Capitolo 11

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"stronzetta non saluti il tuo fratellino smarrito?" guardo Adam ed ha molti piccoli tagli sul viso e un tutore che gli tiene ferma la spalla ma a differenza di Jace non ha fasce sull'addome. Non ci penso due volte e corro tra le sue braccia come una bambina.

"mmm..." fa una smorfia di dolore ma io non ho intenzione di staccarmi allento solo un la presa per non fargli male.

"Mmmm quindi la piccola Amy ha un piccolo Jace nella pancia" mi sussurra all'orecchio senza farsi sentire da Jace per poi baciarmi la fronte.

I miei occhi sono pieni di gioia perché finalmente erano tornati a casa.

Passai la notte sula poltrona dell'ospedale di fianco a Jace, fino a quando non fui svegliata dall'infermiera che mi disse che c'erano delle persone ce volevano parlare con me.

Diedi un bacio sulla fronte a Jace e uscì dalla camera. Nel corridoio ad aspettarmi c'era un uomo sulla cinquantina molto alto con una signora molto elegante più o meno della stessa età.

"Salve mi cercavate?" i signori mi guardarono attentamente.

"tu devi essere la ragazza di Jace. Noi siamo i suoi genitori adottivi. Lei Margaret, mia moglie, io sono Robert. Dovevate venire a cena da noi più di un mese e mezzo fa ma non vi abbiamo visto così ci siamo preoccupati"

"O mio dio Jace non mi aveva detto niente. Piacere sono Amanda" strinsi la mano ad entrambi sorridendo.

"Il dottore ha detto che rischia la paralisi. È vero? Secondo te è in buone mani o dobbiamo chiamare uno specialista?" guardai la donna con fusa, il suo volto era velato dalle lacrime e le mani erano tremanti.

"No signora a me Jace ha detto che sta bene e che si sta riprendendo. Non è possibile..." ero confusa non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. La vista cominciava ad appannarsi.

"Tesoro ti senti bene?" mi chiese dolcemente la signora ma io scossi vigorosamente la testa. Mi sentivo svenire. Il padre di Jace mi aiutò a sedermi e prendere aria.

"O mio dio lui non mi ha detto niente, io non so come faremo sono da sola con mia sorella di tre anni e mio fratello che è anche lui in ospedale. Come faccio ad aiutarlo?!" cominciai a gridare e singhiozzare in preda al panico.

"Ehi tesoro stai tranquilla da ora ci saremo anche noi a aiutarvi. Non sarai sola siamo i suoi genitori non vi abbandoneremo chiaro?" annuì e li ringrazia silenziosamente. Entrammo nella stanza di Jace e lo trovammo che semi seduto sotto una marea di cuscini a fare colazione. Appena vide i suoi genitore gli comparve un bellissimo sorriso sul volto che si spense appena vide la mia espressione.

"Te lo avrei detto"

"Quando? tra quattro mesi o aspettavi che lo dicesse un infermiera per sbaglio?" ero delusa del fatto che mi avesse mentito sulle sue reali condizioni di salute.

"Amy non esagerare..." il tono con cui lo disse mi fece ghiacciare la pelle. Non aveva il diritto di arrabbiarsi.

"Non esagerare?! Non sai cosa ho passato questi mesi!"

"A davvero?! Non dire stronzate! Non sei tu quella che è rimasta in un altro paese senza sensi per più di due settimane, non sei tu quella che si è beccata una scheggia nella schiena e che rischia di non poter più camminare, non sei tu quella che a un tubo nel suo..." "JACE!!" sua madre lo interruppe prima potesse finire ma ormai aveva già detto tutto quello che doveva dirmi. Non mi aveva mai urlato addosso così, con questo sguardo pieno di rabbia e di odio. Il mio viso era in lacrime ma mi ricomposi subito e mi girai verso i genitori di Jace.

"Io credo che sia ora che io me ne vada. Devo passare a prendere mia sorella e poi penso che voi abbiate bisogno di passere un po' di tempo insieme. È stato un piacere conoscervi e mi dispiace per questa scena ridicola." Mi sorrisero dolcemente e dispiaciuti per la reazione del figlio. Raccolsi le mie cose con le lacrime che mi solcavano il viso.

"Amy...io...mi dispiace..."

"Senti Jace non ne voglio parlare, ai messo in chiaro le cose. Tu sei quello che soffre, ho capito. Ma sappi che ad aspettare il tuo ritorno a casa c'ero io, ho passato questi mesi sperando che fossi vivo e non puoi neanche immaginare che cosa voglia dire sperare che dei militari non ti vengano a suore alla tua porta per dirti la solita frase fatta per poi consegnarti solo una bandiera Americana. Ho operato anch'io sul campo quindi sai che rispetto e comprendo il tuo lavoro ma se tu non sei sincero con me e al primo problema mi urli a dosso come facciamo a far funzionare le cose?"

"Amy non c'è niente da far funzionare! Non posso più camminare e tu pensi che il mio problema sia la mancata sincerità nella nostra relazione?! La nostra relazione è l'ultimo dei miei problemi! Tu sei l'ultimo dei miei problemi e solo un peso in questo momento".

Le sue parole mi provocarono un dolore che non provavo da anni. Ero stufa di quella situazione. Io non so niente della sua vita prima che lo conoscessi, mentre lui sa tutto della mia vita perché io di lui mi fido. Lui è il mio futuro ma forse io non sono il suo. Se già solo io per lui sono un peso, non voglio pensare cosa possa essere per la creatura che mi porto in grembo. Forse noi non siamo il suo futuro. Senza rendermene conto sono già per strada fuori dell'ospedale. Decido di prendere un taxi e appena arrivo da Elly lei corre subito ad abbracciarmi. Lei è l'unica mia vera felicità...

  

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