entrare.
Questa, a differenza dell'altra scuola, accoglie sia i ragazzi che le ragazze.
Io con i maschi non ho mai avuto un gran rapporto, a partire da mio padre.

Appena sono al suo interno, mi sento subito spaesata. Inizio a guardarmi intorno, la scuola è vuota e un lungo corridoio, ai cui lati ci sono un milione di armadietti, mi separa dall'unica porta che noto infondo a questo lungo tunnel.
<< Ma chi me lo ha fatto fare!>> dico a bassa voce, maledicendomi.
Ogni mio passo crea un forte rimbombo.

Sono davanti a questa porta di ferro. In alto c'è una piccola finestrina ma non sono abbastanza alta da guardare aldilá di essa nonostante io sia sulle punta dei piedi.
Mi guardo intorno, prima di bussare, cercando un miracolo.
Tutto tace.
Faccio un lungo respiro e decido di bussare.
<< Avanti >> risponde qualcuno oltre la porta, una voce cupa e decisa.
Apro lentamente la porta << Posso?>> dico a bassa voce.
<< Prego signorina, si accomodi pure!>> replica l'uomo che siede alla cattedra mentre mi allunga la mano destra per presentarsi.
Mi guardo intorno e so di per certo di trovarmi nella stanza del preside.
Lui è un uomo sulla sessantina dal viso molto simpatico, é vestito in modo elegante e il suo stile si addice molto bene alla stanza dalle pareti in legno in cui si trova.
Alle pareti sono appese numerose foto e numerosi trofei di football e gare vinte dalle cheerleader.

<< Mi dica >> continua lui.
<< Ehm... vorrei sapere se sono ancora in tempo per iscrivermi. >> dico io balbettando.
Termino da poco la frase che giá ha nelle sue mani dei moduli di iscrizione e dice << Assolutamente si, compila questi fogli e sei da subito una nuova alunna >>.

Prendo in mano una penna nera e le mani tremano così tanto che faccio fatica a scrivere.
<< Ecco fatto >> dico, porgendogli i moduli compilati e tirando un sospiro di sollievo.
<< Perfetto >> continua lui, battendo i fogli sulla scrivania di mogano, per rimetterli in ordine e li ripone in una cartella gialla.
<< Che ne dici di fare un giro della scuola?>> mi propone lui e io faccio un cenno con la testa accettando.

La scuola è davvero grande, ben sei piani.
<< Ci sono più di diecimila studenti qui dentro, quindi non sentirti sola >> dice lui.
<< Ah, bene >> rispondo, mentre in realtà sono preoccupata per questa sua affermazione.
Il giro dura all'incirca due ore.
Prima di uscire passo nuovamente nel suo ufficio.
<< Queste sono le chiavi del tuo armadietto >> dice lui, poggiandole sulla scrivania.
<< Grazie >> rispondo io.
<< Ci vediamo tra una settimana quindi >> replica.
<< Certamente, buona giornata >> rispondo e mi dirigo verso la porta d'uscita.
Fuori è già sera, il vento tira ancora e io dovrò tornare a piedi fino a casa.
Le macchine sfrecciano velocissime affianco a me e ogni volta il vento che le segue é ancora più forte di quello che già soffia.
Sono già le nove di sera e dopo un'ora di cammino sono sotto casa.
<< Finalmente, sono stanca morta >> dico.
Inizio a cercare meticolosamente le chiavi all'interno della mia borsa.
<< Ma dove cazzo sono?>> dico a voce alta. Mi sto agitando.
Alzo lo sguardo, sperando che mio padre sia in casa ma tutte le luci sono spente.
Mi butto così sul gradino della porta di casa.

Davanti al mio palazzo, il Beagle, il famoso pub é affollato. Probabilmente ubriachi.
<< Chissà quando torna quello zoticone>> dico riferendomi a mio padre, poggiando la testa sulla mano e assumendo un'aria tristissima. Chiudo gli occhi.

<< Ehi bellezza>> mi sento strattonare violentemente. Apro gli occhi e ho davanti un ragazzo biondo e alto che cerca in tutti i modi di disturbarmi.
<< Ma che vuoi?>> rispondo scocciata.
<< Sei sola?>> dice, muovendo violentemente il bicchiere di birra mezzo pieno che ha in mano.
<< Sto aspettando mio padre, levati di mezzo>> continuo io.
<< Che ne dici di andare a farci una birra insieme?!>> risponde con fatica, indicando con la mano libera il pub che si trova aldilà della strada.
<< No grazie e tu dovresti smetterla di bere che sei già troppo ubriaco>> rispondo.

<< Mike!>> grida una voce maschile dall'altra parte della strada.
È un ragazzo ma non riesco a vederlo bene da lontano.
Poi correndo, attraversa la strada e si dirige verso di noi.
Da ciò che indossa noto subito che è un giocatore di football e probabilmente sono qui questa sera per festeggiare.

<< Ti stava importunando? >> dice, prendendo il suo amico sottobraccio, mentre lo allontana da me.
Io sono impietrita.
<< No no >> rispondo balbettando.
<< Purtroppo ogni volta che beve e vede una ragazza fa così, per favore perdonalo >> replica lui, sorridendo.
<< Tranquillo, non mi stava disturbando >> rispondo.
Ha i capelli neri come i miei, o forse ancor più scuri. Non riesco però a notare il colore dei suoi occhi, è troppo buio. Ha un pò di barba che mette in risalto le sue mascelle squadrate.

<< Allora ciao, ci vediamo in giro! >> dice, sorridendo ancora una volta.
Io non sono in grado di rispondergli e mi limito a salutarli con la mano.
Si allontana piano piano, portando con sè il suo amico ubriaco.

Da lontano vedo mio padre.
<< Ma tu che ci fai qui sotto?!>> dice lui.
Io resto dieci secondi in silenzio a fissare ancora il pub dove sono entrati quei due.
<< Nu-nulla, ero andata a fare un giro!>>.
<< A quest'ora? Dai sali. >> risponde, aprendo la porta e spingendola per entrare.

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