Chapter 20

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«Bea pronta per oggi?» chiesi io a mia sorella, che si stava mettendo le scarpe.

«Io sono nata pronta Cate.» mi rispose convinta, mentre io ridacchiai.

«Io sono entusiasta e nervosa, forse anche più di Marco.» ripresi io, giocando con il mio anello. Ero solita a farlo in momenti in cui non ero tranquilla, l'anello che torturavo era quello al mio anulare destro, me lo avevano regalato i miei genitori per il mio dodicesimo compleanno e non l'avevo più tolto da allora. Lo consideravo il mio portafortuna.

«Marco andrà benissimo, lo sai meglio di me che è nato per fare questo, ha un talento innaturale.» mi disse Bea, mettendomi una mano sulla spalla ed io annuii. Ma quel giorno avvertii un brutto presentimento, ed io di solito non sbagliavo quasi mai, ma questo non lo dissi a nessuno.

Poco dopo Alessandro ci passò a prendere per portarci al circuito, dove tutti ci stavano aspettando. Non mancava nessuno: i nostri cugini, i nostri genitori, i nostri zii, tutti lì per vedere supportare Marco. Lui stava seduto con le cuffiette sulla sua sedia e gli occhi chiusi per concentrarsi. Mi sedetti al suo fianco, in silenzio, lui si accorse di me perché gli presi delicatamente la mano e intrecciai le nostre dita. Aprì gli occhi, si girò verso di me con un sorriso ed io gli risposi nello stesso modo. Si tolse le cuffie e mi abbracciò.

«Sei venuta.» sussurrò Marco tra i miei capelli.

«Come potevo mancare, sai che ci sarò sempre.» gli risposi io.

«Lo so e poi sei il mio portafortuna.» sorrise.

Poi venne chiamato da sua madre ed io rimasi lì incantata, a guardare il box pieno di persone. Una voce proveniente dagli altoparlanti annunciò che la partenza sarebbe stata ritardata a causa della pioggia estiva insistente ed i piloti erano attesi in direzione gara per decidere se affrontare lo stesso la corsa. Il mio presentimento si faceva ogni singolo momento più grande, lo stomaco ormai era diventato un grande nodo e mi torturavo continuamente l'anello, ma cercai di tranquillizzarmi e pensai che fosse solo paura dovuta alle condizioni inadatte. La voce di Marco mi distolse dai miei pensieri: «Cate, mi hanno permesso di portare di sopra una persona a mia scelta, vuoi venire con me?»

«Non posso, io-io non sono in grado di consigliarti nel migliore dei modi, prendi Stefano, il tuo meccanico.» scossi la testa.

«Ho bisogno di te, sei l'unica che possa dirmi la verità senza pensare ai punti del campionato e che riesca a capire davvero cosa voglio io.» disse lui ed io gli risposi annuendo. Intrecciò le sue dita con le mie e ci avviammo verso la riunione straordinaria, salimmo due piani di scale ed arrivammo nella stanza. Molti dei piloti erano già presenti con i vari accompagnatori, chi aveva portato la ragazza, chi il meccanico, chi la madre, chi il padre; la tensione nell'aria era talmente palpabile che si sarebbe potuta tagliare con un coltello. Io e Marco ci sedemmo in terza fila, a fianco al suo compagno di squadra, poi lui si voltò verso di me e accentuò per un momento la stretta come per dirmi di stare tranquilla.

'Perfetto è lui che mi dice di strare calma mentre dovrebbe essere il contrario, sii forte e fagli capire che per lui ci sei, smettila di fare la cagasotto', pensai.

Aumentai la stretta delle nostre mani per richiamare la sua attenzione, poi mi sporsi per sussurrargli all'orecchio: «Non importa cosa diranno, importa solo quello che tu vuoi veramente fare, l'unica cosa che posso dirti è di scegliere con la testa, analizza attentamente tutte le variabili perché qui non si gioca più, c'è in ballo la tua vita.»

Lui si voltò verso di me ed incastrò quegli occhi color smeraldo nei miei e mi sorrise, poi sussurrò: «Grazie, davvero.» si sporse verso di me e le sue labbra si scontrarono delicatamente con la mia fronte. «La mia piccola Cate.» sussurrò ancora.

Guitar // Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora